Ariadne auf Naxos

23 Apr

Dal 23 Aprile al 22 Giugno 2019
Richard Strauss
Durata spettacolo: 2 ore e 25 minuti incluso intervallo

Orchestra del Teatro alla Scala

Nuova produzione Teatro alla Scala

Direttore Franz Welser-Möst
Regia Frederic Wake-Walker
Scene e costumi Jamie Vartan
Luci Marco Filibeck
Video Sylwester Łuczak e Ula Milanowska

 

 

 

 

 

 

CAST
Der Haushofmeister Alexander Pereira
Ein Musiklehrer Markus Werba
Der Komponist Daniela Sindram
Der Tenor / Bacchus Michael Koenig
Ein Offizier Riccardo Della Sciucca*
Ein Tanzmeister Joshua Whitener
Ein Perückenmacher Ramiro Maturana*
Ein Lakai Hwan An*
Zerbinetta
Sabine Devieilhe (23, 26, 28, 30 apr.; 2, 5 mag.)

Daniela Fally (19, 22 giu.)

Ariadne
Krassimira Stoyanova (23, 26, 28, 30 apr.; 2, 5 mag.)

Tamara Wilson (19, 22 giu.)

Harlekin
Thomas Tatzl (23, 26, 28, 30 apr.; 2, 5 mag.)

Gabriel Bermúdez (19, 22 giu.)

Scaramuccio Kresimir Spicer
Truffaldin Tobias Kehrer
Brighella Pavel Kolgatin
Najade Christina Gansch
Dryade Anna-Doris Capitelli*
Echo Regula Mühlemann
*Allievi dell’Accademia Teatro alla Scala

L’OPERA IN POCHE RIGHE

Il passo più ardito e riuscito della coppia Richard Strauss – Hugo von Hofmannstahl nel campo dell’esplorazione metateatrale torna con la sua tavolozza di divertimento, dottrina compositiva e schietta commozione in una nuova regia di Frederic Wake-Walker, giovane talento britannico che della varietà dei linguaggi teatrali ha fatto una cifra distintiva. Prosegue così, sotto la sicura guida musicale di uno straussiano di riferimento come Franz Welser-Möst, un cammino straussiano che dopo Der Rosenkavalier diretto da Zubin Mehta ed Elektra diretta da Christoph von Dohnányi proseguirà nel 2019 con Die ägyptische Helena e nelle prossime stagioni con Salome. Nella parte del Soprano/Ariadne si alternano Krassimira Stoyanova, ormai amatissima dal pubblico milanese, e Tamara Wilson, artista di casa al Metropolitan che ha debuttato con i complessi scaligeri nel recente Requiem verdiano diretto da Riccardo Chailly. Zerbinetta è il soprano di coloratura più ricercato del nostro tempo, Sabine Devieilhe, mentre Michael Koenig è Tenore/Bacchus e Markus Werba Musiklehrer. Nella parte parlata dell’Haushofmeister debutta sul palcoscenico scaligero il Sovrintendente Alexander Pereira.

8 Risposte a “Ariadne auf Naxos”

  1. marco vizzardelli aprile 24, 2019 a 9:41 am #

    Dopo il validissimo Attila di Livermore e cast vocale, la stratosferica direzione di Gergiev in Kovantschina e una modesta Manon Lescaut, la Scala torna a volare alto con Arianna a Nasso. Naturalmente, a fronte dell’attuale produzione occorre non lasciarsi andare a nostalgici confronti. Non ascolterete, qui, il rovello intellettuale di Giuseppe Sinopoli dal podio, che era straordinario anche se, nel ritratto tormantato di un’epoca trascorsa, il lato comico (che c’è) rischiava di andar perso. Franz Welser Moest non è, lo sappiamo, direttore dal quale attendersi vertigini dell”anima. Ma (come si era ascoltato quando diresse la Sinfonia Domestica, qui alla Scala, e in altre direzioni straussiane, vedi la splendida Salome di Salisburgo) conosce ed ama Richard Strauss, lo esegue “professoralmente”: di Arianna, gli è forse più congeniale il lirismo astratto dell’atto unico piuttosto che il “comique” del prologo, nel quale (ma crediamo che il tutto migliorerà alle repliche) gli scappa qualche sonorità di peso eccessivo. Ma è, nel complesso, una direzione a suo modo magistrale, non sconvolge ma appaga, è probabilmente la sua migliore, in opera, alla Scala. Dei 35 esecutori, archi e legni lavorano alla grande, qualche “sforata” degli ottoni (reduci peraltro dalle pesantezze ululanti dell’infelice Manon Lescaut) potrà trovare correzione alle repliche.
    Non ascolterete i grandissimi soprano che, nel passato, si sono misurati nel ruolo di Arianna, ma una fuoriclasse assoluta di oggi: il lirismo doloroso dello strumento, la linea di canto, il meraviglioso uso del vibrato a scopo lirico e di fraseggio, delineano la strepitosa Arianna-Primadonna di Krassimira Stoyanova. E’ un piacere fisico e dello spirito abbandonarsi al suo canto.
    Non ascolterete la prodigiosa Zerbinetta bambolina trascendentale della Gruberova, che diede vita ad uno dei trionfi storici della Scala. Nè il virtusosismo languido di Nataleie Dessay. Ma ascoltate una Zerbinetta moderna, attendibilissima nel canto e nella recitazione da soubrette voluti dalla regia, la voce di uno scricciolo dal virtuosismo naturalissimo: Sabine Devieilhe. E ascoltate un magnifico Maestro di Musica e uno splendido Compositore: Markus Werba è fenomenale, stupisce ogni volta per la crescita continua di uno strumento musicale in natura non enorme ma coltivato continuamente negli anni, e recita da Padreterno (anche se, ma lui non lo sa e non è una colpa, si va accentuando la somiglianza fisica e di gesto con… Alberto Angela nei documentari tv). E Daniela Sindram è intensa e assolutamente attendibile. Bene Naiade, Driade ed Echo. Giusta anche la voce aspra di Michael Koenig-Bacco, che crea un felice contrasto con il canto della Stoyanova nel meraviglioso duetto “wagneriano” di fine opera. Dulcis in fundo, il Maggiordomo di Alexander Pereira, che scopriamo magnifico attore “dicitore” (la sua dizione viennese, chiarissima, è un godimento), semmai, a pensarci, fin troppo “simpatico” (Pereira è di natura una persona simpaticissima!) in un ruolo che non sarebbe esattamente tale.
    L’allestimento-regia di Frederic Wake-Walker è divisivo: è stato sia osannato che “buato” dal pubblico della prima, e abbiamo sentito pareri di ordine opposto. Io sono fra i favorevoli. Ho trovato ben risolto lo scarto tematico fra la “comedie” del Prologo e l’astratto lirismo dell’Atto. Il gusto di Wake-Walker (già se n’erano viste prove alla Scala) è molto anglosassone anche nelle scelte e nell’uso dei colori (nelle mie frequentazioni ippiche, vi posso assicurare che le signore inglesi e la Regina stessa, a Royal Ascot, vestono esattamente quelle tinte, quei rossi quei rosa quegli azzurri). Ma io ho trovato che sia l’ambientazione fra circo e poi musical, sia le tinte dei costumi, sia l’uso “scenico” di luci e proiezioni rendano un buon servizio (tutto si può discutere, ripeto) a musica e testo di Strauss e Hofmannsthal. Musica e testo che, anche nella “disciplinata” condotta del professor Welser-Moest, si ascoltano, loro sì, con un senso di continua vertigine della bellezza.
    Al di là della parte di buuu (ma ripeto: frammezzati ad ovazioni) riservati agli artefici della parte scenica, la prima ha avuto un successone convinto e prolungato. Questa Arianna “merita” la visita.

    marco vizzardelli

  2. marco vizzardelli aprile 24, 2019 a 9:47 am #

    sesta riga “tormentato” anziché “tormantato”. Stavolta non sto a trascrivere, ci sarà qualche altro refuso, chiedo scusa.

    m.viz

  3. marco vizzardelli aprile 24, 2019 a 9:54 am #

    Invece sì, ritrascrivo. Il nome della immensa Dessay era diventato uno sgorbio e correggo

    …………………………….
    Dopo il validissimo Attila di Livermore e cast vocale, la stratosferica direzione di Gergiev in Kovantschina e una modesta Manon Lescaut, la Scala torna a volare alto con Arianna a Nasso. Naturalmente, a fronte dell’attuale produzione occorre non lasciarsi andare a nostalgici confronti. Non ascolterete, qui, il rovello intellettuale di Giuseppe Sinopoli dal podio, che era straordinario anche se, nel ritratto tormentato di un’epoca trascorsa, il lato comico (che c’è) rischiava di andar perso. Franz Welser Moest non è, lo sappiamo, direttore dal quale attendersi vertigini dell”anima. Ma (come si era ascoltato quando diresse la Sinfonia Domestica, qui alla Scala, e in altre direzioni straussiane, vedi la splendida Salome di Salisburgo) conosce ed ama Richard Strauss, lo esegue “professoralmente”: di Arianna, gli è forse più congeniale il lirismo astratto dell’atto unico piuttosto che il “comique” del prologo, nel quale (ma crediamo che il tutto migliorerà alle repliche) gli scappa qualche sonorità di peso eccessivo. Ma è, nel complesso, una direzione a suo modo magistrale, non sconvolge ma appaga, è probabilmente la sua migliore, in opera, alla Scala. Dei 35 esecutori, archi e legni lavorano alla grande, qualche “sforata” degli ottoni (reduci peraltro dalle pesantezze ululanti dell’infelice Manon Lescaut) potrà trovare correzione alle repliche.
    Non ascolterete i grandissimi soprano che, nel passato, si sono misurati nel ruolo di Arianna, ma una fuoriclasse assoluta di oggi: il lirismo doloroso dello strumento, la linea di canto, il meraviglioso uso del vibrato a scopo lirico e di fraseggio, delineano la strepitosa Arianna-Primadonna di Krassimira Stoyanova. E’ un piacere fisico e dello spirito abbandonarsi al suo canto.
    Non ascolterete la prodigiosa Zerbinetta bambolina trascendentale della Gruberova, che diede vita ad uno dei trionfi storici della Scala. Nè il virtusosismo languido di Natalie Dessay. Ma ascoltate una Zerbinetta moderna, attendibilissima nel canto e nella recitazione da soubrette voluti dalla regia, la voce di uno scricciolo dal virtuosismo naturalissimo: Sabine Devieilhe. E ascoltate un magnifico Maestro di Musica e uno splendido Compositore: Markus Werba è fenomenale, stupisce ogni volta per la crescita continua di uno strumento musicale in natura non enorme ma coltivato continuamente negli anni, e recita da Padreterno (anche se, ma lui non lo sa e non è una colpa, si va accentuando la somiglianza fisica e di gesto con… Alberto Angela nei documentari tv). E Daniela Sindram è intensa e assolutamente attendibile. Bene Naiade, Driade ed Echo. Giusta anche la voce aspra di Michael Koenig-Bacco, che crea un felice contrasto con il canto della Stoyanova nel meraviglioso duetto “wagneriano” di fine opera. Dulcis in fundo, il Maggiordomo di Alexander Pereira, che scopriamo magnifico attore “dicitore” (la sua dizione viennese, chiarissima, è un godimento), semmai, a pensarci, fin troppo “simpatico” (Pereira è di natura una persona simpaticissima!) in un ruolo che non sarebbe esattamente tale.
    L’allestimento-regia di Frederic Wake-Walker è divisivo: è stato sia osannato che “buato” dal pubblico della prima, e abbiamo sentito pareri di ordine opposto. Io sono fra i favorevoli. Ho trovato ben risolto lo scarto tematico fra la “comedie” del Prologo e l’astratto lirismo dell’Atto. Il gusto di Wake-Walker (già se n’erano viste prove alla Scala) è molto anglosassone anche nelle scelte e nell’uso dei colori (nelle mie frequentazioni ippiche, vi posso assicurare che le signore inglesi e la Regina stessa, a Royal Ascot, vestono esattamente quelle tinte, quei rossi quei rosa quegli azzurri). Ma io ho trovato che sia l’ambientazione fra circo e poi musical, sia le tinte dei costumi, sia l’uso “scenico” di luci e proiezioni rendano un buon servizio (tutto si può discutere, ripeto) a musica e testo di Strauss e Hofmannsthal. Musica e testo che, anche nella “disciplinata” condotta del professor Welser-Moest, si ascoltano, loro sì, con un senso di continua vertigine della bellezza.
    Al di là della parte di buuu (ma ripeto: frammezzati ad ovazioni) riservati agli artefici della parte scenica, la prima ha avuto un successone convinto e prolungato. Questa Arianna, “merita” la visita.

    marco vizzardelli

  4. marco vizzardelli aprile 25, 2019 a 7:42 am #

    LORENZO VIOTTI NUOVO DIRETTORE STABILE ALL’OPERA DI AMSTERDAM

    Eccolo lì! Venti giorni dopo esser stato fatto passare per incapace dai supponenti Signorotti della Filarmonica della Scala, Lorenzo Viotti viene eletto, a 28 anni, nuovo Direttore Musicale dell’Opera di Amsterdam, succedendo a Marc Albrecht. Meno prosopopea, Milano e Scala! Leggere le motivazioni. Viotti è bravissimo!

    https://www.broadwayworld.com/netherlan … a-20190424

    marco vizzardelli

  5. marco vizzardelli aprile 25, 2019 a 7:50 am #

    Questo il comunicato dell’Opera Nazionale d’Olanda.
    Complimenti a Viotti. (m.viz.)

    ———————————————————————————————-

    The Netherlands Philharmonic Orchestra and Dutch National Opera have appointed a new Chief Conductor: Lorenzo Viotti. The 29-year-old conductor with Swiss and French dual nationality will take over in the 2021-2022 season. ‘He is an inspirational conductor, who has shown himself more than worthy of the most prominent concert podia and opera houses’, says Rob Streevelaar, managing director of the Netherlands Philharmonic Orchestra. ‘His deep understanding, passion and commitment for the stage coupled with his respect and love for the singers, provides a powerful combination of drama and music’, adds Sophie de Lint, director of Dutch National Opera. Lorenzo Viotti will take over the baton from Marc Albrecht, who is stepping down at the end of next season.

    Lorenzo Viotti made his debut with the Netherlands Philharmonic Orchestra in 2018, when he conducted Stravinsky’s Petrushka in The Concertgebouw Amsterdam. He has also made his name as an opera conductor, and is currently conducting Bizet’s Carmen at the Paris Opera. He has won several major conducting competitions, the highlight being the Nestlé Young Conductors Award at Salzburg Festival in 2015. In 2017, he was proclaimed ‘newcomer of the year’ at the International Opera Awards.

    Choosing the Netherlands Philharmonic Orchestra and Dutch National Opera
    Viotti has conducted some of the most renowned orchestras of our time, including the Royal Concertgebouw Orchestra Amsterdam, the BBC Philharmonic in Manchester, Royal Liverpool Philharmonic, Leipzig Gewandhaus Orchestra, Munich Philharmonic Orchestra, Staatskapelle Dresden, Vienna Symphonic Orchestra, Gustav Mahler Youth Orchestra, Royal Philharmonic Orchestra in London, Staatskapelle Berlin, the ORF Vienna Radio Symphony Orchestra and the Filarmonica della Scala. At the moment Lorenzo Viotti is Principal Conductor of the Gulbenkian Orchestra in Lisbon.

    Rob Streevelaar, managing director of the Netherlands Philharmonic Orchestra: ‘In view of his huge international success, we realise just how privileged we are that Lorenzo has chosen the Netherlands Philharmonic Orchestra and Dutch National Opera for the next step in his conducting career. Appointing this fantastic young conductor feels like a gift to the orchestra and is a musical promise to all concerned.’

    Talented opera conductor
    Viotti has recently conducted Rigoletto (Staatsoper Stuttgart and Semperoper Dresden), Werther (Oper Frankfurt and Opernhaus Zürich), Tosca (Oper Frankfurt and New National Theatre Tokyo), Carmen (Staatsoper Hamburg and Opéra National de Paris). Among his future projects, we should mention Manon Lescaut (Oper Frankfurt), Carmen (Metropolitan Opera), Madama Butterfly (Semperoper Dresden), La Bohème and Faust (Opéra National de Paris), Roméo et Juliette and Thaïs (Teatro alla Scala). At the Dutch National Opera, he will open the season with Verdi and Puccini before delving into masterpieces from the Romantic German repertoire and many others.

    Sophie de Lint, director of Dutch National Opera: ‘When I first saw Lorenzo Viotti conduct a symphonic concert I was immediately impressed by the special connection and chemistry he shared with the musicians, allowing for unique music-making. Later, when I witnessed Lorenzo working on Werther at the Zurich Opera, it became crystal clear to me that he would be the ideal musical partner for Dutch National Opera. I look forward to collaborating with this exceptionally gifted maestro and to accompanying him throughout his new artistic journey at DNO.’

    Musical family
    Lorenzo Viotti comes from a musical family. He studied piano, voice and percussion in Lyon before, like his father Marcello Viotti, finally deciding to focus on conducting. He took lessons in orchestral conducting from Georg Mark in Vienna and Nicolás Pasquet in Weimar. He is regularly invited to conduct some of the orchestras that his father once conducted, including the Netherlands Philharmonic Orchestra, where his father stood on the rostrum in 1996 and 1999. According to most members of the orchestra, Lorenzo is very different from his father in all ways but one: ‘They both sing along during rehearsals.’

    Double role
    Since it was formed in 1985, the Netherlands Philharmonic Orchestra|Netherlands Chamber Orchestra has been the resident orchestra of the Dutch National Opera, with principal conductor Hartmut Haenchen acting as first principal conductor in this special double role. Lorenzo Viotti succeeds Marc Albrecht, who is leaving the Netherlands Philharmonic Orchestra and Dutch National Opera in the 2019-2020 season after a spell of ten years.

  6. lavocedelloggione aprile 29, 2019 a 3:53 PM #

    Ho assistito alla seconda di Ariadne venerdì scorso e devo dire che sono vicina all’opinione di Foletto (Repubblica di ieri, domenica 28 aprile), ma anche più severa sulla regia che ha rovinato totalmente secondo me la poesia raffinatissima del secondo atto, dove si dovrebbe cogliere l’ironia sottile di Zerbinetta ma anche il suo rammarico per non avere, come Arianna, un grande amore, seppur perduto, su cui piangere. Si vede sì la solitudine di Arianna ma è una solitudine claustrofobica con quelle punte acuminate e tutto lo sfondo blu, tagliato ad angoli retti, come un cubo-prigione. L’isola deserta di cui parla il libretto è una concezione più delicata, che se vogliamo, prelude al lieto fine dell’arrivo di Bacco che la libera dalla solitudine e dalla malinconia portandole un nuovo amore, ovvero una rinascita. Tutto questo non si coglie con questa regia, in cui manca totalmente la magia (e scusate la rima). E per fortuna che Ariadne-Stoyanova è così presente come personaggio e nel canto, da correggere in buona parte la desolante regia.
    Zerbinetta corretta ma troppo meccanica, lontana secondo me da altre interpreti più partecipi e incisive (Gruberova, Dessay).
    A suo agio e molto divertente il maggiordomo del sovrintendente. Bene e anche molto bene la direzione d’orchestra.
    Saluti a tutti Attilia
    P.S. condivido anche l’osservazione di Carla Moreni sul domenicale del Sole che parla di platea (alla prima) riempita con promozioni a 50 euro a poltrona, per la gioia di chi l’ha pagata in anticipo più di 5 volte tanto. Una storia che si ripete, al di là che sia un bene che venga riempita; bisognerebbe rivedere la politica dei prezzi.

  7. marco vizzardelli Maggio 3, 2019 a 8:56 am #

    Ieri sera replica eccellente, tutto il cast in formissima, Welser Moest ha affinato il suono del prologo che ora risulta ben equiibrato. Il direttore ci dà uno Strauss elegante, qualsi Liberty, perfettamente coerente, anche venato (vedi il bellissimo quartetto maschile seguente il rondò di Zerbinetta) da una, sempre elegante appunto, punta di umorismo, che non avremmo detto nelle corde di questo direttore. Invece sì, come appropriatissima è la calibratura del risvolto lirico-astratto di tutta la parte conclusiva. Ieri sera, al Turno D trionfonne vero per tutti, con punte per le due protagoniste femminili e per Welser-Moest, e simpatia evidente per Pereira-Maggiordomo. Il pubblico sta gradendo questa bella Arianna e, secondo me, ha ampiamente ragione.

    marco vizzardelli

  8. Massimiliano Vono Maggio 4, 2019 a 11:06 am #

    Giunti, credo, nella quarta opera della serie “in abbonamento” Alla Scala, finalmente, non abbiamo più visto in scena gli apparati lasciati da Livemore dopo l’Attila, sui quali hanno “campato” Martone (benino) e David Pountney (oscenamente). Non abbiamo i soliti “futuri distopici”, i soliti “cavalcavia”, i soliti “ponteggi” integri e poi frantumati e, soprattutto, le solite proiezioni metereologiche. Ma abbiamo, soprattutto, una regia: Wake-Walker fa muovere i personaggi, li fa interagire fra loro, compie, si può dire, quello che oggigiorno è un miracolo: fa recitare. i cantanti. Il tutto in un contesto scenografico magari semplice, privo di colpi d’ala, ma rispettoso del contesto: parte prima un atrio con i carrozzoni di una compagnia di scena, parte seconda una rappresentazione semplice e domestica in un ambiente dall’uniforme colorazione ricettiva (blu) e piuttosto claustrofobico, palese estrinsecazione esteriore dello stato d’animo di Arianna. Wake Walkers insomma non sorprende con colpi di genio, ma compie un lavoro attento, di gusto, normale e godibile dove lo spettatore è guidato per mano nell’esplorazione del genio di Hoffmanstahl e Strauss. Sostanzialmente sono le basi di ciò che vorremmo da ogni regista d’opera.
    Anche la parte musicale è ottimamente riuscita. Welser-Moest, lungi dall’essere il nostro direttore preferito, è però di Richard Strauss un magnifico interprete. Già gli avevamo dato il dovuto grande riconoscimento per una bellissima Sinfonia Domestica con la Filarmonica, dove non ha sfigurato nel confronto con il celeberrimo Kirill Petrenko. Qui nell’Arianna compie un lavoro sulla partitura di quintessenzializzazione, non ricercando una dimensione sinfonica dove la scrittura è cameristica, ma, al contrario, accentuando la dimensione “piccola”, “domestica”, “colloquiale” della recita, dove un’attenzione speciale è riservata all’harmonium. Una “petite opera solennelle” dal fervore semplice e sincero, dove i timbri scintillano come piccole schegge luminose di fuochi d’artificio morenti. Molto buono anche il cast, con la Stoyanova dal timbro pieno e sontuoso che si confronta con le nervose, aguzze e baluginanti agilità di Sabine Deviehle nel ruolo di Zerbinetta. Solito gran charme vocale ed attoriale del Maestro di Musica Markus Werba ed un compositore efficace e intenso nel ruolo en travesti di Daniela Sindram. Le quattro maschere, saltellanti come nella prassi di qualsiasi messa in scena di quest’opera, sono state molto ben cantate con menzione speciale per l’Arlecchino di Thomas Tatzl.
    Resta Pereira, che del maggiordomo dà una visione, possibilissima, ricca di bonomia e venata di surrealtà, come quando distende le braccia in alto e guardando il cielo con il sorriso pronuncia la magica parola “Feuerwerk” che sono, per lui, come per tutti gli invitati, il vero momento-clou del ricevimento.
    Orchestra esattissima, ed anzi, attentissima nel seguire il direttore nella linea sottile e astratta della concertazione.
    Saluti

    -MV

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