Annuncio prossima stagione 2020-2021 lunedì 27 luglio 2020

25 Lug

 

 

 

 

 

 

Con queste parole il Teatro invita a partecipare alla conferenza stampa per la presentazione della prossima stagione;

 

lunedì 27 luglio alle ore 11.45 si terrà la conferenza stampa di presentazione del nuovo programma del Teatro alla Scala per l’Autunno 2020. Interverranno Giuseppe Sala, Dominique Meyer, Riccardo Chailly, Frédéric Olivieri.

Vi invitiamo a seguire l’evento in diretta streaming sui nostri canali Facebook e YouTube.
A seguire, tutte le informazioni e i dettagli saranno disponibili sul nostro sito.

Vi aspettiamo!

66 Risposte a “Annuncio prossima stagione 2020-2021 lunedì 27 luglio 2020”

  1. frack luglio 26, 2020 a 3:55 PM #

    ma che vadano a…..

  2. Lullo luglio 27, 2020 a 8:19 am #

    La traviata, Aida, La bohème: tre titoli da turismo internazionale, proprio nel momento in cui il turismo internazionale non c’è più. Un’idiozia irrecuperabile.
    C’era Agrippina, opera ideale per dimensione dell’orchestra, per assenza del coro, per novità, per interesse della nuova produzione: cancellata.
    “Ed il” sindaco “applaude, ridendo allegramente”…

    • chevergogna luglio 27, 2020 a 9:18 am #

      Pagliacci

  3. der rote Falke luglio 27, 2020 a 9:44 am #

    ho cercato di forzare il mio pregiudizio negativo, ma dopo aver letto la cosiddetta stagione di autunno 2020 sono senza parole.
    a cosa serve eseguire traviata e aida in forma di concerto (!!!) mentre tutti ripartono con opere con minore organico ma in forma scenica? peraltro con due direttori strabolsi.
    che senso ha a novembre riproporre la bohème di zeffirelli affidandola a carignani??
    però nel frattempo sui concerti si batte la cassa con nona di beethoven, terza di mahler, heldenleben, tara bulba…, sempre coi soliti due direttori monopolizzatori del piermarini.
    si salva qualcosa delle serate solistiche, anche se le variazioni diabelli con barenboim mi paiono qualcosa di improponibile.
    insomma, niente che valga la pena, niente che entusiasmi, niente.
    tutto molto triste e orribile.
    chissà come avrebbe sofferto la nostra compianta violamargherita, di cui mi manca tanto il sagace commento in una giornata deprimente come oggi. sigh.

  4. Erminio Vaccamagra luglio 27, 2020 a 10:18 am #

    Il monologo del maestro Chailly stamattina – tra il tentativo di garantirsi una permanenza oltre il 2022 e il pippone sulla “Aida” del Cairo – conferma la necessità che questo personaggio venga cacciato al più presto dalla Scala. Via! Fuori! Basta! Vergogna!

  5. Massimiliano Vono luglio 27, 2020 a 10:44 am #

    Francamente mi sembrano chiare le ragioni di questa programmazione:
    1) (parole di Giuseppe Sala). La Scala e Milano si muovono a “piccoli passi”. Ciò può piacere o non piacere, ma ha la sua coerenza in una regione che da sola ha visto più della metà delle vittime di tutta l’emergenza sanitaria del paese.
    2) (parole del Sovrintendente e del Direttore Musicale). La necessità primaria che ha guidato questa programmazione è stata la salvaguardia dei contratti artistici già stipulati per la tournèe in Giappone già programmata e, ovviamente, annullata. Potrà piacere o non piacere (o come dice Riccardo Chailly, legittimamente criticata in quanto la sua professione è pubblica) ma ha una logica.
    Non mi sento, pertanto, di criticare queste scelte, perchè obbediscono a criteri condivisibili.
    L’Aida con l’introduzione al III atto inedita e i concerti di Chailly e Mehta li ascolterò volentieri.
    Saluti

    -MV

    • der rote Falke luglio 27, 2020 a 11:06 am #

      ogni regime ha i suoi cantori.
      non mi sento di criticarli perché obbediscono a interessi condivisibili.

    • Angelo, Sesto San Giovanni luglio 27, 2020 a 1:12 PM #

      A me l’idea dell’Aida in versione originale piace molto.
      Però mi sembra buttata via, così con quattro recite in concerto.
      Spero ci ripensino e facciano una nuova produzione scenica, magari intima e onirica, ma che parta proprio dalla versione scelta per darci una lettura innovativa e costruita su questa scelta testuale.
      Sennò diventa più una curiosità para-culturale che non una chicca artistica vera.

  6. Francy Riboldi luglio 27, 2020 a 12:30 PM #

    Alcune osservazioni dopo aver seguito sui social la presentazione stamattina.

    1) Prova di forza dimostrativa dell’asse Chailly-Bazoli-Sala: “I ritmi di Milano e della Scala li dettiamo noi, non provate a instaurare confronti con altre realtà, anche italiane e anche milanesi, che già stanno lavorando”. Su questo assioma si inserisce la dichiarazione di Chailly che Meyer è il secondo sovrintendente con cui lavorerà nella sua “non breve” permanenza alla Scala anche per i prossimi anni. Evidentemente il direttore musicale vuole barricarsi sulla sua poltrona e fa capire che darà del filo da torcere a chiunque non voglia prolungargli il contratto oltre il 31 dicembre 2021. Una sfida pubblica, anche al nuovo sovrintendente e a tutti quei larghi strati di critica, politica e pubblico che non lo sopportano. L’esito è imprevedibile, a meno che finalmente l’orchestra prenda posizione: sarebbe l’intervento capace di dare l’agognata spallata al regime terragnesco.

    2) Meyer entra molto in punta di piedi. Ribadisce di aver voluto salvare più contratti in essere possibili con gli artisti. Fa capire che gli interessa soprattutto occuparsi di casting vocali. Non è in grado di presentare alcuna prospettiva artistica veramente significativa. La Scala rimarrà un supermarket con prodotti eurosbobbici; semplicemente, rispetto ai già tremendi Lissner e Pereira, con ancora meno regie interessanti, con direttori mediamente pessimi (Carignani in Puccini è un segnale allarmante), con cartelloni ancor più pot-pourri.

    3) Si segnala la fine della diretta sui social, nel momento in cui iniziavano le domande dei giornalisti. Come ogni regime che si rispetti, le domande non si fanno, e se proprio si fanno non si rende possibile al popolo ascoltarle. La moglie del maestro vigila ben visibile in prima fila che nessuno osi fare le domande che tutti ci facciamo da due almeno tre mesi a questa parte.

    4) Nessun accenno significativo ad abbonati e loggionisti, tranne una vaga soddisfazione per il fatto che da settembre potranno essere riaperte le gallerie. Nessun accenno di autocritica per la comunicazione scandalosa nelle settimane del lockdown, per il silenzio totale mentre altri ripartivano, per la responsabilità nel calo dell’indotto cittadino. È la solita autoreferenzialità di via Filodrammatici, dove si crede – grazie ai soldi della collettività sproporzionatamente profusi – di essere al centro del mondo, mentre invece si è periferie estrema dell’operaismo mondiale.

    5) Zero carisma degli oratori seduti al tavolo. Il pippone chaillyano sulla versione di Aida del Cairo (sarà forse un omaggio raffinato e sottile all’house-organ di regime?) fa rabbrividire per pochezza e inadeguatezza rispetto al momento storico. L’introduzione del sindaco è palesemente di facciata. Le parole del sovrintendente mostrano una capacità trascinatoria da controllore dei biglietti di un treno regionale. Bastano due minuti di monsignor Borgonovo, arciprete del Duomo, per mangiarsi le mezzore degli altri. Davvero un brutto segno per l’immediato futuro scaligero.

    6) Manca in maniera ormai gravissima la presenza di un persona che si prenda in spalle la baracca e con la quale città, pubblico e soprattutto masse artistiche possano identificarsi e gettare il cuore oltre l’ostacolo e la pigrizia sindacaleggiante. Manca un Riccardo Muti o chi per lui.

    • Massimiliano Vono luglio 27, 2020 a 12:38 PM #

      Rote Falcke, non ho capito di quali “cantori” stia parlando e, soprattutto, relativamente a “quali” interessi si riferisca.
      Francamente mi sono rotto le scatole di questa miserabile anonimia attraverso la quale propagare messaggi obliqui ed offensivi. O dice chiaramente CHI sarebbero i “cantori” e QUALI siano i loro interessi, con il suo nome e cognome, oppure, semplicemente si levi dalle palle. La mia storia su questo blog è limpida e visibile a tutti da almeno vent’anni.
      Saluti .

      • der rote Falke luglio 27, 2020 a 12:51 PM #

        quel che dico lo dico convintamente. è suo diritto chiedere alla titolare del blog di rimuovere i messaggi che lei ritiene offensivi; se tra essi vi fossero i miei non avrei motivo di oppormi alle decisioni della titolare.
        ma, la prego, l’argomento dell’anonimato è veramente da sottoproletariato internettiano.
        le auguro di provare gusto e piacere quando andrà ad assistere alle performance di chailly e mehta, che evidentemente sono di suo interesse.
        io non partecipo a queste decadenti carnevalate di regime, e continuo a non comprare biglietti sinché la dirigenza scaligera sarà questa. invito chiunque a fare come me. risparmierò denaro e tempo che investirò volentieri frequentando istituzioni che al derelitto blasone preferiscono una vera sostanza artistica.
        ora mi levo ‘dalle palle’ per un po’.

  7. DISLESSICO luglio 27, 2020 a 1:04 PM #

    tutti al Cairo…
    tutti al Cairo…
    a spartirsi l’onorario…

    ah, ma signora mia, ma l’ha sentito
    l’ha sentito quanto è erudito!

    cento battute per me posson bastareeeeeeeeee
    cento battute perché non posso dimenticareeeeeeeeee
    che quando dirigi tuuuuuuuuuuuuuuu
    è come un metronomo a cucùùùùùùùùùùùùùùùù

    seeeeeeee, per innamorarsi ancoooooooooooraaaaaaaa
    sentiraaaaaaaaaaaaai il terzo atto dell’Aiiiiiiiiiidaaaaaaaaa
    come non l’hai sentito maaaaaaaaaaaaaiiiiiiiiiiiiii
    con Astri azzurri invece di Cieli azurrrrrriiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
    e coloro che non plaudon son tutti buzzuuuuuuuuuuuuuurriiiiiiiiiiiiiii

    dice, ma questa è avanguardia culturale, dice..
    dice… ma chettefrega, tanto….

    di posti ce ne sono 740.
    e la gallina non canta.

    il gallo si sa becca qua becca là la talpa fa tutti i buchi che può il gatto non va dove il pesce non c’è il lupo scenderà quaggiù

    non farla, la domanda, dice…
    ma non farla…
    tra pochi mesi scade il contratto ma nessuno chieda, nessuno,
    non disturbate!!!
    se me lo dicevi prima ti facevo un leasing, mica ti facevo…
    lì con la bacchetta, che ti agiti, che Puccini…

    è un lavoro pubblico,
    ci stanno le critiche,
    ma non a me.

    su, silenzio, così mi rinnovano il contratto,
    col favore delle tenebre.

    le tenebre della ragione generano mostri.

    • giannetta luglio 27, 2020 a 1:44 PM #

      ovviamente la solita filippina autoreferenziale sulle 4 battute scoperte nella cantina di verdi….ma andateeeeaaaa

  8. L.J. luglio 27, 2020 a 3:15 PM #

    Condivido tutti i commenti negativi che mi hanno preceduto, non li ripercorro né ripeto.

    Di mio aggiungo che:

    -Mi sarebbe piaciuto sentire qualcosa di più reale e concreto sui protocolli cui masse e artisti dovranno sottostare. Perché si può fare la Terza di Mahler o la Nona di Beethoven, ma non La Traviata in forma scenica? Cosa esattamente lo impedisce? Quale interlocuzione è in corso con le autorità civili per l’evolversi della situazione?

    -Tutti i teatri più prestigiosi del mondo (per l’Italia l’Opera di Roma) stanno programmando allestimenti scenici compatibili con le regole del distanziamento. Al di là del giudizio di ognuno sulla riuscita singola, perché la Scala non ha pensato di entrare anch’essa a questo livello? Tra la forma di concerto e le regie di Zeffirelli (in particolare La Bohème al secondo atto) può esserci una via di mezzo! Con due o tre correzioni, per esempio, La Traviata di Tcherniakov non darebbe alcun problema di distanziamento in scena.

    -Al di là della situazione emergenziale, dove errori sono sempre possibili, qual è la prospettiva artistica della Scala? Possibile che un sovrintendente alla sua prima uscita ufficiale non spenda una parola su questo, ma ci parli di quanto è contento che Aida Garifulina debutti alla Scala??

    -La presenza di Chailly (e signora) è sempre più intimidatoria. Siamo al sesto anno tra direzione principale (2015-2016) e direzione musicale (2017-2020), ma onestamente il risultato in termini di identità artistica del teatro è zero. In compenso stamattina parole molto sgarbate, come l’accenno al fatto che convivrà col nuovo sovrintendente per altri anni, quando il suo contratto scade il 31 dicembre 2021, ed è invece giusto aprire un serio dibattito sulla necessità che egli NON venga riconfermato. Ma anche se malauguratamente lo fosse, è una questione che merita un livello trasparente e pubblico, non accordicchi di sacrestia come se tutto fosse dovuto.

    -Non avere chiesto scusa per il disastro dei voucher di rimborso, per la comunicazione fallace (vedasi Trovatore annullato all’ultimo momento con la gente assembrata e urlante sotto i portici) è elemento che conferma l’arroganza e la strafottenza scaligere.

    -Il balletto viene ormai considerato attività riempitiva. Giusto o sbagliato che sia, perché non parlarne apertamente?

    -L’ingerenza della Filarmonica dell’Intesa nei calendari e nelle scelte artistiche della Fondazione Teatro alla Scala sta diventando sempre più insoffribile, anche perché è il cuore del cuore dei potentati che sostengono – contro ogni evidenza e decenza artistica – l’attuale direttore musicale. Il cosiddetto Concerto per Milano è un evento di privati organizzato da privati fuori dall’edificio scaligero. Perché mai un sovrintendente deve segnalarlo come grande momento artistico, visto anche il risibile prograqmma da fiera di provincia?

    In conclusione, il defenestramento immediato di Chailly o comunque il non prolungamento del suo contratto in scadenza il 31 dicembre 2021 è l’unica speranza per una svolta vera alla Scala. E questo argomento da ora e per i prossimi mesi deve essere il vero cuore dell’intera discussione politica e pubblica e giornalistica riguardante il Piermarini.
    Non mi rassegno a morire rimpiangendo Riccardo Muti.

    • Massimiliano Vono luglio 27, 2020 a 4:31 PM #

      LJ, l’Opera di Roma ha programmato l’allestimento scenico di “Rigoletto” in un ambiente abbastanza anomalo. C’ero e ne ho scritto. Non credo sia un teatro replicabile in una condizione normale, ma solo “all’aperto” ed in luoghi particolari. Si pensi che le Terme di Caracalla sono state escluse per non essere dotate di sufficienti ingressi per il deflusso e l’afflusso delle persone e si ha solo una pallida idea delle difficoltà.
      Inoltre è verosimile e anche accettabile che ogni artista abbia la propria visione del “far musica”: può esserci chi si trovi più a suo agio e chi meno. Non vedo al mondo “orde” di interpreti salire sulle barricate per dirigere e cantare. Onore al merito per chi lo fa, ma non disonore a chi non lo fa.
      Non ha, credo, ascoltato con attenzione le parole di Meyer: egli ha detto che l’unica opera in forma scenica sarà la Bohème; questo perché solo nella seconda parte scadranno le disposizioni sanitarie (sempre che non vengano rinnovate, ovviamente) e pertanto , ha proseguito “se si potrà mettere in scena Bohème vorrà dire che si potrà riaprire a Sant’Ambrogio”. Mi pare che sfugga a tutti i lamentosi commentatori (un po’ livorosi) la situazione in essere che è molto, come si dice, “fluida”.
      Saluti

  9. marco vizzardelli luglio 27, 2020 a 10:49 PM #

    Massimiliano Vono, il punto non sei più tu né sono più io. Io potrei dire che sono parzialmente (ma talora parecchio) d’accordo con Rote Falke e altri “oppositori” ma anche sono molto d’accordo con te, perché non sono non sul no a prescindere a qualunque cosa esca dalla bocca o dalla volontà o dalla bacchetta di Riccardo Chailly, altrimenti bisogna non solo negare,cioè non solo dire “no” ma chiarire una volta per tutte chi e cosa è “sì”, cioè chi si vuole, una volta per tutte, e non sbagliatevi: non sto parlando di Daniele Gatti né di nessuno in particolare, ho capito chi non si vuole da parte di quelli che scrivono, ma non ho ancora capito chi si vuole, e di che età e di che impostazione. Chi e cosa volete? Un giovane? Magari! Abbado entrò a 30 anni, Muti a poco più. Si ha il coraggio, orchestrali o Scala in toto, di ripercorrere un cammino di questo tipo? Volendo i nomi ci sono, almeno due li ho in mente, e pure bravissimi. Avete, ha il coraggio il teatro di chiamare uno di quelli, oppure per approdare su quel podio è diventato per forza necessario avere da 65 anni in su? E perché? E da quando non è più possibile? Non è certo colpa di Chailly, questo. Per di più dopo un’ultima stagione con Tosca-opera eccellentemente diretta, e un magnifico Beethoven nel “sinfonico”. Allora, se dopo questo è “no” (e ci può stare, chi qui scrive vanta il record mondiale di velocità di “buata”, ouverture de La Gazza Ladra, non me ne vanto e neanche me ne pento, ma è per chiarire, in compenso ho urlato tutto il mio “bravo!” dopo Tosca e dopo la Quinta di Beethoven, perché è stato bravissimo!!!).. Tutto questo per dire, vediamo di capirci.
    Il problema è un altro, e lo ha evidenziato bene Attilia, responsabile di questo forum. Il punto è che La Voce del Loggione è diventato (e Attilia in questo non c’entra nulla, anzi, ha chiesto giustamente di smetterla) il contenitore di un nucleo di persone, alcune evidentemente interne al teatro, contrarie senza se e senza ma a Riccardo Chailly. Ma, scusate, un forum che, per di più, è nato con il nome de La Voce del Loggione, può diventare una palestra di malumori interni al teatro stesso di cui il forum è nato come commenti di persone del pubblico che vanno a teatro, frequentando non solo il loggione ma ogni ordine di posti?
    No. Non ci siamo. Non va bene, e Attilia stessa lo ha scritto, qui, a chiare parole.
    Caro Rote Falke, cari tutti, questo è nato come (ed è ancora) il “contenitore” di persone appassionate che vanno a teatro. Libere di apprezzare o meno, indipendenti dal teatro medesimo. Intendiamoci in modo corretto, altrimento si fa un danno al forum medesimo- E sarebbe un peccato, percHè è, fin dall’inizio, fra i più liberi.

    marco vizzardelli

  10. marco vizzardelli luglio 27, 2020 a 10:51 PM #

    Massimiliano Vono, il punto non sei più tu né sono più io. Io potrei dire che sono parzialmente (ma talora parecchio) d’accordo con Rote Falke e altri “oppositori” ma anche sono molto d’accordo con te, perché non sono per il no a prescindere a qualunque cosa esca dalla bocca o dalla volontà o dalla bacchetta di Riccardo Chailly, altrimenti bisogna non solo negare,cioè non solo dire “no” ma chiarire una volta per tutte chi e cosa è “sì”, cioè chi si vuole, una volta per tutte, e non sbagliatevi: non sto parlando di Daniele Gatti né di nessuno in particolare, ho capito chi non si vuole da parte di quelli che scrivono, ma non ho ancora capito chi si vuole, e di che età e di che impostazione. Chi e cosa volete? Un giovane? Magari! Abbado entrò a 30 anni, Muti a poco più. Si ha il coraggio, orchestrali o Scala in toto, di ripercorrere un cammino di questo tipo? Volendo i nomi ci sono, almeno due li ho in mente, e pure bravissimi. Avete, ha il coraggio il teatro di chiamare uno di quelli, oppure per approdare su quel podio è diventato per forza necessario avere da 65 anni in su? E perché? E da quando non è più possibile? Non è certo colpa di Chailly, questo. Per di più dopo un’ultima stagione con Tosca-opera eccellentemente diretta, e un magnifico Beethoven nel “sinfonico”. Allora, se dopo questo è “no” (e ci può stare, chi qui scrive vanta il record mondiale di velocità di “buata”, ouverture de La Gazza Ladra, non me ne vanto e neanche me ne pento, ma è per chiarire, in compenso ho urlato tutto il mio “bravo!” dopo Tosca e dopo la Quinta di Beethoven, perché è stato bravissimo!!!).. Tutto questo per dire, vediamo di capirci.
    Il problema è un altro, e lo ha evidenziato bene Attilia, responsabile di questo forum. Il punto è che La Voce del Loggione è diventato (e Attilia in questo non c’entra nulla, anzi, ha chiesto giustamente di smetterla) il contenitore di un nucleo di persone, alcune evidentemente interne al teatro, contrarie senza se e senza ma a Riccardo Chailly. Ma, scusate, un forum che, per di più, è nato con il nome de La Voce del Loggione, può diventare una palestra di malumori interni al teatro stesso di cui il forum è nato come commenti di persone del pubblico che vanno a teatro, frequentando non solo il loggione ma ogni ordine di posti?
    No. Non ci siamo. Non va bene, e Attilia stessa lo ha scritto, qui, a chiare parole.
    Caro Rote Falke, cari tutti, questo è nato come (ed è ancora) il “contenitore” di persone appassionate che vanno a teatro. Libere di apprezzare o meno, indipendenti dal teatro medesimo. Intendiamoci in modo corretto, altrimento si fa un danno al forum medesimo- E sarebbe un peccato, percHè è, fin dall’inizio, fra i più liberi.

    marco vizzardelli

  11. Riccardo F. luglio 28, 2020 a 6:30 PM #

    La cosiddetta stagione di autunno 2020 della Scala si configura come imbarazzante. Imbarazzanti i titoli, imbarazzante il sovrintendente, imbarazzante il direttore musicale, imbarazzante il sindaco, imbarazzante la comunicazione.

    Mi sembra che molti alla Scala e – purtroppo – molti anche qui sul forum non si stiano rendendo conto che covid-19 sta cambiando il mondo. Così si va a sbattere. E dirlo è da appassionati. Il resto è cortigianeria, anche se intesa in buona fede.

    • Massimiliano Vono luglio 29, 2020 a 11:09 am #

      Perché “così si va a sbattere”?
      Saluti

      -MV

      • Riccardo F. luglio 29, 2020 a 11:47 am #

        Ciao, MV.

        1) Perché tutte le previsioni di modelli economici legati all’industria della cultura e dello spettacolo dicono che occorre stringere un legame immediato col proprio territorio in attesa del ritorno del turismo internazionale, che non avverrà, sempre che il virus stia tranquillo, prima del 2022.

        2) Perché il bacino degli abbonati delle fondazioni lirico-sinfoniche risulta tra i più colpiti dal combinato disposto costituito da “rischio personale rispetto al virus” e “impoverimento a seguito del virus”.

        3) Perché con meno soldi a disposizione sponsor e acquirenti saranno molto più severi nello scegliere cosa vale la pena e cosa no.

        4) Perché lo stato centrale e gli enti locali (regione e comune) non sono in grado di coprire le perdite di bilancio, tantopiù che l’opinione pubblica ha prevalentemente in odio, allo stato attuale, tutte quelle forme di intrattenimento (chiedo scusa per la parola, ma è la categoria che si usa in sede di bilancio) che appaiono come elitarie.

        5) Perché il gruppo politico di maggioranza nel parlamento italiano si sta segnalando da alcuni mesi per continue interrogazioni a tutti i livelli istituzionali riguardanti pesanti accuse di corruzione e di nepotismo nel mondo delle fondazioni lirico-sinfoniche, con coinvolgimento di artisti, manager e agenzie.

        6) Perché Roma ha dovuto mandar giù il boccone dell’autonomia concessa per meriti storici alla Scala, ma non vede l’ora di dimostrare che questa autonomia è stata usata male sia come risultati artistici sia come risultati economici.

        7) Perché la Scala è percepita come una delle cattedrali mondiali dell’autoreferenzialità, tanto che può decidere di stare chiusa per mesi, affermando che è pronta a ripartire appena il governo lo consente e poi smentendosi.

        8) Perché il compito che lo statuto affida alla Scala è quello di produrre teatro musicale, mentre la tattica degli ultimi anni e degli ultimi mesi è stata quella di sovrapporre a questa attività una focalizzazione esagerata sulla Filarmonica della Scala (vedasi tutta la retorica sul concerto in piazza Duomo) e su concerti e concertini vari che prendono il sopravvento sulla mission per cui la fondazione in realtà esiste. Tra l’ultima serata di produzione scenica (Il Turco in Italia del 22 febbraio 2020) pre-covid e la prima (prevista) di post-covid (La Bohème del 4 novembre 2020) saranno passati circa sette mesi e mezzo. Il che significa che – ben che vada – la fondazione risulta inadempiente ai propri doveri statutari per più della metà di un anno di bilancio, pur avendo speso in stipendi l’80% (40% di ci, 40% di integrazione propria) della somma che comunque avrebbe speso producendo regolarmente e incassando dio conseguenza.

      • Massimiliano Vono luglio 29, 2020 a 1:21 PM #

        Grazie Riccardo. Che sia vero ciò che hai scritto è piuttosto certo. Da anni scriviamo che il teatro ha perso il rapporto con la città ed è solo un’attrazione turistica e da anni scriviamo che la sua programmazione è fondata su questo. Saranno dieci o quindici anni che lo diciamo e la situazione si è estremizzata con l’arrivo di Pereira che ha portato prezzi assurdo insieme alla assurda filosofia Artistica che interessano solo gli incassi e non riempire il teatro.
        Tuttavia il CoVid non è esistito solo per La Scala, ma per tutto il mondo. E in tutto il mondo i teatri sono più o meno chiusi e le stagioni più o meno “saltate”.
        Roma ha tentato la sostituzione di Caracalla con il Circo Massimo. Di “Rigoletto” ho scritto: furono in tutto, però, tre recite. Il resto è in forma di concerto. Altrove hanno cercato di tamponare (Merano, Bolzano) con programmazioni cameristiche. In altri luoghi organici leggeri e distanziamenti (Macerata, Ravello). Si tratta però di festival estivi con cui La Scala c’entra poco. Insomma, sì è arrivata per ultima, ma di non tanto.
        Gli sponsor: non so bene se siano attenti alla programmazione. A “naso” direi che uno sponsor è più contento di avere in stagione “Aida” invece di “La sposa dello zar”, però magari mi sbaglio. Quanto al pubblico, fino ad ottobre la Scala avrà un terzo della disponibilità di posti e forse, dico forse, riuscirà a vendere. Magari no, però . In effetti cinque recite di Aida non sono poche in tempi come questi anche se, immagino, contino di far spendere agli abbonati i voucher appena emessi in modo da partire con nuovi incassi freschi per la prossima stagione.
        Insomma, in definitiva, non capisco ancora in che cosa la presente stagione sia così controindicata rispetto ai tuoi “sette punti”., fermo restando che per me, oggigiorno, l’unico modo per pubblicizzare il teatro è mettere sotto contratto Chiara Ferragni e il suo Istagram.
        Saluti

        -MV

  12. lavocedelloggione luglio 29, 2020 a 12:20 PM #

    Più chiaro di cosi! Purtroppo avevo capito cosa voleva dire Riccardo con ‘si va a sbattere’. Gli sono davvero grata per aver chiarito così bene la situazione che io amaramente avevo sintetizzato in modo molto meno socio-politico-economico col dire che ormai l’umanità (almeno nel cosiddetto mondo occidentale) ha molta più paura di morire che voglia di vivere. All’inseguimento del rischio zero perderemo tutto ciò che di bello – anche se superfluo – la nostra civiltà aveva prodotto. Per questo io vedo con piacere persino i tanto vituperati giovani delle movide che dimostrano di non avere paura, peccato che ce ne siano ben pochi che hanno a cuore i teatri lirici.

    • Gianni agosto 1, 2020 a 12:05 PM #

      mariotti prossimo direttore musicale!

  13. marco vizzardelli agosto 2, 2020 a 9:53 am #

    Trionfo di Aida a Napoli
    Cosa aspettano alla Scala, che Michele Mariotti abbia 60 anni?
    Sveglia, via Filodrammatici!!!!

    marco vizzardelli

    • fraaaa agosto 3, 2020 a 12:53 PM #

      Aspettano che ne abbia almeno 70, magari fossero 60!! E invece ci terremo le due mummie.

  14. marco vizzardelli agosto 4, 2020 a 9:01 am #

    SALONEN AD HELSINKI DIRIGE “CO-VID FAN TUTTE”

    Mentre i nostri massimi cimiteri autocelebrativi programmano le loro Aide (non parlo di Napoli, che ha fatto bene) e Traviate, una lezione di ironia geniale, fantasia produttiva, e desiderio di esorcizzare i fantasmi, ci viene dal sommo Esa-Pekka Salonen e dall’Opera di Helsinki, il tutto è previsto a fine agosto. Questo l’annuncio dal sito del teatro finlandese, sul quale potete trovare tutti i dettagli.

    “Autumn season at the opera opens with Covid fan tutte, starring leading Finnish soloists
    The first opera in the autumn repertoire will be Covid fan tutte, featuring soprano Karita Mattila and conductor Esa-Pekka Salonen. The new libretto to the score of Mozart’s Così fan tutte will be written by Minna Lindgren.

    The premiere of Covid fan tutte will take place at the end of August. Directed by Jussi Nikkilä, the opera will be sung by Finland’s most prominent soloists, including Karita Mattila, Miina-Liisa Värelä, Tommi Hakala, Johanna Rusanen, Tuomas Katajala, and Waltteri Torikka. Minna Lindgren will write a topical libretto to the score of Mozart’s Così fan tutte, combining elements of political satire and reality shows”.

    Ecco la differenza fra teatro vivo e mausoleo.

    marco vizzardelli

  15. Massimiliano Vono agosto 4, 2020 a 9:58 am #

    Salonen è il Sommo. Tutti i teatri d’Italia sono “teche per mummie”. Questa è un’idea teatrale di ora, adesso. Non la riproposizione del solito repertorio. La differenza tra un teatro vivo ed uno morto.
    Dove è un’idea del genere in Italia?
    Saluti

    -MV

  16. der rote Falke agosto 5, 2020 a 8:46 am #

    del resto noi siamo una nazione che pensa di essere à la page solo perché chiama alla testa delle nostre fondazioni liriche degli stranieri, senza nemmeno accorgersi che i lissner, i pereira, i meyer eccetera che ammorbano la penisola sono gli scarti degli altri teatri europei…

  17. marco vizzardelli agosto 5, 2020 a 2:27 PM #

    Lissner non ha “ammorbato” la Scala, né mi sembra stia ammorbando Napoli…

    marco vizzardelli

    • der rote Falke agosto 5, 2020 a 3:53 PM #

      marco, la pensavo come te, l’ho sempre pensata come te, sono affezionatissimo ad alcuni spettacoli indimenticabili del suo periodo scaligero.
      ma.
      ma se adesso mi guardo indietro con una prospettiva storica, non posso non ammettere che la rottura del 2 maggio 2005, con la cacciata dell’ultima dirigenza italiana, ha rotto qualcosa che ancora non si è rimarginato. e di cui paghiamo ancora oggi le conseguenze, che nel tempo si sono aggravate – su questo non sono cieco -. ma la “rottura” con la storia scaligera, la discontinuità che oggi piangiamo soprattutto rispetto alla grande tradizione che vedeva nel direttore musicale la persona che buttava il cuore oltre l’ostacolo, è iniziata lì. ne sono sempre più convinto.

      p.s. 1: per napoli: iniziare con una aida diretta da mariotti è un colpo straordinario, mi rendo conto. e sarò il primo ad andare al nuovo otello con mariotti, kaufmann, agresta e tezier, finalmente scenico. certo è che l’addio da parigi è stato traumatico, e nessuno in francia lo rimpiange. spacciarlo per un guadagno per l’Italia mi pare un po’ propagandistico.

      p.s. 2: accomunare lissner, pereira e meyer come “scarti” non significa certo metterli sullo stesso livello tra loro, ben inteso.

      • Massimiliano Vono agosto 5, 2020 a 5:14 PM #

        Se Lissner fosse rimasto e avesse aggiustato un po’ di “francese snobismo” sul repertorio italiano (Fogliani e Montanaro gridano ancora “vendetta”) La Scala sarebbe un gran teatro. O ci dimentichiamo gli Chereau, i Tcherniakov, i Carsen e/o i Salonen (Janacek, Strauss, i concerti!!!), il “Ring” di Barenboim (il prossimo tra cinquant’anni quando saremo morti?), i Pappano. No, Lissner non è affatto uno scarto. Lo riprenderei al volo, con meno sussiego verso il repertorio italiano.
        Saluti

        -MV

  18. marco vizzardelli agosto 6, 2020 a 8:20 am #

    Concordo con Vono. Fatto salvo quel po’ di snobismo, Lissner è stato l’ultimo nel tempo ad avere della Scala una concezione “artistica”, poi si è passati, e si è, ad una concezione “turistica”, condita da gerontofilia e banalizzazioni varie e dallo sbandieramento retorico del “tempio”, il tutto avvilente per chi in questa città vive. Concezione turistica che, presa in totale contropiede dal covid, richiederebbe un salto in avanti, “artistico” e di fantasia, estro, intraprendenza, che appare lontanissimo dalla mentalità di tutta l’attuale dirigenza

    marco vizzardelli

  19. Riccardo F. agosto 10, 2020 a 9:13 am #

    Che noia, questi giornalisti di regime.
    Uno va su un quotidiano milanese autorevole per leggere il resoconto dell'”Elektra” salisburghese.
    E l’ultimo capoverso arriva il pippone che spiega che la Scala queste cose non le può fare per la differenza di leggi tra Austria e Italia.
    A parte che il contenuto in sé, espresso così, è falso.
    Ma poi: davvero serve ogni giorno cercare di coprire quel che tutti hanno capito, e che cioè la Scala non riparte (a lavorare) e non ripartirà (a essere capitale musicale) perché ha una dirigenza totalmente inadatta a questi tempi nuovi?
    Quel giornalista vuol farmi credere che se a Milano ci fossero la Rabl-Stadler e Hinterhäuser, la Scala non sarebbe in prima fila a proporre nuovi protocolli e a fare attività operistica?
    Caro consiglio di amministrazione scaligero, interrompi il rapporto con Chailly, e vedrai che potenza si scatena se a guidare la Scala è qualcuno di carismatico, credibile, autorevole.

  20. der rote Falke agosto 11, 2020 a 6:17 PM #

    colpaccio a roma!!!
    dovendo cambiare alcuni titoli di opera daniele gatti insieme a graham vick propone l’incompiuta zaide di mozart coi testi integrativi di italo calvino!!!
    che bomba!!!
    acquisto subito!!!

    https://www.operaroma.it/spettacoli/zaide/

  21. Mario agosto 25, 2020 a 1:13 PM #

    Arrivata oggi una comica mail dal Teatro alla Scala che mi comunica che – essendo tra coloro che aveva acquistato biglietti per il periodo in cui il teatro chiuse – ho il privilegio della prelazione sulla cosiddetta stagione autunnale.
    Ma chi è quel pazzo che reinveste i soldi spesi per un “Pelléas et Mélisande” scenico diretto da Daniele Gatti in una opera in forma di concerto diretta da Riccardo Chailly???
    Sarebbe come accettare una gitarella in giornata al Monte Stella come risarcimento per un mese di vacanza al Monte Bianco annullata!
    Per ora mi tengo stretti i miei voucher, sperando che la stagione prossima riservi qualcosa di decente, anche se ci spero poco.

  22. Philoctetes agosto 27, 2020 a 11:34 am #

    Avevo rinunciato al rimborso per Pollini, inizialmente spostato all’11 settembre. Poi il nuovo rinvio, e io mi sono tenuto i biglietti, tramutati in voucher. Mi viene comunicato che ho diritto alla prelazione, riservata esclusivamente ai titolari dei biglietti di febbraio per Pollini, che partirà alle 12 di oggi 27 agosto, ma che sarà diversa da quella cui hanno diritto tutti gli altri titolari di voucher.
    Sono le 13.30 e nella mia pagina personale della biglietteria ancora non compare il concerto di Pollini; è possibile che nel 2020 il teatro alla scala non abbia un sito decente?
    Ovviamente al servizio info telefonico un gentile disco invita ad attendere e dopo 15 minuti cade la linea. Sono già al quarto tentativo di chiamata.
    Tutto questo è vergognoso.

  23. lavocedelloggione agosto 27, 2020 a 1:07 PM #

    Anch’io non ho ricevuto nulla!!! Attilia

    • Philoctetes agosto 27, 2020 a 8:42 PM #

      Io ho ricevuto tutte le info via mail, in modo molto preciso: la comunicazione che avrei avuto diritto alla prelazione, poi le modalità con il link diretto per l’accesso “riservato” e poi il codice voucher per il pagamento.
      Il link su cui clicco è effettivamente corretto (nell’indirizzo url compare “prelazione recital pollini”); peccato che poi il recital non risulti in calendario…

  24. giugiu agosto 27, 2020 a 5:16 PM #

    Per il requiem come si fanno ad avere biglietti?

  25. Philoctetes agosto 28, 2020 a 9:08 am #

    Mi scuso se do l’impressione di monopolizzare la discussione con la cronaca dei miei tentativi, ma la frustrazione è tanta e almeno posso sfogarla.
    Fino a stamattina alle 10 il concerto di Pollini risultava ancora non in calendario (per fortuna sto lavorando da pc e ogni tanto aggiorno la pagina per vedere se ci sono novità…).
    Intorno alle 10.30 è comparso in calendario, con biglietti tutti esauriti. Poi nei minuti successivi sono comparsi i posti nei palchi, qualcuno in platea e pochissimi in galleria (tutti sul lato destro, il peggiore per un concerto di pianoforte).
    La prossima volta ci risparmino la pantomima della prelazione, se deve trasformarsi in umiliazione per il pubblico fedele che ha rinunciato al rimborso nella speranza di poter assistere al concerto di Pollini.
    @giugiu, credo che il vero Requiem lo stia rappresentando il Teatro, a se stesso…

    • Lilli e la Vagabonda agosto 28, 2020 a 10:50 PM #

      artisticamente nulla di emozionante…
      organizzativamente un disastro continuo…
      cii stiamo molto disamorando della nostra Scala…

  26. der rote Falke settembre 3, 2020 a 1:43 am #

    surreale la mini-conferenza con cui ieri meyer e chailly hanno fatto il punto sulla ripresa delle attività scaligere, col direttore musicale intento a spiegare come sia difficile ottenere un suono collettivo coeso causa distanziamenti e blablabla.
    maestro chailly, è dal 1 giugno (concerto diretto da gatti al quirinale) che in italia si è ripreso a suonare, c’è addirittura chi ha fatto opera in forma scenica, e lei tre mesi dopo non trova di meglio che bofonchiare tre banalità su difficoltà che tutti i suoi colleghi hanno già ampiamente affrontato e risolto???

    • Riccardo F. settembre 3, 2020 a 8:52 am #

      Quoto al 100%. Ormai è un mix tra spocchia e pateticità.
      Se l’orchestra non se ne libera al più presto, essa sarà storicamente corresponsabile di una tragedia. Perché poi quando l’automobile sbatte contro il muro si rompe. E quando è rotta non va più. E per ripararla occorre tempo. Troppo.

  27. Oronte settembre 3, 2020 a 8:32 am #

    Mi potete spiegare come fa un povero cristo che vuole venire da solo alla Scala a comprare un biglietto di galleria o loggione ? Nel sito non mi pare che sia permesso.
    I single sono ammessi solo in platea laterale.
    Mi pare un’assurdità

    • Riccardo F. settembre 3, 2020 a 8:47 am #

      Stamattina sito in tilt e pieno di errori (presunti biglietti a zero euro, loggione incliccabile, eccetera eccetera). Quel 2% di voglia che avevo di tornare alla Scala (Mahler 3 con Mehta) mi è passato. Vadano in mona.

  28. lavocedelloggione settembre 3, 2020 a 5:31 PM #

    Ho chiesto lumi a “La Scala risponde” (che da un po’ di tempo, rendiamo onore al merito, risponde davvero e in fretta) sugli ingressi e mi è stata “confermata la possibilità di acquistare i biglietti “ingressi” che saranno messi in vendita il giorno stesso di ogni spettacolo, con compilazione della lista a partire dalle ore 13.00 tramite l’Associazione L’Accordo, e vendita presso la Biglietteria dalle ore 18.00″.
    Non mi è stato detto quanti saranno gli ingressi disponibili, vedo di chiarire anche questo.
    Attilia

    • ORONTE settembre 3, 2020 a 5:42 PM #

      Per la vendita dei biglietti di galleria e loggione solo a coppie ti hanno detto qualcosa?

      • lavocedelloggione settembre 3, 2020 a 6:10 PM #

        No, ma domani vado in biglietteria, anche perchè io avevo il voucher Pollini ma non avevo ricevuto il link per la prelazione. So che chi è andato in biglietteria è riuscito a prendersi biglietti singoli. Temo però che ora di domani non ce ne siano più. Vedo se posso prendertene uno. A

  29. ORONTE settembre 3, 2020 a 7:32 PM #

    Grazie mille Attilia ma non vokevo un biglietto.
    Pollini essendo esaurito alla Scala ho dirottato su Firenze.
    Volevo solo sapere come mai non è possibile acquistare si internet biglietti singoli.
    Comunque sei sempre gentilissima.

  30. marco vizzardelli settembre 8, 2020 a 4:35 PM #

    Guardo i programmi, le proposte, i prezzi, le modalità,,, e mi rendo conto, all’improvviso che, se la Scala è così come è ora, proprio non mi manca. Non sono interessato. Non penso sia un buon segno ma così è.

    marco vizzardelli

  31. Riccardo F. settembre 11, 2020 a 12:28 PM #

    Spesso, qui e altrove, sorge l’obiezione: “Vi lamentate sempre della Filarmonica della Scala, non vi va mai bene niente. Ma in fondo cosa vorreste?”.
    Ecco: cliccate qui sotto sul link, guardate nomi e programmi, e avrete la risposta di cosa vorremmo.

    http://osn.rai.it/calendario/

    • der rote Falke settembre 11, 2020 a 2:30 PM #

      ti quoto al 100%.

      e aggiungo che tutto ciò è al costo unitario di 25 euro a concerto, per cui biglietto più viaggio in treno da milano costano comunque meno che le attuali fetecchiate di via filodrammatici.

      personalmente sarò a torino giovedì prossimo e conto di assistere poi a tutti i concerti seguenti, se non dal vivo quantomeno attraverso lo streaming gratuito su raicultura.it.

  32. marco vizzardelli settembre 13, 2020 a 7:16 am #

    Esatto, Riccardo. Questo è il punto.

    marco vizzardelli

  33. Alberto Maria Vistari settembre 14, 2020 a 6:41 PM #

    Spettabile m^ Riccardo Chailly,
    Le scrive un melomane milanese che è rimasto allibito dal modo con cui Lei si sta esprimendo in questi giorni. Utilizzare parole come “finalmente” o “positività” o “ripartenza” per una fondazione lirica – la più celebre e finanziata d’Italia – che mentre tutti riiniziavano a Milano (La Verdi, Pomeriggi) e fuori (Maggio Fiorentino, Opera di Roma, Orchestra Rai, Ravenna, Pesaro, Valle d’Itria, eccetera) è stata zitta, muta, inerte, senza dare alcun (dicesi alcun) input significativo e simbolico in una città sgomenta, ebbene è vergognoso. La Scala è totalmente assente nel panorama operistico attuale, farà due stitici titoli in forma di concerto, forse tra due mesi proporrà un’opera vera, piazza alcuni concerti random, si affida a direttori vetusti incapaci di trascinare con sé le masse artistiche.
    Sarebbe stato più dignitoso stare zitti, e al limite riflettere sul livello provincialissimo ormai raggiunto dal Piermarini.
    Nessuno La segue, maestro, in questo finto e ipocrita entusiasmo.
    Milano è tremebonda, e la Scala nulla contribuisce a che questa situazione venga lenita.
    Maestro, mi creda, le manca totalmente il carisma per condurre la Scala nel mondo nuovo pandemico e speriamo presto post-pandemico.
    La prego di considerare di dimettersi quanto prima dalla direzione musicale, nella speranza che sindaco e cda comunque non le permettano assolutamente di prolungare il suo mandato oltre l’attuale scadenza del 31 dicembre 2021.
    Oggi si richiede la presenza e l’apporto di grandi musicisti, grandi direttori, grandi uomini.
    Lei, maestro Chailly, ha avuto la sua occasione, l’ha sprecata miseramente. Dia almeno il contributo di porre fine a questa agonia. Non si illuda che i falsi cortigiani politici e giornalistici le dicano la verità – nemmeno tutti: vedasi Elvio Giudici oggi su Il Giorno –, essi sono funzionali al potere anchilosato di una élite cittadina che sta soccombendo.
    Le auguro un ottimo futuro, lontano dal Teatro alla Scala.
    Distinti saluti.

    Alberto Maria Vistari

  34. marco vizzardelli settembre 17, 2020 a 8:39 am #

    MICHELE MARIOTTI, BEETHOVEN 6 e 7, BOLZANO
    ——————————————————————–
    Con un format adattato ai tempi ed alle circostanze ma ben centrato, l’Orchestra Haydn esegue le nove sinfonie al Teatro Comunale di Bolzano, una per volta ad orario-aperitivo. Per la Pastorale e la Settima arriva sul podio della compagine bolzanina Michele Mariotti (che ha da anni stabilito una forte empatia con questa orchestra) e l’esito è poeticamente altissimo. Mariotti legge la Sesta come una poesia in quattro strofe (questo è, in realtà), rifugge da ogni “descrittivismo” portando tutto, giustamente, sul piano del puro spirito e, individuando in questo “paesaggio dell’anima” una serie infinita di particolari strumentali che creano una sorta di “struttura poetica” (meravigliose, nel movimento iniziale, le strisce di suono luminoso e lirico sottostanti quel doppio crescendo orchestrale che è un momento magico della Pastorale: il ritmo ed il canto in una pittura dell’anima). Il direttore pesarese (e lo si vedrà ancor meglio nella Settima) segue una pista esecutiva differente da quelle pur meravigliose esecuzioni “sui metronomi beethoveniani” (dallo storico Claudio Abbado di Roma e Vienna, a Paavo Jarvi, all’attuale, eccellente Riccardo Chailly di Quinta e Nona alla Scala), per recuperare il rubato e l’uso dei respiri e dei silenzi come strumenti di poesia in musica. La sua Pastorale è raccolta, nel suono bello tratto dalla motivatissima orchestra, e vissuta come una memoria di stati dell’anima: ne risulta commoventissimo, in particolare, il canto di ringraziamento conclusivo, chepar quello d’un’anima che, appunto, ringrazi per lo scampato pericolo. Forse semplicistico leggerci un nesso con la situazione di vita attuale, di fatto quando, dopo una stupenda pausa silenziosa di chiusura (condivisa dalla platea), Mariotti si gira verso il pubblico, alla fine, è in lacrime, e noi con lui: condivisione dei cuori.
    E’ un tema che torna nella memorabile, “attonita” lettura dell’allegretto della Settima, la Sinfonia in la maggiore che Mariotti indivdua come un poema “di danza” (ma è sempre danza dell’anima) diviso in due parti, i primi due movimenti collegati anche ritmicamente e senza pausa, fra loro, idem lo scherzo ed il finale. Il suono è “grande”, la scansione (vedasi introduzione movimento iniziale) maestosa (anche qui siamo distanti dalla esecuzioni “metronomiche”, alla fine un po’ tutte simili fra loro). Accennavamo ai momenti magici di Beethoven : nella Settima lo è, indubbiamente, la “nascita” del tema del primo movimenti, e Mariotti, con quella tenerezza poetica che è una sua cifra interpretativa e personale, chiede al flauto di “trasformare” gli echi di suono che chiamano quel tema, in danza, sì che il tema pare “sorgere”, o venire al mondo come un bambino, ed è sublime! Come si diceva, la ritmica conclusiva del movimento iniziale “sfocia” direttamente in quella dell’allegretto, nascono l’uno dall’altro (dell’allegretto è incredibile, all’inzio, la seconda enunciazione del tema, in un surreale “pianissimo”). Il secondo movimento si chiude in una pausa attonita, come un trasalimento. E allora può avere inizio l’altra parte del poema, Mariotti non cade nell’errore (di molti) di velocizzare troppo lo scherzo rischiando di annacquare il finale, la pulsione ritmica è tutta “in progress”. Nello scherzo e nel trio viene individuato come elemento ritmico portante lo “sforzando” ( il trio nasce proprio così dallo “sforzando” e dalle dissonanze – sottolineatissime dal direttore – che portano al plenum sonoro. Il finale ha un “affondo” di accenti fortissimi e, allo stesso tempo il dosaggio del ritmo è accuratissimo, sicchè l’esplosione conclusiva arriva con un parossismo da levare il fiato (nonostante una perdonabile incertezza dei corni, fin qui perfetti). Ma anche qui, non si tratta di puro ritmo fisico, ma di ritmo dell’anima.
    E’, in entrambe le sinfonie, un Beethoven alternativo a quella linea esecutiva di cui parlavamo ma coerentissimo e poeticamente avvincente (tanto più che è così proposto da un ancor giovane direttore), salutato nelle due serate da lunghi applausi e dall’evidente affetto dell’orchestra Haydn per il Maestro Mariotti.

    marco vizzardelli

    • Riccardo F. settembre 17, 2020 a 9:16 am #

      Ecco un nome sul quale punterei in prospettiva per la Scala. Musicista vero, generoso, dall’istinto operistico sbalorditivo. Gentile e aperto coi giovani. Carismatico.

      • der rote Falke settembre 17, 2020 a 4:52 PM #

        e perché mai un direttore talentuoso e promettente dovrebbe impelagarsi in un teatro che oggi è sinonimo di provincialismo, markettamento e muffa?
        quale direttore vorrebbe oggi lavorare con una orchestra così boriosa e al contempo pigra e corporativa, tra l’altro peggiore di santa cecilia, opera di roma, rai di torino e maggio fiorentino?

        non vedete che alla scala non compaiono più i direttori veramente interessanti? chiunque possa far ombra a capitan fracassa viene ignorato. spazio solo agli ultrasettantenni e ultraottantenni.

        vergogna totale.

  35. Massimiliano Vono settembre 17, 2020 a 6:58 PM #

    La Nona di Beethoven alla Scala è stata la conferma di un Chailly in grande forma. Il suo approccio al sinfonista tedesco è già noto dall’integrale con il Gewandhaus, rispetto alla quale questa Nona si staglia per una maggiore luminosità e, addirittura, scorrevolezza, laddove l’esecuzione in disco era anche più pacata. Vi era uno stringatissimo impeto innervato e luminescente che nel terzo tempo si è fatto anche commovente per il suo respiro anelante in una pulsazione nervosa ma tradotta in canto.
    Le note del programma di sala hanno avvertito ripetutamente di ascoltare la “Nona” con un orecchio rivolto alla coeva “Missa Solemnis”. A noi è sembrata una “Nona” che nell’inesausto trepidante confronto con l’eterno avesse l’orizzonte della grazia della Sesta.
    L’orchestra e il coro, nella vertiginosa loro disposizione sul palcoscenico, sono stati impeccabili, ma per una compiuta perfezione avremmo voluto l’esposizione del Primo Tempo ripetuta e una migliore comprensione per un cambiamento di tempo di Chailly che a partire dalla sezione del quarto movimento “Allegro energico e sempre ben marcato” ha reso fino alla conclusione la scansione ritmica sensibilmente più lenta e cadenzata rispetto a tutto il discorso musicale precedente.
    Saluti

    -MV

  36. marco vizzardelli settembre 17, 2020 a 11:13 PM #

    In questo periodo per lavoro e per mia volontà non sono a Milano. La Quinta by Chailly era stata una lettura di enorme rilievo. Da quanto leggo sopra, immagino una Nona pure “efficace” (qualche autorevole firma l’ha definita effettivamente tale, senza essere “oltre”) pur alle prese con una situazione acustica artificiosa dettata dalle ben note ragioni di sicurezza. Qualcuno mi descrive questa apparecchiatura acustica?

    marco vizzardelli.

    • Massimiliano Vono settembre 18, 2020 a 7:43 am #

      È sostanzialmente tutto il palcoscenico scaligero aperto fino in fondo (ossia al massimo della profondità) Il tutto circondato dalle paratie di legno come avviene nella norma dei concerti sinfonici, solo che queste sono molto più lunghe. In fondo, dietro le percussioni c’è una paratia di legno a chiudere. Dicono che anche in alto sopra l’orchestra sia chiuso, ma dalla sala non si vede. In pratica è il palcoscenico come nell’ultima Sesta di Mahler con Abbado, ma qui è chiuso dalle paratie di legno.
      Sull’efficacia sonora abbiamo grande dettaglio, volume più ridotto (paragonabile come effetto alle prime file del Dal Verme) e penalizzazione del coro il quale è disposto lateralmente , come due ali convergenti verso il fondo, e la cui proiezione non avvenendo frontalmente, ma obliqua rispetto alla sala, perde di intensità.
      Ciao

  37. der rote Falke settembre 18, 2020 a 9:31 am #

    OT

    DANIELE GATTI INAUGURA LA STAGIONE RAI
    ________________________________________

    “solare” aveva promesso gatti sarebbe stato questo beethoven, quarta e settima. solare per festeggiare il ritorno del pubblico all’auditorio toscanini (un posto sì, due no; quattro o cinque file tolte per allungare il palcoscenico; a una prima impressione direi che il suono spara molto, per cui si richiede ancor più precisione malgrado la distanza tra gli orchestrali). solare perché si è contenti di suonare.
    solare è stato.
    una quarta per la quale la parola che molti citavano in sala era serenità. con un primo tempo che parte a una velocità più spinta rispetto a quanto è tradizione sentire, un secondo tempo dove si respira pace, fiati davvero notevoli e timpanista impeccabile, un terzo tempo che vola via e in cui finalmente il carattere di scherzo si traduce in un volume sonoro adeguato (la raffinatezza del trio è uno di quei frangenti in cui si percepisce la superiorità di gatti rispetto agli altri direttori del suo calibro), un ultimo tempo implacabile come una danza, in cui l’orchestra mostra una paletta dinamica eccellente: pp diverso da p diverso da mp diverso da mf.
    il gatti camaleontico degli ultimi anni si mostra al meglio nella settima. chi ricordasse lo sprint e la joie de vivre due anni fa con la mahler chamber, resetti la sua memoria. gatti coglie lo specifico dell’orchestra rai e reinventa una settima dove sin dall’inizio si gustano vere e proprie oasi di canto. nessuna ansia, nessuna asfissia, nessuna pressione. al millimetro, poi, l’accelerazione impresa all’ultimo movimento, dove gatti preme sull’acceleratore sino a un punto che sembrerebbe di rottura – chi c’era si ricorderà lo stesso mirabile effetto negli ultimi minuti della seconda di brahms con lafil al conservatorio di milano – e non lo è mai. l’orchestra rai si scatena in maniera egregia (i corni!!!).
    applausi scroscianti, e anche molti bravo e bravi malgrado le mascherine e l’invito a non urlare il proprio entusiasmo causa covid. ma tant’è, al cuore non si comanda.
    l’orchestra rai visibilmente ama gatti (lo applaudono continuamente al termine del concerto e battono i piedi con entusiasmo). gatti visibilmente ama l’orchestra rai. e noi amiamo la musica quando è eseguita e vissuta così.

  38. marco vizzardelli settembre 18, 2020 a 9:17 PM #

    Consiglierei di dare un occhio alla prossima stagione della migliore orchestra sinfonica italiana – Santa Cecilia – uno straordinario di coraggio di questi tempi e l’espressione di cosa abbia da essere una stagione sinfonica, laddove a Milano dalle parti di via Filodrammatici gabellano per stagioni concerti sparsi qua e là con programmi cristallizzati da anni nel repertorio e continuano a ingannare il pubblico, anche economicamente. Penso di abbonarmi a Santa Cecilia, non un euro mio andrà all’attuale Scala e Filarmonica, come ho già detto. finché non si cambiano indirizzo. e programmazione.

    marco vizzardelli

    • Der settembre 18, 2020 a 9:26 PM #

      onestamente una stagione da fare invidia. bravissimi.

  39. Massimiliano Vono settembre 19, 2020 a 10:11 am #

    Traviata è stata una bella sorpresa, non scontata nell’approccio e realizzata magnificamente grazie alla massima capacità di Zubin Mehta di coagulare intorno alla sua bacchetta le caratteristiche vocali dei tre protagonisti fornendo un’interpretazione di rilievo che si fa ricordare.
    Il direttore indiano è arrivato ad una fase, somma, della sua carriera di artista e, segnatamente, di musicista, in cui riesce a riempire di significato il discorso musicale utilizzando mezzi minimi: subitanei rallentandi, improvvisi silenzi, allargamenti di frasi, minimi scarti agogici che da soli rivelano una diversa luce psicologica. Sono gli stessi tratti direttoriali che raggiungono i sommi, che furono, ad esempio, quelli dell’ultimo Giulini, dell’ultimo Gavazzeni (quella “Bohème” ultima con Freni e Alagna, quella “Rondine” di Puccini!), dell’ultimo Klemperer (il ciclo “live” di Beethoven con Philharmonia del 1970).
    E non è neppure vero, come si è letto o si dice come luogo comune, che i tempi scelti siano lenti o che le sonorità estatiche o i fraseggi intimisti e malinconici. Anzi! Se è vero che la prima festa si snoda su un tempo cadenzato, ma non molle, è pure vero che i due preludi del primo, ma soprattutto del terzo atto, sono affrontati con una scansione sensibilmente più rapida del consueto. E anche qui vengono in mente i “grandi direttori” del passato prossimo e remoto dove il tempo tende a diventare più “comodo” nei movimenti più rapidi e, viceversa, più veloce in quelli più lenti. Il preludio al terzo atto, in particolare, viene condotto da Mehta come una lieve danza spettrale, una “danse macabre” dove il profumo (non la puzza, il profumo!) della morte volteggia nell’immaginaria camera di Violetta.
    In definitiva la chiave su cui Mehta snoda questa “Traviata” è il cinismo, il meccanismo di indifferenza, sfruttamento ed egoismo che i due protagonisti maschili perpetuano nei confronti di Violetta fino a soffocarla, la cui morte diventa quindi una liberazione. Sul piano sonoro questo si traduce nella creazione di “feste” (al primo e al secondo atto) nelle quali vita e gioia sono bandite, ma esiste solo un meccanismo di fredde convenienze che già circondano una Violetta ancora inconsapevole di ciò che le accade intorno e che, come un gioco di specchi, già portano al loro interno le straniate sonorità della terza festa, il “Baccanale” fuori scena del terzo atto, i cui glissati dei due tromboni, clarinetti e ottavini “al trionfo del bue grasso” (formidabili e accentuatissimi da Mehta) già contengono lo sberleffo del clown della morte. Sì che anche la “gioia” inneggiata da Violetta alla fine del Primo Atto diventa solo un mero artificio: come la gioia provata da un’ebbrezza alcolica o chimica, falsa. Il mondo della danza, concepito da Verdi per strutturare l’atmosfera, è il meccanismo attraverso cui Mehta imprigiona progressivamente la protagonista.
    Va da sè che i massimi momenti questa “Traviata” li riserva in tutta la prima parte del II atto, dove la cattiveria, l’egoismo, il ricatto morale, di uno splendido Leo Nucci (splendido nel senso artistico del termine più pieno: pur con una vocalità rastremata ciò che esprime è completamente compiuto) sono organizzate da Mehta con il tutt’uno della sua visione imponendo così il centro di gravitazione verso cui si addensa tutto: la sperduta solitudine di Violetta, la malvagità di Germont e l’inconsistenza fatua di Alfredo che “dove lo metti sta”; e naturalmente in tutto il Terzo Atto dove realmente l’occhio di Medusa si spalanca al “tutta forza” di corni, trombe, tromboni e cimbasso con quel SOL subito dopo le parole di Violetta: “digli che vivere ancor vogl’io”. E dopo quel suono terrificante, la pausa e lo sgomento che segue: “Ma se tornando non m’hai salvato a niuno in terra salvarmi è dato”. E’ da quel momento di massima consapevolezza, di massima tensione, di massima realizzazione che Violetta inizia a morire, nella progressiva, commoventissima catarsi escogitata da Mehta che conduce Violetta nel mondo della bontà degli angeli a cui appartiene, lasciando il vuoto dei falsi sentimenti a recriminare dietro di sè.
    Il cast, coagulato attorno alla bacchetta, è perfetto. Rebeka fuoriclasse vocale, precisa e perfetta, il morbido Alfredo di Atalla Ayan, seduttivo e fatuo come il suo timbro e l’arida, violenta, cattiva vocalità di Nucci, emanazione della vuotezza borghese che annienta Violetta.
    Coro magnifico e orchestra impeccabile.
    Due parole sulla cassa acustica: i volumi sonori ci sono, Mehta lo ha abbondantemente dimostrato. Prova, quindi, che una certa asciuttezza timbrica, a volte scabra, nella Nona, derivava dalla scelta interpretativa di Chailly.
    Saluti a tutti

    -MV

  40. fraaaa settembre 24, 2020 a 7:45 am #

    e del Met chiuso fino a settembre 2021 cosa ne pensa Marco Vizzardelli?

  41. ortensia69 ottobre 6, 2020 a 11:47 am #

    Oggi davanti alla Scala parte una raccolta firme con la seguente lettera in allegato.

    Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo Dario Franceschini
    E per conoscenza
    – al Sindaco di Milano Giuseppe Sala
    – all’Ufficio Stampa del Teatro alla Scala
    – al Corriere della Sera

    Diceva Claudio Abbado: “La cultura rende ricco un Paese, anche economicamente. Non è vero che in Germania o in Austria si fa di più per la cultura perché sono più ricchi, è vero il contrario, sono più ricchi perché si fa di più per la cultura”.
    Si potrebbe aprire un lungo dibattito su questa affermazione, ma è certo che non sempre la cultura – e direi anche chi lavora nella cultura e per la cultura – è in cima ai pensieri di chi governa. Purtroppo.

    Abbiamo in questi mesi estivi potuto godere di una relativa tregua dall’epidemia di Sars-CoV-2. Alcuni l’hanno vissuta senza preoccuparsi troppo di prepararsi all’autunno, altri invece sono stati encomiabili nel mettere a punto, sia alla riapertura sia nelle settimane successive, e ancora adesso, con continuità, misure grazie alle quali è stato possibile conciliare una ripresa delle attività con una estrema cura e considerazione del rischio epidemico.
    Tra questi ultimi certamente sono da annoverare tutti coloro che gestiscono sale da concerto e teatri. A Milano, città che ha visto duemila e trecento morti e un pesante blocco delle attività, con un coraggio unito a prudenza veramente esemplari, si sono tenuti festival (su tutti quello di Milano Arte Musica e MITO), concerti, ha riaperto la Scala, da sempre un simbolo anche di rinascita. In piena sicurezza.
    Abbiamo visto organizzatori attentissimi, musicisti attentissimi, pubblico attentissimo, mascherine alzate, distanziamenti rispettati, tutte le precauzioni possibili messe in atto.

    Ed ora? Porre a duecento il limite massimo di presenze di pubblico, a prescindere dalle caratteristiche delle sale, significa condannare teatri come la Scala e molte sale da concerto a chiudere. Senza motivo.

    Non solo: significa punire chi ha dimostrato la massima prudenza, indicando così ai cittadini la strada della sfiducia nell’impegno e nel rispetto delle regole e mettendo ingiustamente in ginocchio un settore già molto colpito e tanto rappresentativo della cultura di questo Paese.

    Chiediamo di riflettere sul senso, sul fine e sul messaggio che tutto ciò comporta e di ritornare senz’altro su questa decisione.

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