Coro e Orchestra del Teatro alla Scala
Coro di Voci Bianche dell’Accademia Teatro alla Scala
Produzione Festival di Salisburgo
Durata spettacolo: 4 ore e 35 minuti inclusi intervalli
Direttore | Zubin Mehta |
Regia | Harry Kupfer |
Scene | Hans Schavernoch |
Costumi | Yan Tax |
Luci | Jürgen Hoffman |
Video | Thomas Reimer |
Die Feldmarschallin | Krassimira Stoyanova |
Der Baron Ochs auf Lerchenau | Günther Groissböck |
Octavian | Sophie Koch |
Faninal | Adrian Eröd |
Sophie | Christiane Karg |
Jungfer Marianne Leitmetzerin | Silvana Dussmann |
Valzacchi | Kresimir Spicer |
Annina | Janina Baechle |
Ein Polizeikommissar | Thomas E. Bauer |
Ein Notar | Dennis Wilgenhof |
Ein italienischer Sänger | Benjamin Bernheim |
Ein Wirt | Roman Sadnik |
Der Haushofmeister bei der Faninal | Michele Mauro |
L’opera in poche righe
Da Salisburgo giunge alla Scala quella che la stampa internazionale ha salutato come una delle migliori produzioni del Festival negli ultimi 10 anni. La firma per la regia un mostro sacro del teatro tedesco come Harry Kupfer mentre l’autorevolezza musicale è garantita dalla presenza sul podio di Zubin Mehta. Il barone Ochs sarà Günther Groissböck, un eccellente cantante capace di esprimersi in dialetto viennese come da tradizione e che in più ha l’età giusta: dal libretto di Hofmansstahl risulta infatti che Ochs sia solo poco più maturo della Marschallin, non l’anziano signore che abbiamo spesso visto in scena. Nei ruoli di Octavian e di Sophie cantano Sophie Koch e Christiane Karg, mentre l’interprete della Marshallin sarà Krassimira Stoyanova.
La serata è stata molto godibile. Allestimento molto acuto e anche esteticamente bello. Grandissimi la Karg, Groissböck era Stoyanova. Valida anche se usurata la Koch. Eröd bene, insieme a Sadnik, la Dussmann, Spicer. Un gradino più su la Baechle e Bernheim. Parti di fianco molto buone e coro valido. L’aspetto che rende la serata bella ma non memorabile è la direzione di Mehta, che unisce precisione impeccabile a poca profondità; tanti begli episodi calligraficamente sottolineati, ma nessuna visione complessiva personale. Orchestra mediamente buona (che visibilmente ama molto questo direttore), archi strepitosi, primo violino De Angelis al di sopra di ogni lode. Tanti applausi convinti e grati, standing ovation per Harry Kupfer.
d’accordo con Pippo.
Mehta non oltre una buona routine. più o meno la stessa direzione di qualche anno fa al Maggio, solo con un’orchestra (quella milanese) che nella sezione degli archi è molto migliore. condivido l’elogio a De Angelis.
grande cast.
immenso Kupfer.
Segnalo che oggi martedì a due ore e mezza dall’inizio il Vecchio Barnum mette in vendita posti di prima galleria a 120 CENTOVENTI euro, e di seconda a 95 NOVANTACINQUE e rotti, e la Scala per il Cavaliere di stasera ha 470 posti invenduti!
Basta!!! Se ne vada!
marco vizzardelli
È quello scollamento, quella mancanza di rapporto di fiducia tra pubblico e dirigenza che dovrebbe essere la forza della Scala.
Ma Pereira e Chailly non lo capiscono.
Lo capirà il nuovo Sindaco, mandandoli a casa al più presto?
Comunque… Rieccolo! Trascrivo da Corriere della Sera del 7 giugno
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“Nell’edizione in scena alla Scala, l’apertura di sipario rivela uno specchio e un grammofono, sullo sfondo la cupola di Santo Stefano”.
Enrico Girardi
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Come noto, la chiesa di Santo Stefano a Vienna ha un bel tetto colorato, un’agile guglia di stile gotico, ma nessuna cupola. Trattasi infatti, nello spettacolo in scena alla Scala, della, a sua volta notissima, cupola della Hofburg. Forse Enrico Girardi non è mai stato a Vienna. E questa entra nel conto di altre “perle”: Pretre uomo ALTO, la Veronica Simeoni SOPRANO, le ouvertures di Fidelio scambiate una per l’altra. Li pagano per questo?
marco vizzardelli
Un’agile campanile-guglia che i viennesi chiamano “Steffi”…..
marco vizzardelli
Vedi, Marco, per conoscere il Cavaliere della Rosa bisogna conoscere la musica, e per conoscere la musica bisogna conoscere Vienna.
Tutte cose che al supposto critico sono aliene.
Ormai certuni li si legge solo per scoprire quale nuova castroneria hanno scritto.
Di critica vera e costruttiva per il bene della Scala: zero. Solo inchini al regime e ricerca delle briciole che cadono dal tavolo dei potenti.
Finché dura.
Per apprezzare il Cavaliere della Rosa bisogna in primo luogo conoscere perfettamente la lingua tedesca. Altrimenti è un’opera che rimane chiusa a doppia mandata.
Marco Ninci
Esagerato!
U
Ho assistito ad una stupefacente messa in scena del Rosenkavalier: come regia la miglior edizione a cui abbia mai assistito.
Cast di altissimo livello: tutti quanti.
Orchestra della Scala in forma smagliante come da tempo non la sentivo.
Grandissima, superba, commovente la direzione di Metha (che Vienna dimostra di conoscerla non bene, ma benissimo) che ha avuto un grande e meritato trionfo personale; diversissima dal grande Kleiber (che ho sentito sia alla Scala che a Vienna e non dimenticherò mai) ma di pari livello; è uno Strauss con meno eccesso passionale, con meno ardore impulsivo; ma disincantato, melanconico, rarefatto concentrato sulla Marescialla (ma anche sul Barone) piuttosto che su Octavian; veramente stupefacente.
Andrò sicuramente a risentirlo perchè è un’edizione che andrebbe incisa e registrata !
Due appunti su questa stagione:
– Giovanna d’Arco: eccezionale musicalmente e scenicamente; operazione riuscita; spererei di risentirla presto;
– Rigoletto: non visto;
– Haendel: eccezionale musicalmente; buona la regia;
– Due Foscari: eccezionale musicalmente (Mariotti un gigante); buona la regia;
– Cena delle beffe: opera orrenda; buona la regia; un cadavere inutile da riesumare; musica oscena che tale rimarrà a vita anche se la dovesse dirigere un Kleiber risorto; soldi sprecati in un’operazione inutile; (se penso che inaugureranno il 2017 con Andrea Chenier con la Netrebko/Chailly/Martone, dico: CHE SPRECOOOO !!!);
– Fanciulla del West: pur odiando Puccini, musicalmente e messa in scena ad altissimi livelli;
– RosenKavalier: memorabile sia musicalmente che scenicamente;
– Simon Boccanegra: se Chung dirige come a Venezia andrò a sentirlo almeno 3 volte.
Direi oggettivamente non male sino ad oggi per un sovrintendente ed un direttore musicale che ogni giorno si vorrebbero cacciare…………..
Rimane il problema caro biglietti sollevato da Vono su cui condivido al 100% (ma che è problema di molti teatri europei, anche molto blasonati…)
Dimenticavo:
– Il dittico di Ravel: eccezionale sia musicalmente che come regia; sentito due volte; la seconda con i miei figli che hanno molto apprezzato
Perdona, Lorenzo, ma io le cose le vedo in maniera molto meno entusiastica di te.
Ti concedo l’entusiasmo per Giovanna d’Arco.
Ma Il trionfo del Tempo e del Disinganno, malgrado una grande regia, è stato musicalmente annichilito da un direttore lento e monocorde.
I due Foscari ha visto esplodere il talento assoluto di Mariotti – che io vedrei bene tra qualche anno come stabile in Scala -, ma il cast è stato assai discutibile, e la regia tremenda.
La cena delle beffe me la sono goduta, ma Rizzi e la Lewis hanno parzialmente affossato l’operazione.
La fanciulla del west è stata una delle realizzazioni più orrende cui abbia mai assistito. Un direttore ansiolitico e calligrafico, una regia imbarazzante, un cast in cui un protagonista su tre era adeguato e gli altri due da protestare, l’operazione culturale sulla versione andata a ramengo. Insomma: una bancarotta culturale e artistica.
Il dittico non l’ho visto.
Rosenkavalier molto bene, Kupfer geniale, cast stellare, ma direzione che non supera una serena medietà (il tuo paragone con Kleiber, da me ascoltato dal vivo a Monaco e a Milano, lo ritengo uno scherzo, altrimenti dovrei iniziare a sospettare qualche tuo disturbo percettivo).
Per concludere: la delusione per la coppia Chailly/Pereira è da me condivisa e del tutto giustificata e diffusa.
Essendo il Tristano un’opera per me basilare ogni anno vado a sentirla dove posso.
In questi anni ho sentito molte volte Barenboim (a Milano e Berlino), Metha (Napoli), Rattle (Berlino) e Gatti (Parigi).
Tutti bellissimi e molto diversi ma, se devo essere onesto, Rattle (con i Berliner) e Metha (con il San Carlo !!!) su altre stratosfere. Non vedo l’ora che K. Petrenko si butti su quest’opera perchè dei suoi Mastersinger recentemente sentiti a Monaco vibro ancora.
Gatti è un grandissimo ma in Wagner il suo massimo per me lo ha dato in Lohengrin che rimane una tappa miliare. Grandissimo in Mastersinger (su cui credo migliorerà ancora); molto dubbioso su Parsifal (Roma e Bayreuth) e anche su Tristano (che risentirò a Roma).
Ho ancora un ricordo vivissimo della stupefacente ed intima Aida scaligera di Metha dell’anno passato e aspetto ardentemente il suo Falstaff dell’anno prossimo.
Sarebbe bello sentire Rattle alla Scala appena si libera dai Berliner: è un gigante in certi autori.
Ciao Simona,
Il paragone non è per nulla uno scherzo. I due ‘Cavalieri’ di Kleiber e Metha sono diversissimi ma a mio avviso non su piani inferiori.
Comunque forse è vero che soffro di disturbi percettivi.
Questa sera ho sentito un imbarazzante Radu Lupu in Schumann che mi ha sconvolto di noia e di torpore. Sembrava suonasse un piano verticale con la sordina. Era da tempo che non lo sentivo. Era un pianista che mi ha emozionato non poche volte. Ho la sensazione che non stesse bene. Tutti i movimenti del concerto erano di un affaticato che mi hanno fatto star male.
Lo Schumann di Chailly algido, tecnico roboante, in molti momenti inutilmente veloce. Un pezzo in sè meraviglioso con uno dei movimenti lenti più belli dell’Ottocento che non mi ha minimamente coinvolto.
Ma forse perché ero stanco io e in pieno disturbo percettivo. ! 😊😊
Ecco: ho amato anch’io moltissimo questo Cavaliere. Andrei magari un filo adagio con i paragoni quanto alla direzione (e direi che, accanto a Kleiber, andrebbe sempre nominato e ricordato, quando si parla del Cavaliere della Rosa, un certo Karajan). Sicuramente Kupfer e Mehta hanno “disegnato” in scene e in musica, insieme, un meraviglioso omaggio a Vienna. La maniera con la quale Mehta “arrotola” i valzer è qualcosa che entra nel cuore. Non starei a discutere di grandezze (i due “K” nominati in quest’opera sono sempre in vetta), godo di questa magnifica edizione (proveniente da Salisburgo) e mi basta.
Non entro nella discussione-elenco di direttori, se non per confermare il mio supremo apprezzamento per Lohengrin di Gatti (son contento che porti alla Scala i Maestri di Zurigo, i suoi primi, che là, in teatro piccolo, erano travolgenti: qui l’acustica è differente).
Non son tanto d’accordo su Aida by Mehta, che trovai letargica.
Infine, Chailly. Giovanna d’Arco e Fanciulla sono stati due esiti apprezzabilissimi. Invece, fin qui, i “suoi” concerti sinfonici sono, in toto, fra i più brutti degli ultimi anni scaligeri, e mi chiedo perché. Domenica andrà in piazza Duomo con la Argerich, farà un programmone, va benissimo l’iniziativa in sé. Ma, fin qui, quanto agli esiti nel “sinfonico”, voliamo molto bassi…
marco vizzardelli
INTANTO A LA VERDI, GRAN PROGRAMMA
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L’immagine di Jader Bignamini che, girato verso celli e bassi de La Verdi disegna e dipinge con loro le ultime, scure e desolate battute della Patetica di Ciaikovskij è stata uno dei più bei “gesti musicali” da me visti – e ascoltati – nel periodo e ha lasciato il pubblico dell’Auditorium milanese (fin lì un po’ rumorosetto e irrequieto compreso l’immancabile applauso fuori posto alla fine del terzo movimento) in un lungo, “giusto” silenzio, prima dell’applauso liberatorio e alla fine ritmato (spontaneamente) a direttore e orchestra. La Patetica vuole un secondo ascolto (lo farò stasera) prima di scendere nei dettagli, posso anticipare che, a mio parere, Vladimir Delman, direttore e co-fondatore de La Verdi e supremo interprete di Ciaikovskij, avrebbe parecchio da elogiare nell’impostazione data da Bignamini ai lavori del russo. Lo si è notato fin alle prime note della stupenda Ouverture Romeo e Giulietta: atmosfera rarefatta, canto doloroso e sommesso. Poi , sì, l’esplosione, ma non plateale: violenta, ma sempre nel segno di fondo, di una bellezza di fraseggi e suono. Delman parlava di Ciaikovskij come del “Mozart russo”, espressione lontanissima dal boato “all’americana” e dai colori sgargianti di tanti (anche grandi) direttori di scuola Usa, al confronto con la musica del russo. Bignamini ha saputo conciliare dramma e tragedia, fortissimi, all’eleganza del disegno. Gran lavoro per le prime parti dell’orchestra (Ghiazza splendido clarinetto nella sinfonia, Elena Piva magnifica nell’Ouverture, Mologni ad hoc, gran risposta di legni e ottoni, e degli archi abbiam parlato all’inizio: voglio il secondo ascolto della Patetica perché convinto che l’esecuzione, già ricca di spunti, si “compatterà” ulteriormente in orchestra e si distenderà nel gesto direttoriale, come spesso accade ai ritmi di lavoro dell’orchestra milanese, la seconda sera).
Fra i due brani di Caikovskij, l’entusiasmante Concerto in do minore per piano, tromba e orchestra di Sostakovic, con la presenza (due volte in questo mese sarà a La Verdi) di una gran signora del pianoforte quale Angela Hewitt. L’artista canadese si è discostata dalle (straordinarie) letture delle colleghe Argerich e Zilberstein (quest’ultima forse la più travolgente, per virtuosismo) lasciando l’acrobazia strumentale come base e sfondo, per puntare ad una messa a fuoco degli scarti espressivi, d al dramma all’humour acre (e divertentissimo) che connotano il concerto. Di rande espressione la tromba di Alessandro Caruana. La Hewitt è poi stata grandiosa nel bis, il terzo movimento dalla Sonatina di Ravel, slancio e colori da favola.
marco vizzardelli
Caro Vizzardelli, hai perfettamente ragione a considerare l’altro K. Ma purtroppo io parlavo di opere ‘sentite’ dal vivo e io nel 56 l’edizione Karajan/Schwarzkopf (per me pietra miliare di quest’opera) non l’ho sentita. Né quella diretta alla Scala. Ma allora se ne potrebbero citare altre. Quella dell’1983 (mi sembra) da me sentita a Salisburgo con Karajan (anche regista) è stata un’edizione modesta non solo come regia e voci ma anche come interpretazione non è stata una delle migliori del grande K: la versione del Metha ottantenne scaligera di questi giorni non ha a mio avviso paragoni con quella del Karajan ottantenne che ho visto io.
Per chiudere: questa è a mio avviso un’edizione che va assolutamente vista e sentita (e risentita) e non si può perdere perché è di valore assoluto. E speriamo che a qualcuno venga in mente di farne un DVD.
sono andato alla prima, ormai qualche giorno fa
ero in loggione e tornerò per il mio turno
direi che complessivamente il tutto è piuttosto buono, stempererei un poco gli entusiasmi…
A mio giudizio una davvero ottima Stoyanova ha “risolto” la serata…
non sono un vociomane ma è stata davvero un piacere ascoltarla, al pari di quasi tutto il cast che “porta a casa” un’opera non certo facile
purtroppo il direttore anch’esso porta a casa la serata con un solido mestiere, ma niente più
per fare un paragone più vicino, decisamente mi ricordo migliore quella di Tate e non parlo degli immensi citati dal altri forumers, davvero non facciamo paragoni ridicoli! il sottoscritto c’era e ne ha un vivo ricordo (anche di Herbert)
il brutto suono dell’orchestra e svariati errori dei soliti ottoni hanno purtroppo completato quanto fatto in buca
buona parte delle scene non è visibile dal loggione e l’età mi impedisce di stare impettito come un soldatino qualche oretta….per cui non posso dire nulla
un caro saluto a Tutti
Riporto: “…più o meno la stessa direzione di qualche anno fa al Maggio, solo con un’orchestra (quella milanese) che nella sezione degli archi è molto migliore”.
Siamo proprio sicuri? Con tutto il rispetto per il suo giudizio, Simona… Avesse sentito gli archi a Firenze, giovedì scorso, dell’Orchestra del Maggio diretta da Mehta con la Damrau… Per non parlare di tutte le altre sezioni. Lo sa che le dico? Che sembrava di ascoltare di ascoltare i Wiener.
Sono andata a vedere il Rosenkavalier venerdì e mi sono goduta in pieno lo spettacolo con gli occhi e con le orecchie, un raro esempio di armonia fra voci, direzione (anche se non pari a quella di Kleiber) e regia. E poi ovviamente conta il genio di Strauss in quest’opera meravigliosa e unica, per l’atmosfera che crea fra leggerezza, decadenza, eleganza, senso indicibile di un mondo perduto; insomma mi fa perdere la testa!
Ma sono rimasta sconcertata durante il secondo intervallo nel notare nel foyer delle gallerie un cinese in calzoncini da spiaggia, infradito e con gli auricolari alle orecchie (si vede che l’opera lo annoiava e quindi ha pensato bene di portarsi da casa della musica più gradita), di cui non riesco ad allegare la foto qui insieme a questo commento (non vorrei metterla nel post sotto il cast e nemmeno fare un post apposta, ma ci penserò, se farlo o meno). Mi domando come si possa permettere a una persona di entrare a teatro in una simile tenuta. Ho scritto ai giornali e all’ufficio stampa della Scala, spero che qualcuno mi risponda in merito.
Buona domenica a tutti Attilia
L’apparenza inganna: Magari stava ascoltando l’edizione Erich Kleiber 1954 per confrontarla con quella di Mehta
la foto è stata pubblicata dal corriere, questo il link
http://milano.corriere.it/foto-gallery/cronaca/16_giugno_11/al-foyer-scala-come-spiaggia-turista-cinese-pantaloncini-infradito-b6bbc204-2fc3-11e6-99a1-699f8214af13.shtml
Trebbiatore, molto raffinata la tua ironia.Concordo con Attilia in merito agli abbigliamenti alquanto discutibili che si vedono spesso alla Scala,in qualche caso provocatori ,non so quanto consciamente. D’altra parte non mi risulta che con l’acquisto del biglietto venga raccomandato un particolare tipo di mise che,forse ,sarebbe invece ora di imporre…… che la Scala sia un po’ scaduta si nota ormai anche da certa fauna che la frequenta tipo..”venghino, venghino signori,più gente entra più bestie si vedono”. Che peccato!
sul retro del biglietto alcuni dettami ci sono, in italiano ed inglese, se ben ricordo
farle rispettare è un’altra cosa ed è strettamente correlato, almeno per quanto riguarda il loggione che frequento, alla volontà della direzione scaligera di fregarsene.
non c’è volta che purtroppo non mi devo sostituire al servizio …inesistente e davvero non lo faccio volentieri, di zittire, minacciare di chiamare “l’autorità” ecc ecc
al dittico raveliano c’era bambini spagnoli che scorazzavano ovunque, al Cavaliere una arteriosclerotica ha deciso di fare la telecronaca ai suoi due giovinetti accompagnati e non smetteva un attimo di parlare
forse sono sfortunato, ma il via vai è continuo, spettatori arrivano ben oltre l’inizio degli spettacoli accompagnati dalle maschere, discussioni con chi aveva preso il posto, e teatrini vari
insomma tutto meno che un posto ove ascoltare musica
le mie presenze sono e saranno sempre più rarefatte, anche per queste ragioni
ricordo anni fa a Berlino di aver visto, ero a pochi metri dalla porta di ingresso, letteralmente chiudere la porta in faccia ad uno spettatore ritardatario
i nostri “cugini” si distinguono sempre per la loro cortesia ed elasticità mentale, ma quanto avviene da anni in scala mi sembra eccessivo
se ne è parlato più volte, se ben ricordo, ma nulla è cambiato
prossimo passo è l’apertura delle terrazze, due ombrelloni, un po’ di musica tamarra a palla, apericena (apericena è quasi più brutto di happy hour) : vi assicuro, sovrintendenza, che alla maggior parte del pubblico quanto succede in sala frega un c..zo
sfruttate la iconica location, finché potete (lessico irritante compreso)
Già lo fanno, affittando il palco a Dolce&Gabbana e a festazze varie.
Salvo poi fare i rosiconi contro Roma perché Valentino a sue spese disegna i costumi della Traviata…
Tutti a casa, va’ là!
Il tema è complesso e trascende il discorso abbigliamento. La Scala sta perdendo pubblico e quello che c’è, salvo poche eccezioni, sembra essere paracadutato in un contesto di cui non ha alcuna consapevolezza. I motivi sono diversi, non dipende solo dai prezzi, che comunque sono elevati, anche se le occasioni per spendere meno non mancano. In realtà la Scala e non solo la Scala, ma in generale il teatro d’opera non è più “cool”, anche all’estero il pubblico, seppure in misura minore è diminuito. Se si va in tram o in metropolitana a Milano non si contano le persone con in mano l’ultimo modello di smartphone che ha costa quanto serata all’opera. Qualcosa si sta facendo, vedi gli spettacoli per i bambini e un certo tipo di comunicazione e pubblicità, ma sono investimenti che porteranno un ritorno solo nel medio lungo periodo. Forse dovremmo essere noi, sempre pronti a criticare, ad aiutare il teatro, ad esempio portando un amico che non è mai stato alla Scala, confidando che prima o poi ci torni.
OT
scusate, qualcuno sa qualcosa di un malore di Chailly?
ieri sera in piazza mi era sembrato in forma con la Argerich, ma oggi il Gewandhaus ha comunicato che per ragioni di salute non terrà il concerto di addio all’orchestra con la Terza di Mahler previsto fra sei giorni – e per il quale avevo comprato il biglietto!!! adesso disdico aereo e albergo. e naturalmente auguri di pronta guarigione.
Toni, visitando la pagina facebook del Gewandhaus, dai commenti di abbonati e spettatori si deduce (non mi prendo responsabilità personali nel dirlo, faccio solo la sintesi degli interventi) che sia una malattia diplomatica, perché Chailly non intendeva tornare a Lipsia. Motivo del contendere: Chailly starebbe rivedendo la lista dei componenti della Lucerne Festival Orchestra, escludendo proprio i componenti lipsiani per far posto ad altri, per far posto a molti scaligeri, dal maestro definiti “mia nuova famiglia musicale”. In generale da Lucerna arrivano notizie di grandi malumori su questi cambiamenti. A essere onesti, però, nessuno è in grado di dire se il contratto di Chailly gli consente di fare tutto ciò; magari sì, e allora protestare adesso è inutile.
Da altra fonte, pare che Chailly sia rimasto molto offeso dal fatto che la Mahler Chamber il mese scorso abbia nominato Gatti suo direttore, per cui il rischio è che, al contrario dell’idea originaria di Abbado, la Mahler Chamber presto non sia più la spina dorsale della Lucerne Festival Orchestra.
Io, comunque, sono contrario alla permanenza di Chailly in Scala. E ogni giorno ho motivi in più (musicali, umani, politici) per esserlo.
Hai fatto centro, caro Davide.
Segnatevi questo nome: Sebastian Breuninger, spalla del Gewandhaus e fino all’edizione scorsa spalla anche della Lucerne Festival. Scommettiamo che non lo troveremo tra gli strumentisti di agosto prossimo? “Son questi i suoi costumi”, dice Sparafucile…
Interessantissima la spietata testimonianza di Gregor Pallas.
lobo toni zato, permettimi una facile battuta che non vuole essere denigrazione e tantomeno sfottò se tu sei un fans del direttore, ma personalmente un forfait di Chailly (ovviamente non per motivi di salute come ha ben spiegato Davide nel post precedente) sarebbe da me visto con grandissimo piacere…la probabilità di aver un sostituto migliore è altissima
saltando di pala in frasca se quanto riportato nel post precedente è vero (e non ho ragione di dubitarne) mi pare di rivedere il brutto film del ventennio mutiano: uso molto discutibile del potere (effettivo o presunto),mezzucci, ricattini, defenestrazioni, false dimostrazioni di affetto (siete la mia nuova famiglia, figli, nipoti o cosa pare a voi), insomma gran parte del repertorio messo in atto anni fa.
personalmente rimasi stupito per “l’incoronazione” alla Luzerne
ora ai dubbi “musicali” si sommano quelli “personali” e “gestionali”
fosche nubi si addensano sul teatrone
saluti
A leggere i commenti degli appassionati lipsiani sulla pagina Facebook del Gewandhausorchester vengono i brividi: Chailly viene definito “un uomo che ci ha sfruttato per undici anni”, “un codardo”, “un impunito”, “un egomanico”. La summa degli interventi è: “finalmente ce ne siamo liberati”.
Solo a Milano le cose non le capiamo???
Quest’uomo va allontanato il prima possibile da ogni carica in Scala.
Sveglia, orchestrali!!!
Sveglia, Sovrintendente!!!
Sveglia, consiglio di amministrazione!!!
Sveglia – soprattutto -, neo-Sindaco!!!
Cara signora,
Il neo-sindaco avrà ben altri problemi da considerare. Poi la direzione del maestro Chailly sembra più un problema suo (di lei) che della collettività. Dare eco a sfoghi facebookiani di chicchessia e’ peggio che stare ad ascoltare Sgarbi in uno dei suoi (di lui) sfoghi, secondo me. Con cordialità
cara MGL, grazie per aver partecipato al dibattito senza portare una riflessione/argomentazione che sia una.
da parte mia mi accodo all’appello di Lulù. e lo faccio convinto che la Scala sia un “bene pubblico” tanto quanto lo è un acquedotto.
È stato presentato il bellissimo cartellone di Roma.
Certamente andrò a vedere il Tristano di Gatti (con un cast di lusso, addirittura Rainer Trost come voce fuori scena del primo atto!!!), Trovatore con Bignamini, Maria Stuarda, Il viaggio a Reims di Montanari/Michielette, e Chénier con Kunde e la regia di Bellocchio.
Non per fare paragoni, ma…
No grazie, mi tengo stretta stretta la Scala.
Il Tristano, il Trovatore e la Lulu andrò sicuramente a sentirli e vederli perché valgono assolutamente la pena.
Ma i Ranzani, Callegari, Abbado, Arrivabeni, Gamba, Montanari ecc. li lascio volentierissimo a Roma e spero di non sentirli mai più a Milano dopo Expo; se poi si vogliono prendere anche Nello Santi glielo cediamo gratis………………
Idea geniale, Luciana: Nello Santi ceduto a Roma! (Però Tristano, Trovatore, Chénier e Fra Diavolo li andrei a vedere proprio volentieri)
MGL oltre alla piccata risposta hai qualche argomento?
la difesa del direttore è a prescindere, come direbbe Totò?
sei proprio sicuro che questo direttore non sia un problema per nessuno?
se non credi ai social (ma ti ricordo che li stai usando anche tu, piccolo particolare) e credi che vi siano solo veleni e maldicenze, limitiamoci ai fatti: gli articoli della stmapa tedesca sono numerosi (tutti in malafede?), il concerto è stato malamente annullato, gli orchestrali non andranno a Lucerna.
sollevare qualche perplessità su questi ultimi fatti che si associano a tutti i precedenti non è legittimo?
il ruolo dello Sgarbi mi sembra il tuo
…E aggiungo: meglio ascoltare un monologo di Sgarbi che lo squallido e squalificante Schumann di Chailly, un concerto da presa per i fondelli del pubblico, roba da aspettarlo fuori.
Lo ammetto: insieme all’altro concerto di Chailly (Maderna, Stravinsky, Rachmaninov) questo tutto-Schumann si gioca il ballottaggio per il più brutto concerto della Filarmonica dalla di essa fondazione.
ah, quindi non sono l’unico che è uscito incaxxato nero da quella miserabile performance… ma come fa l’orchestra della Scala a tenersi un direttore stabile simile…
Cari Davide e Lulù,
ho trovato eccellente la direzione di Chailly sia nella Fanciulla del West che nella Giovanna D’Arco. Mi aspetto qualcosa di positivo nella prossima Butterfly e mi sento sollevato dal fatto che finalmente un direttore artistico abbia la voglia e la capacità di limitare i danni di tante regie strampalate e di rendere conto e ragione di esecuzioni e messe in scena che rispettino lo spirito del compositore e la natura della composizione Sono certo di non trovarvi d’accordo, ma me ne faccio una ragione. Con cordialità
Credo che qui il discorso non verta sulle singole direzioni di Chailly (Giovanna mi piacque abbastanza, Fanciulla la trovai indecorosa), ma sulla sua inadeguatezza come Direttore Stabile.
Mi associo a chi ritiene che Chailly in questa funzione sia deleterio e vada quanto prima sostituito.