6 Luglio 2020
Simone Piazzola baritono
Beatrice Rana pianoforte
Mischa Maisky violoncello
PROGRAMMA
Maurice Ravel
La Valse
Jonannes Brahms Sonata n. 1 in mi min. op. 38
per violoncello e pianoforte
Johann Sebastian Bach Suite n. 1 in sol magg. BWV 1007
Guiseppe Verdi
Da Don Carlo
O Carlo, ascolta
Umberto Giordano Da Andrea Chenier
Nemico della patria
Giuseppe Verdi
Da Rigoletto
Cortigiani vil razza dannata
Il concerto è in vendita esclusivamente online su http://www.teatroallascala.org e su http://www.ticketone.it
Il concerto sarà trasmesso in diretta streaming sui canali Facebook e YouTube del Teatro alla Scala e sul sito Corriere.it
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8 Luglio 2020
Federica Lombardi soprano
Francesco Meli tenore
Giulio Zappa pianoforte
Patricia Kopatchinskaja violino
Joonas Ahonen pianoforte
PROGRAMMA
Giuseppe Verdi
Da Un ballo in maschera
Forse la soglia attinse… Ma se m’è forza perderti
Da Il corsaro
Egli non riede ancora… Non so le tetre immagini
Da Luisa Miller
Oh! Fede negar potessi… Quando le sere al placido
Wolfgang Amadeus Mozart Da Don Giovanni
Crudele! Ah no, mio bene… Non mi dir bell’idol mio
Ludwig van Beethoven Sonata n. 9 in la magg. op. 47 “a Kreutzer”
per violino e pianoforte
Umberto Giordano Da Fedora
Amor ti vieta
Ruggero Leoncavallo Da Pagliacci
Qual fiamma avea nel guardo… Stridono lassù
Giuseppe Verdi Da Otello
Già nella notte densa
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15 Luglio 2020
Strumentisti della Filarmonica in concerto
PROGRAMMA
IL TRIO
Claude Debussy dalla Sonata per flauto, viola e arpa
Pastorale, Lento dolce e rubato – Finale, Allegro moderato ma risoluto
Flauto, Marco Zoni Viola, Giuseppe Russo Rossi Arpa, Luisa Prandina
ENSEMBLE MOZART
Wolfgang Amadeus Mozart Quartetto in fa magg. K 370
per oboe, violino, viola e violoncello
Allegro – Adagio – Rondò, Allegro
Oboe, Fabien Thouand Violino, Andrea Pecolo
Viola, Joel Imperial Violoncello, Gianluca Muzzolon
I FIATI
Charles Gounod
dalla Petite Symphonie per nonetto di fiati
Andante cantabile – Adagio, Allegretto
Flauto, Francesco Guggiola Oboi, Gianni Viero, Renato Duca
Clarinetti, Stefano Cardo, Lorenzo Paini
Corni, Roberto Miele, Stefano Curci
Fagotti, Valentino Zucchiatti, Nicola Meneghetti
GLI ARCHI
Antonio Vivaldi da Le quattro stagioni
per violino, archi e basso continuo
Concerto in fa min. op. 8 n. 4 RV 297 “L’Inverno”
Allegro non molto – Largo – Allegro
Concerto in sol min. op. 8 n. 2 RV 315 “L’Estate”
Allegro non molto, Allegro – Adagio – Presto
Violino solista, Laura Marzadori
Violini, Suela Piciri, Enkeleida Sheshaj, Fulvio Liviabella, Lucia Zanoni
Anna Longiave, Emanuela Abriani, Leila Negro, Damiano Cottalasso, Gabriele Porfidio
Viole, Emanuele Rossi, Eugenio Silvestri, Marco Giubileo
Violoncelli, Alfredo Persichilli, Sandro Laffranchini, Martina Lopez
Contrabbassi, Giuseppe Ettorre, Roberto Benatti
GLI OTTONI
Giuseppe Verdi Da Nabucco Sinfonia
Nino Rota
Un tributo a Nino Rota
Direttore, Brian Earl
Corno, Roberto Miele Trombe, Francesco Tamiati, Gianni Dallaturca,
Nicola Martelli, Mauro Edantippe
Tromboni, Daniele Morandini, Renato Filisetti, Giuseppe Grandi, Riccardo Bernasconi
Tuba, Matteo Magli Timpani, Andrea Bindi Percussioni, Gianni Arfacchia
Ma il sovrintendente che prova pena per aver chiuso il teatro in occasione di un Don Carlo che quest’anno non c’è mai stato né era previsto lo mandiamo subito a casa, vero?
Guarda, io non c’era ieri sera perché non intendo più mettere piede in Scala fino a che comanda questi cialtroni; ma un amico presente mi ha detto che il saluto iniziale di Meyer è stato imbarazzante oltre ogni livello.
Comunque sì, per favore, mandiamolo subito a casa insieme al direttore musicale.
Capisco che queste scelte siano state fatte in altri tempi, ma in questo momento il teatro – ed estenderei la riflessione alla città tutta (stendo un velo pietoso sul discorso di Sala che si augura il ritorno di Milano com’era “tra qualche anno”) – ha bisogno di persone con idee, coraggio e un grande, grande affetto per la Scala.
Concerto ottimamente riuscito. Nella sua nuova impaginazione dettata dall’improvvisa assenza per malattia di Salsi anche più stimolante di quello annunciato.
Beatrice Rana in apertura con “La Valse” di Ravel in una delle più magistrali esecuzioni mai ascoltate dove l’apollineo pianismo dell’artista si quintessenziava in un florilegio cubista iridescente. Che la Rana sia una magistrale interprete di Ravel è evidente anche nel suo ultimo cd con i “Miroirs” dalla timbrica più ricercata che mi sia mai stata data da ascoltare nell’autore francese.
Aprire il “post-CoVid” alla Scala con “La Valse”, che a tutti gli effetti è un valzer/catastrofe è stata, inoltre, un’idea di impatto.
A seguire la Prima Sonata per violoncello e pianoforte con Maisky ha prodotto un connubio stimolante perché le due personalità artistiche, diverse e complementari, hanno dato origine ad una lettura “per contrasti”. Le sonorità terragne, scure, scabre, vischiose come pece nera del violoncellista venivano riprese nel dialogo col pianoforte e ricondotte ad un dialogo limpido e specchiato. Se si riesce ad immaginare un dialogo tra Efesto ed Apollo, ebbene, qui lo è stato.
La Prima Suite per violoncello solo, il monumento della serata, è stata portata da Maisky in una dimensione molto terrena: una vera suite di danza barocca. Danza terrena, rituale, anche sacrale: un mondo opposto a quello di Fournier.
Il ritorno del canto nella sala del PierMarini è stato affidato al bellissimo timbro di Piazzola che, in splendida forma, ha eseguito le tre arie del programma a cui ha aggiunto, come bis, il “Di Provenza”.
Caldissimo successo con ulteriori richieste di “bis” da parte della sala alle quali è stata data risposta da Rana e Maisky con un omaggio a Ennio Morricone con il famoso “Tema” da “Nuovo Cinema Paradiso”, eseguito con semplicità e scevro da sentimentalismo.
In apertura abbiamo fatto la conoscenza del sovrintendente scaligero Dominique Meyer che si è detto felice di aver riaperto dopo essere stato costretto a febbraio ad annunciare la sospensione dello spettacolo di “Don Carlo” (pensiamo volesse dire “Turco in Italia“), mentre il sindaco Giuseppe Sala ha auspicato per Milano un ritorno all’epoca pre-CoVid “nel giro di qualche anno”.
Insomma, meglio la musica delle parole, come sempre.
Saluti
-MV
Certo, del resto “don carlo” e “il turco in italia”hanno una forte assonanza, e’sicuramente stata una scivolata linguistica. Siiiicuraaaamente.
Un nuovo giorno sta terminando senza le dimissioni di Chailly e Meyer. Giornata quindi persa per il recupero della dignità della Scala.
Non sono interessato a questo tipo di concerti raccogliticci che mascherano il vuoto cosmico. Non darò soldi a queste iniziative. Altri teatri si stanno comportando diversamente e meritano contributo affetto e attenzione. La Scala, al momento, no.
Una prece per la dichiarazione del Sindaco.
marco vizzardelli
L’impresa compier deve il delitto poiché col sangue s’inaugurò!
Schiudi inferno la bocca e distruggi-li!
marco vizzardelli
negli ambienti scaligeri si vocifera dell’aggiunta di un quinto concerto oltre i quattro già previsti. meyer sarebbe riuscito ad aggiudicarsi due protagonisti assoluti del canto contemporaneo. io ci spero.
Di tutti i commenti fino a qui apparsi, che sono piuttosto noiosi nella lagna e ripetitività, tali da sembrare gli annunci delle chiusure-porte in metropolitana (a ogni fermata sempre gli stessi), la cosa più pertinente l’ha scritta il mio più antico antagonista Proet. Ovvero che “il mercato” per questa musica semplicemente, senza turismo, non c’è. Non esiste. La Scala alla riapertura non è arrivata nemmeno a seicento posti per biglietti che non costavano più di cinquanta euro. Ed era piena di invitati e addetti stampa delle testate. A Roma, per l’invidiato “Rigoletto”, le vendite, a parte la prima sera dove vi sono gli omaggi al personale sanitario, sono irrisorie.
Quindi mi sembra inutile parlare di “soldi” per dei concerti ai quali si entra, se si vuole, con un biglietto di poco superiore a quello di un film.
Mi sembra poi altrettanto inutile parlare di Meyer che si è insediato in pieno stato di emergenza e, quindi, non ha potuto fino ad ora “toccare palla”.
Ricordo che, ad oggi, la Lombardia (non il Lazio o il Veneto) è stato il territorio più colpito al mondo dalla pandemia ed è per me evidente che vi sia una tendenza, a tutti i livelli, ad una maggiore prudenza.
Saluti
-MV
Quindi, nel panorama milanese, sono imprudenti La Verdi che fa tutto Beethoven e I Pomeriggi che hanno ripreso i concerti, offrendo un verso servizio musicale ai milanesi ed eventuali turisti, giusto?
Solo l’orchestra della Scala e il suo direttore musicale possono astenersi dal lavoro, giusto?
Perché prendono l’80% di cassa integrazione facendo un cazzo, giusto?
E nel frattempo smarchettano di qua e di là sotto il nome Filarmonica o Quartetto o Virtuosi o vattelappesca, giusto?
E noi, come cittadini e contribuenti, dovremmo non lagnarci, giusto?
E un sovrintendente e un sindaco che accettano questo vanno osannati, giusto?
E io sono Napoleone Bonaparte, giusto?
gentile massimiliano, il tuo è sinora il post più fuori luogo dell’intero anno solare 2020. e mi fermo qui per non aggravare i toni.
come si fa a non comprendere che ci stanno turlupinando? ma non capisci che dicono palle dalla mattina alla sera? ma lo sai che mentre annunciano alla stampa concerti ed eventi a settembre, nel frattempo, alle nostre spalle, chiedono allo stato il prolungamento della cassa integrazione fino almeno a tutto settembre? ma chi credono di essere questi, i privilegiati mentre tutti tirano la cinghia? aspetta solo che chailly si ripresenti sul podio, e vedrai che reazione si becca, roba da scappare in camerino!!!
vergogna vergogna vergogna!
A me sembra più fuori luogo in un blog, nato per commentare esecuzioni scaligere, continuare ad iterare sempre in forma anonima e/o mascherata lo stesso (chiamiamolo così) “pensiero”. Lo abbiamo capito. Se vi sentite turlupinati mandate una “pec” alla sovrintendenza o al CdA.
Se viceversa c’è da commentare le esecuzioni vi leggiamo con piacere.
Saluti
-MV
“La Scala “per elaborare la richiesta di un voucher per un biglietto annullato a causa del CoVid può impiegare anche oltre 60 giorni (!)”.
Come potete aspettarvi che qualcuno esca da quelle mura? A me ricorda Casa Usher”.
Massimiliano Vono, 27 maggio 2020
“Requiem”, “Aida”, “Bohème”, “Traviata”. Per escogitare questo programma basta una delle mie due nipoti di otto ann”i.
Saluti
-MV
Massimiliano Vono 29 maggio 2020
Domanda: Perché frequenti il Teatro alla Scala?
Risposte:
A) perché c’è un’atmosfera unica al mondo;
B) perché ci sono gli spettacoli migliori del mondo;
C) perché l’orchestra è la migliore del mondo;
D) perché il pubblico è fantastico e competente;
E) perché è un rito irrinunciabile.
E via così , tutto su questo tono.
Io frequento La Scala perché è l’unico teatro lirico della città . È come chiedere perché vado dall’unico macellaio del paese. Perché se voglio la carne devo per forza andare lì.
Unica ragione.
Tutto autoreferenziale, proposto con degnazione e spocchia insopportabili.
Saluti
-MV
Massimiliano Vono, 19 giugno 2020
Vorrei ricordare al Teatro Alla Scala che siamo al 15/6 e sarebbe carino conoscere, se prevista , la prossima stagione.
Vorrei anche ricordare, se non oso troppo, se è prevista nell’immenso organigramma scaligero una figura che di tanto in tanto dica qualcosa al pubblico del teatro. Anche qualcosa di puerile, stile “Buongiorno, non preoccupatevi, stiamo lavorando per una serie di appuntamenti”, oppure “Buongiorno stiamo valutando l’idea di sospendere tutta la stagione in corso fino alla riapertura del 7/12”. Insomma qualsiasi cosa che possa testimoniare che dentro quelle mura belle spesse e belle chiuse ci sia qualcuno di vivo perché , l’ho già scritto, non vorremmo un giorno che qualcuno aprendo i portoni si trovasse di fronte a “Casa Usher”.
Oggi sul “Corriere della Sera” il sindaco Sala ha affermato “Forse la Scala farà un evento all’aperto prima del 7/12”.
Mi chiedo: il portavoce del Teatro è quindi il sindaco Sala?
Saluti
MV
Massimiliano Vono, 16 giugno 2020
Ragazzi, io però sono d’accordo con Massimiliano Vono, qualcuno deve pure scrivere dei commenti riguardanti i programmi eseguiti, meno male che ci ha pensato lui. Poi va benissimo esprimere critiche al teatro, sono stata la prima a invitare a farlo dopo tutto, ma è anche bene ricordare che lo scopo primario del blog resta quello dei commenti alle esecuzioni che hanno luogo alla Scala, quindi quando ne compare almeno uno, dobbiamo esserne grati. Buona estate a tutti. Attilia
Non era il caso che Vizzardelli, in sprezzo a qualsiasi forma di netiquette riquotasse ulteriormente cose da me scritte in passato. Se volevo ripetermi lo avrei fatto in prima persona, ma dato che, per l’appunto le ho già scritte tempo fa, non vedo alcuna forma di educazione e intelligenza riscrivere le stesse cose ogni giorno come fa lui.
Ripeto che è solo noia e lagna ciò che continuamente e ripetutamente scrive.
Grazie ad Attilia per il conforto. 🙂
Saluti
-MV
Per esprimere dei commenti riguardanti i programmi eseguiti, occorre aver presenziato ai concerti. Vono ha presenziato e, giustamente, si è espresso. Per quanto mi riguarda, l’interesse di tali concerti è pari a zero, quindi non presenzio, quindi non commento ciò cui non ho presenziato. Confermo la mia personale scelta di investire altrove i miei soldi. Cioè in luoghi e concerti o spettacoli che ritengo più meritevoli.
L’elenco di interventi di Vono da me trascritti era ad uso degli utenti, credo che ognuno possa trarne le sue conclusioni
marco vizzardelli
E vo’ gridando pace, e vo’ gridando amor!
Ma no, è divertentissimo bisticciare un po’ con Vono!
marco vizzardelli
Non si tratta tanto di divertirsi a litigare, ma di riflettere sul tono generale che sta prendendo questo blog. Sembra sempre più il (piccolo) megafono di una protesta che si radicalizza man mano, che secondo me viene in buona parte dall’interno del teatro o da chi ha interesse, a prescindere, a far cadere l’attuale ‘dirigenza’ della coppia Chailly-Meyer. Alla fine perde interesse, così univocamente orientato, e finiscono per scrivere sempre gli stessi, sempre con le stesse istanze e il risultato, secondo me, è che tutto questa protesta faccia sempre meno paura a chi è indirizzata, ammesso che ancora segua e legga queste pagine web! E, aggiungo, questo fa scappare la voglia di scrivere a chi vorrebbe manifestare idee e analisi in controtendenza, immaginando di essere subissato di violente proteste verbali subito dopo (gli insulti penso io a cancellarli, ma a volte non arrivo a farlo con la necessaria prontezza).
Un po’ amareggiata, mi godo ora questa giornata estiva all’Elba. Attilia
Aggiungo un paio di cose, visto che sono stato tirato in ballo in questo post:
– di Meyer non so nulla, se non che l’anno scorso ha fatto fare a Vienna tre recite di Trovatore, se non sbaglio, a Veronesi, è una cosa che ha scatenato qualche voce allarmata e che in generale mi pare un pessimo segnale:
– Chailly ci ho avuto a che fare 20 anni fa, quando dirigeva alla Verdi, un buon musicista con atteggiamenti umani insopportabili, mediocri o fuori dal tempo, già allora puntava alla Scala e piano piano ce l’ha fatta, probabilmente passando più per i salotti (anche dell’ambiente progressista) e le redazioni che per le sale prova e l’ambiente musicale;
– per interessi miei professionali ho seguito molto attentamente l’evolversi della situazione, dall’inizio della pandemia ad oggi, dal punto di vista dell’attività musicale, dai primi video nelle camerette fino alle prime iniziative senza pubblico e con mascherina, soprattutto all’estero e poi piano piano anche qui in Italia. In particolare ho seguito con molto interesse le istituzioni, le orchestre e i cori, questi ultimi particolarmente a rischio di contagi e con diversi casi nel mondo che hanno avuto una certa risonanza per via di molte persone malate o decedute.
È vero che la situazione lombarda è stata talmente forte e per di più malgestita da provocare ormai il terrore in qualsiasi dirigente, politico e non, di prendersi una responsabilità.
Ma va detto che la cosa accade anche sul piano nazionale e che altrove qualcosa di più si è fatto, per me la cosa più notevole è stato il concerto di Palermo con la Messa di Beethoven più un altro brano contemporaneo, con orchestra, coro, quattro solisti e messa in scena, tutto rigorosamente distanziato e con pubblico nei palchi.
Da questo punto di vista certo alla Scala potrebbero osare di più e inventare qualcosa.
Temo però che ci sia un grosso problema, lo stesso che abbiamo visto in atto nel contenimento del contagio in vari paesi del mondo.
Per realizzare progetti in questa situazione imprevedibile per tutti, ci vogliono dirigenze forti e autorevoli, organizzazioni funzionanti e una grande volontà.
Abbiamo visto come, e non lo dico io, il contagio sia stato contenuto meglio e in meno tempo in quei paesi dove c’è uno stato forte, sia esso socialista o liberale, Cina Cuba e Germania sono i primi esempi che vengono in mente ma ce ne sono anche altri.
Laddove invece ci sono stati ( o regioni, ne citerei una a caso….) fortemente deregolamentati e iper-liberisti ha prevalso il negazionismo e la minimizzazione e i contagi sono aumentati a dismisura.
Lo stesso fenomeno per me si verifica nei teatri, anche in questo caso è necessaria una dirigenza forte, autorevole e che goda di consenso all’interno delle varie componenti dei lavoratori del Teatro.
È ovvio che non sia il caso della Scala dove già da tempo questa situazione non esiste e vige l’individualismo più totale e la guerra di tutti contro tutti.
A chi mi ospita non si replica, semplicemente si obbedisce. Dunque volentieri mi rimetto al desiderio di Attilia.
Mi permetto solo di aggiungere che questo blog nacque a suo tempo perché molti auspicavano un “altra Scala” rispetto alla Scala allora imperante, e che si pensava imperitura, mentre in realtà venne giù abbastanza repentinamente.
All’ideale di quella “altra Scala” io, da loggionista impenitente, non voglio rinunciare, anche di fronte all’evidenza che oggi le cose vanno molto ma molto ma molto peggio che nel 2005. Io sogno anche nel 2020 il crollo repentino di un regime apparentemente inscalfibile.
Spero che su questo si sia concordi, sennò inizierei a non capire più niente degli ultimi venti anni di storia scaligera. E non sarei il solo, credo.
bene, con stasera sono terminati questi quattro saggi scolastici spacciati per ripartenza.
voglio augurarmi che entro breve si sappia cosa succede, quantomeno da settembre a novembre. con un calendario e una prevendita precisi, come si conviene a una fondazione che dovrebbe essere seria e non una macchina succhia soldi pubblici.
(per fortuna non mancano in tivù e su internet dirette di eventi che sono di arte musicale vera, a cominciare dal rigoletto su rai5 domani sera.)
Mammamia! Il concerto di stasera, seguito in streaming, è stato davvero da sagra strapaesana. Una cosa umiliante, indegna.
In una nazione come si deve, domani stesso la Scala verrebbe commissariata causa degrado artistico.
rendo l’onore delle armi a roma che surclassa milano. e mi rode parecchio…
https://www.thetimes.co.uk/article/italys-cultural-life-restarts-with-rigoletto-at-the-circus-maximus-rnzvg5dtj?fbclid=IwAR1Qs6NpaZeSqpgYidLqfDiQC5l97-ybHq5J3khdyyRJswEEtEQ6pxcESwM
Nel frattempo dal calendario del sito della Scala è sparito tutto. Nessun evento in programma da qui al termine della corrente stagione. Nessuna traccia della stagione 20/21. Nulla di nulla.
Ma nel frattempo si continua a guadagnare l’80% dello stipendio pagati da noi contirubenti.
Che schifo!
Chailly dimettiti!!!
RIGOLETTO A ROMA
Solo qualche precisazione inerente al fatto che (fine luglio è per me lavorativo lontano da Roma, non guido e i treni sono ancora quelli che sono) ho dovuto rinunciare all’ascolto e visione dal vivo, limitandomi a quanto offerto su Raiplay, ottimo lavoro dal punto di vista delle immagini, infelice invece nelle resa sfalsata delle dinamiche, basti dire della banda iniziale fuori scena, che (ridotta nell’organico) dal vivo era , mi si dice,un filo di suono, in tv era microfonata al punto da suonare quasi in fortissimo.
Sia per quanto riguarda la lettura di Gatti che lo spettacolo di Michieletto sia per quanto attiene il grazie di cuore dovuto all’eroismo di tutti, ma davvero tutti, nel mandare in porto – e con esito d’arte! – un’impresa effettuata in un luogo ed in una situazione che più antimusicale e antiteatrale non si poteve immaginare quale la spianata-Circo Massimo.
Dal punto di vista musicale: si conferma in pieno, a mio avviso, che il rapporto artistico-umano intercorrente fra Daniele Gatti.direttore e Roberto Frontali-interprete dà vita ad un personaggio-Rigoletto assolutamente storico, che spazzavia in un colpo decenni di Rigoletti vagamente scimmieschi e plateali in scena e voce. Qui, invece, tutto – perfino l’età e i segni del tempo presenti nella voce di Frontali, danno vita ad una manifestazione di dolore paterno e umano indimenticabile. Cui dà magnifico e colto contributo l’idea registica di Michieletto di farne non tanto un “gobbo”, ma l”uomo che ride”, citazione letteraria perfetta!
Idem tutta la costruzione del personaggio di Gilda, cui la Feola dà ottimo spessore, ben oltre un belcantismo di maniera.
Pur nella chiara situazione di emergenza, Michieletto si conferma regista sempre “nella musica”. Anche se, qui, ho avuto due motivi di “difficoltà”. Daniele Gatti chiede, giustamente, al suo (secondo me, ottimo) Duca di Mantova, un canto tendenzialmente nobile, mai sguaiato o volgare: visivamente il ragazzotto mafiosetto in occhiali scuri delineato da Michieletto stride un po’ con la condotta musicale del direttore e dell’interprete. In secondo luogo, proprio mentre ho trovato azzeccatissimo il filmato del rapimento di Gilda, non risulta chiara, in contemporanea, la violenza del pestaggio affibbiato al povero Rigoletto: trovo annacqui l’efficacia del rapimento-scherzo atroce che, in Verdi, già basta a se stesso.
Di Gatti, di Michieletto, di Frontali, di Feola, è semplicemente favoloso, per intensità e profondità (incredibili, in quella situazione scenica così condizionante!) tutto ciò che avviene da “Bella figlia dell’amore” al finale. Confermo: Gatti-Frontali “scrivono” una pagina di interpretazione di Rigoletto dalla quale non si può pensare tornare ai cachinni e alle convenzioni che hanno banalizzato, nel tempo, questo titolo verdiano. Che, con tutte le difficoltà del caso, ciò che era avvenuto in teatro si sia ripetuto in una spianata all’aperto, dice del valore degli interpreti. Rigoletto è finito oltre la mezzanotte: la mattina dopo, il maestro Daniele Gatti era a Torino, per provare con l’orchestra Rai. La sera dopo, a Roma, Pappano dirigeva nella cavea dell’Auditorium la Quinta di Beethoven. Tutto questo si riassume in un termine: generosità, e in un altro: amore al pubblico.
Allora: grazie Opera di Roma (e Fuortes, e Gatti, e Michieletto e orchestra e coro e cantanti e maestranze). Grazie Santa Cecilia e Pappano per le Nove di Beethoven. Grazie Macerata, con tutte le sue forze artistiche, grazie Firenze, grazie Martina Franca, grazie Ravenne, grazie coraggiosa Bergamo, grazie Pomeriggi Musicali e Orchestra Verdi di Milano. Grazie a tutti coloro che, pensando al pubblico, hanno continuato a comunicare, a progettare, a realizzare, e continuano a farlo. Per il pubblico, e per la musica.
C’è chi e c’è chi non. O non ancora. Aspettiamo, ma… il merito (e parliamo anche a chi governa) va riconosciuto.
Un grazie di cuore ai meritevoli.
marco vizzardelli
marco vizzardelli
Il “Rigoletto” di Roma ci ha veduti presenti. Nell’insieme, considerando tutto, lo riteniamo storico. Poi, certi dettagli, di esclusiva pertinenza della regia potevano, in altro contesto e altra situazione, forse essere meglio focalizzati, in particolare quelli che cita Vizzardelli e che dal vivo erano anche maggiormente evidenti. Personalmente avremmo voluto gesti attoriali (e look) più adeguati alla svagatezza e nobiltà che uscivano dal canto del Duca, che ci è sembrato il carattere meno riuscito creato da Michieletto nello spettacolo. Mentre riuscitissimo è stato il delineamento di quello di Gilda, eroina verdiana che mente spudoratamente al padre per incontrare l’amante e ha il coraggio di morire per amore, altro che la solita “patata”. E ancor più quello di Rigoletto, sfregiato e “gobbo” nell’animo e nella postura, uno sconfitto che proietta il suo riscatto solo nella figura della figlia, la cui rabbia è quella del vile, più volte gelidamente sussurrata (il celeberrimo attacco in pianissimo del “Si vendetta”) e per questo più dolorosa. Poi, è vero, della bastonatura si poteva fare a meno.
Tecnicamente Michieletto è stato bravissimo: tre cameramen in scena riprendevano lo svolgersi dell’azione che veniva proiettata sul grande schermo, creando un equilibrato ibrido fra teatro e cinema che, a nostro avviso, era l’unico modo per rendere visibile al pubblico ciò che accadeva sul palco (il Circo Massimo è una piazza d’armi. Non c’erano però eserciti da far sfilare, ma un’opera lirica da vedere e ascoltare).
Quello che però è stato stupefacente ha riguardato la parte musicale, perché mai avremmo creduto possibile che in un contesto del genere un’orchestra disposta in un non so quante decine di metri di larghezza e profondità potesse raggiungere una tale espressività , soprattutto nelle dinamiche notturne, frementi e intime ricercate e ottenute da Daniele Gatti. Il quale ha, a nostro avviso, siglato la sua interpretazione capolavoro dell‘opera di Verdi. Non perché sostanzialmente diversa da quella del 2018, ma rispetto a quella ancora più fluida e sedimentata, con le risapute vette assolute del duetto Rigoletto/Sparafucile del I atto, dello svagato, sognante, aereo, da vera fantasticheria inane di innamorata “Caro Nome”, del concitatissimo “Cortigiani vil razza dannata”, del già citato attacco sussurrato “Sì Vendetta”. Queste sono le vette risapute. Ma ve ne sono state altre.
Una è stata, ad esempio, la perfetta varietà di accento e caratterizzazione delle danze. Minuetto e Perigordino erano letteralmente puro Settecento e, confidiamo di aver provato un po’ di dispiacere nel vedere che Michieletto non ha trovato di meglio che inscenare una ricettazione di gioielli nella banda del Duca. Altro momento insolito e memorabile la maledizione di Monterone con i tromboni che eseguivano perfettamente l’accentato
della loro scala, che di fatto spostano il tempo forte della battuta rendendo il momento realmente impressionante (il Rigoletto é la Maledizione). Altra vetta è stata il ‘Veglia o donna”, non più trepido e apprensivo come nel 2018, ma ora, conformemente a ciò che si vedeva in scena, carico di esortazione disillusa, quasi che il padre intuisse già che sarebbe subito stato disobbedito.
Il cast ha visto, come già accennato, il monumentale Roberto Frontali giganteggiare con la sua interpretazione sofferta, sconfitta, tutta giocata sull’interiorità di un uomo perdente che ripugna prima di tutto a se stesso, la Feola Ha affrancato completamente Gilda dall’astrazione e dalla maniera, rendendola eroina di volta in volta sbarazzina, capricciosa, sognante, e per finire coraggiosa e freddamente determinata.
Sul Duca di Rivas grava un po’ il personaggio cucitogli da Michieletto, però la svagatezza signorile di “Questa o quella” e di “Bella Figlia dell’amore” ce lo fanno ricordare con piacere.
Orchestra e Banda eroiche, la prima soprattutto, perché con l’umidità della sera romana, alla fine, i legni erano al limite del grido, ma questo espressionismo nelle ultime battute rendeva alla tragedia la Sua più completa crudeltà.
Saluti
-MV
Eravamo anche da Sir Antonio Pappano, nella cavea, sempre all’aperto , ma in un contesto musicalmente più tenero rispetto alla grifagna e scontrosa piazza d’armi del gigantesco Circo Massimo.
Non avevamo grandi aspettative, perché il Beethoven di Pappano, sempre di gran calore e classe, ci è sempre sembrato un po’ generico e superficiale. L’ultimo incontro con esso però risaliva a una Quinta (appunto!) di diversi anni fa.
Abbiamo avuto la sorpresa di trovare un interprete beethoveniano molto più maturo e profondo. Mantenendo il caldo fraseggio e accentuando anche un certo lato femminile e sentimentale della scrittura beethoveniana Pappano è arrivato a un risultato di grande forza espressiva, con qualche divertente tocco di originalità nell’Ottava (alcune pause accentuate nello Scherzando), mentre la Quinta, più convenzionale ha perso quella fastidiosa caratteristica di “genericità” per arrivare a una lettura sì classica, ma convincente, convinta e matura, seppur sempre assimilabile al versante ‘corrucciato” della poetica di Beethoven.
Nota a margine: c’era il Presidente della Repubblica e l’inno nazionale diretto da Pappano ha il ritmo cadenzato di una nobile marcia. Finalmente, il migliore da noi ascoltato. Non astrusamente ieratico come un remoto Giulini alla Scala e neppure frettoloso da marcetta parodistica come lo eseguono altri oggigiorno. Una marcia nobile, Pomp and Circumstance abita l‘anima di Sir Anthony.
Saluti
Terza aggiunta ad uso e consumo dei criticoni del teatro.
Da abbonato ho ricevuto il voucher di rimborso per tutte le recite fino a novembre 2020 compreso.
Possiamo quindi dare assodato il fatto che la stagione 2019/2020 è annullata.
Saluti
-MV
Annullata la stagione, ma non annullati i costi e gli stipendi pagati dalla collettività.
Davvero un affarone!
Annullata la stagione, ma non ancora risolta la questione rimborsi.
Io ho deciso di non chiedere il rimborso, ma di tenere valido il biglietto per il recital di Pollini posticipato all’11 settembre.
Al momento è sparito dal calendario. Vedremo cosa diranno lunedì.
dai ma smettiamola con questo ritornello dei soldi della collettività.
già in tempi normali il FUS va a beneficio principalmente a spettacoli che sono fruiti da una minoranza dei cittadini o, nel caso della Scala, da turisti.
dunque o questi argomenti si tirano fuori in tempi pre-covid oppure è solo malafede che colpisce gente che non ha nessuna colpa per essere in cassa integrazione.
oppure che si dica chiaramente di essere contro la cassa integrazione tout court e a favore del metodo americano dove nei teatri hanno lasciato a casa tutti, senza stipendio e senza tanti complimenti.
Lunedì 27 verrà presentato il nuovo programma autunnale del teatro
Personalmente non critico la cassa integrazione, anzi.
Critico una dirigenza che – mentre in tutta Italia si riparte Milano compresa (LaVerdi, Pomeriggi) – preferisce tener chiuso in ossequio alle paranoie del proprio direttore musicale e ai ricatti dei sindacati.
Se poi non si vuole guardare la realtà, okay.
Vedremo questo programma di autunno, ma nel frattempo gli altri lavorano da giugno; gli scaligeri no.
bisogna capirli, hanno una certa età, loro e il loro pubblico, poi mi era giunta voce di contagi all’interno del teatro, però è solo una voce tutta da verificare…
Lunedì 27 verrà presentato il nuovo programma autunnale del teatro
Usciti alcuni programmi programmi autunnali della Filarmonica. Nasce subito una domanda. Perché Chung fa un porgramma normale (Settima di Beethoven) mentre Chailly fa, praticamente, musica da camera, pur raffinata?
Qui sono i punti qui le domande qui le risposte da cercare.
Chissà se la conferenza stampa ce le darà.
marco vizzardelli
Chailly sarà già concentrato sull’Aida del 1871 che nessuno ha ancora sentito…
l’aida del cairo???
è una battuta o è vero?
Gentile Marco, non capisco bene il senso del tuo scritto.
Ritengo Chailly totalmente inadeguato a condurre la Scala, però quel programma mi pare molto bello: piuttosto che l’ennesima Settima di Beethoven preferisco Apollo.
“Qui sono i punti qui le domande qui le risposte da cercare”. In che senso?
Grazie.