03 febbraio 2020
Milano, Teatro alla Scala
Direttore Ottavio Dantone
Christoph Willibald Gluck
Danze delle Furie
Danze degli Spiriti Beati
da “Orfeo e Euridice”
Franz Joseph Haydn
Sinfonia n. 104 in re magg. London
Franz Schubert
Sinfonia n. 4 in do min. D 417 Tragica
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4 Febbraio 2020
Serata a favore della Fondazione Francesca Rava N.P.H. Italia Onlus
Orchestra dell’Accademia Teatro alla Scala
Direttore Lorenzo Viotti
Pianoforte Andrea Lucchesini
PROGRAMMA
Johannes Brahms
Concerto n. 1 in re min. op. 15
per pianoforte e orchestra
Dmitrij Šostakovič
Sinfonia n. 5 in re min. op. 47
LORENZO VIOTTI- ORCHESTRA DELL’ACCADEMIA DEL TEATRO ALLA SCALA
A metà mese, Lorenzo Viotti concluderà le repliche di Giulietta e Romeo di Gounod, una direzione unanimemente apprezzata. Le doti d’eccellenza del ventinovenne direttore hanno trovato conferma alla guida dell’Orchestra dell’Accademia del Teatro alla Scala in una lettura scintillante della Quinta Sinfonia di Sostakovic, che personalmente annovero fra le migliori da me ascoltate, nella vita, di questo lavoro. Lunedì sera, il concerto dei ragazzi scaligeri ha avuto luogo a favore della benemerita Fondazione Rava, splendidamente dedita a situazioni d’infanzia difficile. L’orchestra dell’Accademia è, ovviamente, una formazione in continuo divenire, in rapporto alla crescita ed immissione di nuove generazioni di esecutori. Mi si dice che l’attuale “nidiata” sia particolarmente vivace e reattiva. Nei fatti, l’attuale assetto (ma anche quello di passate generazioni di giovani “accademici”) è quello di una tipica orchestra italiana: ottimi archi, legni e percussioni, qualche problema nel settore ottoni (non so offrire ricette ma, nella formazione dei nostri strumentisti, bisognerà trovare una soluzione a questa “menda”,se vogliamo, storica).
Al netto di qualche incertezza in tale settore (compensata da “momenti” bellissimi degli ottoni stessi), l’esecuzione della Quinta è stata magnifica, nella risposta scattante ed entusiasta ad un Viotti allo stesso tempo galvanizzato e galvanizzante – presentatosi in tenuta elegante-giovanile con scarpe fuori ordinanza, ma bellissime! – che ha impresso la sua cifra interpretativa fatta, in particolar modo, di quella ricca paletta di colori e di sfumature già notata come sua precipua caratteristica anche in Gounod. C’è in Viotti un “senso” del suono, della tinta, delle sfumature e delle dinamiche e uno straodinario dosaggio dei “climax” (ciò che rende musicalmente e teatralmente formidabili, in Romeo e Giulietta in replica in questi giorni, le scene di duello e morte di Mercuzio e Tebaldo). La sinfonia si avviava in un magnifico “azzurrino” nel tema inziale degli archi, deflagrava con strardinaria brillantezza di suono nello sviluppo del movimento iniziale, proseguiva scattante e piena di estri e mobilissima nei cambi di tempo nell’allegretto. Poi Viotti, con i ragazzi, trovava una drammaticissima tinta scura ed una tensione fortissima nel largo, era letteralmente travolgente nell’accelerazione a rompicollo dopo la poderosa introduzione della percussione all’allegro non troppo e infine, vera perla e coronamento del tutto, direttore ed orchestra riuscivano ad essere allo stesso tempo luminosissimi ma “aspri”, ironici nel “finto trionfo” che chiude la sinfonia, ancora con gli impressionanti colpi di timpano. Hanno colpito, da un lato la forte cifra di personalità espressa da Viotti, dall’altro il bellissimo rapporto con i ragazzi del direttore, sorridente, anche visibilmente divertito e appassionato, e “sollecitante” a farli esprimere al loro massimo, con il giusto fare di chi sa infondere fiducia, da giovane in mezzo ai giovani, ma da maestro talentuosissimo e, davvero, galvanizzante. Li ha entusiasmati e si è fatto entusiasmare, visibilmente. E ha entusiasmato anche noi.
Meno significativa mi è parsa, nella prima parte, la lettura-esecuzione del Concerto nr 1 in re minore per pianoforte ed orchestra di Johannes Brahms, solista il glorioso Andrea Lucchesini. Lodevole aver evitato la consueta esecuzione monumental-brutal-scorbutica di questo lavoro a favore, in particolare da parte di Viotti, di una ricerca di trasparenza di suono, ma l’impressione è stata che solista e direttore avessero idee e “mondi sonori” non pienamente coincidenti. E che, forse, il tutto, fosse un filo meno rifinito, rispetto alla sinfonia.
Ma Sostakovic è stato magnifico e accolto da un giustissimo trionfone di pubblico al Maestro ed ai ragazzi dell’orchestra. A metà febbraio, come detto, saluteremo Lorenzo Viotti con il chiaro augurio di riaverlo preso, e di frequente – Amsterdam e molto altro permettendo – sul podio scaligero. Nella mia personale, inveterata passione per i direttori di giovane generazione “in progress”, è di sicuro entrato nel novero di quelli che seguirò con tutta l’attenzione.
marco vizzardelli
A metà mese, Lorenzo Viotti concluderà le repliche di Giulietta e Romeo di Gounod, una direzione unanimemente apprezzata. Le doti d’eccellenza del ventinovenne direttore hanno trovato conferma alla guida dell’Orchestra dell’Accademia del Teatro alla Scala in una lettura scintillante della Quinta Sinfonia di Sostakovic, che personalmente annovero fra le migliori da me ascoltate, nella vita, di questo lavoro. Lunedì sera, il concerto dei ragazzi scaligeri ha avuto luogo a favore della benemerita Fondazione Rava, splendidamente dedita a situazioni d’infanzia difficile. L’orchestra dell’Accademia è, ovviamente, una formazione in continuo divenire, in rapporto alla crescita ed immissione di nuove generazioni di esecutori. Mi si dice che l’attuale “nidiata” sia particolarmente vivace e reattiva. Nei fatti, l’attuale assetto (ma anche quello di passate generazioni di giovani “accademici”) è quello di una tipica orchestra italiana: ottimi archi, legni e percussioni, qualche problema nel settore ottoni (non so offrire ricette ma, nella formazione dei nostri strumentisti, bisognerà trovare una soluzione a questa “menda”,se vogliamo, storica).
Al netto di qualche incertezza in tale settore (compensata da “momenti” bellissimi degli ottoni stessi), l’esecuzione della Quinta è stata magnifica, nella risposta scattante ed entusiasta ad un Viotti allo stesso tempo galvanizzato e galvanizzante – presentatosi in tenuta elegante-giovanile con scarpe fuori ordinanza, ma bellissime! – che ha impresso la sua cifra interpretativa fatta, in particolar modo, di quella ricca paletta di colori e di sfumature già notata come sua precipua caratteristica anche in Gounod. C’è in Viotti un “senso” del suono, della tinta, delle sfumature e delle dinamiche e uno straodinario dosaggio dei “climax” (ciò che rende musicalmente e teatralmente formidabili, in Romeo e Giulietta in replica in questi giorni, le scene di duello e morte di Mercuzio e Tebaldo). La sinfonia si avviava in un magnifico “azzurrino” nel tema inziale degli archi, deflagrava con strardinaria brillantezza di suono nello sviluppo del movimento iniziale, proseguiva scattante e piena di estri e mobilissima nei cambi di tempo nell’allegretto. Poi Viotti, con i ragazzi, trovava una drammaticissima tinta scura ed una tensione fortissima nel largo, era letteralmente travolgente nell’accelerazione a rompicollo dopo la poderosa introduzione della percussione all’allegro non troppo e infine, vera perla e coronamento del tutto, direttore ed orchestra riuscivano ad essere allo stesso tempo luminosissimi ma “aspri”, ironici nel “finto trionfo” che chiude la sinfonia, ancora con gli impressionanti colpi di timpano. Hanno colpito, da un lato la forte cifra di personalità espressa da Viotti, dall’altro il bellissimo rapporto con i ragazzi del direttore, sorridente, anche visibilmente divertito e appassionato, e “sollecitante” a farli esprimere al loro massimo, con il giusto fare di chi sa infondere fiducia, da giovane in mezzo ai giovani, ma da maestro talentuosissimo e, davvero, galvanizzante. Li ha entusiasmati e si è fatto entusiasmare, visibilmente. E ha entusiasmato anche noi.
Meno significativa mi è parsa, nella prima parte, la lettura-esecuzione del Concerto nr 1 in re minore per pianoforte ed orchestra di Johannes Brahms, solista il glorioso Andrea Lucchesini. Lodevole aver evitato la consueta esecuzione monumental-brutal-scorbutica di questo lavoro a favore, in particolare da parte di Viotti, di una ricerca di trasparenza di suono, ma l’impressione è stata che solista e direttore avessero idee e “mondi sonori” non pienamente coincidenti. E che, forse, il tutto, fosse un filo meno rifinito, rispetto alla sinfonia.
Ma Sostakovic è stato magnifico e accolto da un giustissimo trionfone di pubblico al Maestro ed ai ragazzi dell’orchestra. A metà febbraio, come detto, saluteremo Lorenzo Viotti con il chiaro augurio di riaverlo presto, e di frequente – Amsterdam e molto altro permettendo – sul podio scaligero. Nella mia personale, inveterata passione per i direttori di giovane generazione “in progress”, è di sicuro entrato nel novero di quelli che seguirò con tutta l’attenzione.
marco vizzardelli