23 Mar

Le nozze di Figaro

Wolfgang Amadeus Mozart

Produzione Teatro alla Scala

 Dal 23 Marzo al 17 Aprile 2012

Durata spettacolo: 3 ore e 45 minuti

Cantato in italiano con videolibretti in italiano, inglese

 

 

Direzione

Direttore  Andrea Battistoni
Regia  Giorgio Strehler
Regia ripresa da  Marina Bianchi
Scene  Ezio Frigerio
Costumi  Franca Squarciapino
 Cast
Il Conte d’Almaviva
Fabio Capitanucci (23, 25, 28, 30 marzo; 10 aprile) Pietro Spagnoli (12, 14, 17 aprile)
La Contessa d’Almaviva
Dorothea Röschmann
Susanna 
Aleksandra Kurzak
Figaro 
Nicola Ulivieri (23, 25, 28, 30 marzo; 10, 12 aprile) Ildar Abdrazakov (14, 17 aprile)
Cherubino
Katija Dragojevic
Marcellina 
Natalia Gavrilan
Bartolo 
Maurizio Muraro
Basilio 
Carlo Bosi (23, 25, 28, 30 marzo; 10 aprile) Leonardo Cortellazzi (12, 14, 17 aprile)
Don Curzio 
Emanuele Giannino
Barbarina
Pretty Yende
Antonio
Davide Pelissero
 Si comunica che, per motivi di salute, Ildebrando D’Arcangelo non potrà cantare ne Le nozze di Figaro. Il ruolo di Figaro verrà sostenuto da Nicola Ulivieri.

45 Risposte to “”

  1. lavocedelloggione marzo 23, 2012 a 10:53 PM #

    COPIO il commento di Vizza, scappato dalla Scala (anche lui!)

    marco vizzardellimarzo 23, 2012 a 9:15 pmEdit#

    Poi Attilia metterà e sposterà, per ora scrivo qui.

    Ha fatto bene Ildebrando D’Arcangelo a dare forfeit. me ne sono andato alla fine del secondo atto delle Nozze di Figaro per non correre il rischio di coprire di buuuu un ragazzo! Nonostante tutto non ne ho cuore e non lo riterrei nemmeno giusto. Di buuuuu sonori andrebbero invece ricoperti tutti coloro che hanno organizzato un fremente battage pubblicitario addosso e attorno ad un pulcino del podio!
    Dopo una frenetica ouverture con tutte le note ammucchiate ed affastellate a fraseggio zero, è iniziata la sagra dell’inerzia teatrale, invano sostenuta da una complessivamente brava compagbnia di canto (c’è un valore: il Cherubino della Dragojevic, voce sontuosa). Ma quel che si sentiva dalla prima galleria era un pigolio musical teatrale. I recitativi appiattiti ad un grado di noia MORTALE. La scansione senza capo né coda. Il suono un ronzio di archi contornato da qualche ben noto ululato: la solita indescrivibile sortita in derapage ululante dei corni, per due volte a fila , nel coro “Giovani, ecc.”
    Grande assente: IL TEATRO (in MOZART!). E’ tutto inerte, noiosissimo, invano sostituito da qualche ricercato, ma futile arabesco degli archi, che aumenta la noia.
    Dello spettacolo di Strehler c’è il mobilio, ci sono i costumi. Stop. La regia va così, a caso, ognuno fa quel che sa, più o meno.
    Altro grande assente: il suono. Va bene che l’acustica della Scala non sarà la migliore, e la situazione peggiora (dopo gli ultimi rifacimenti) con spettacoli molto “vuoti” – per questo palcoscenico – quali queste storiche Nozze nate in un teatrino. Ma il suono non c’è anche perché non è minimamente sostenuto dal podio.
    Non sono restato e non ho “buato” perchè ho rispetto dei giovani. Ne ho ZERO, invece, di chi non li rispetta, li lancia in contesti prematuri (e non tutti sono Harding o Dudamel!! Non certo Battistoni, per il momento!), li sfrutta mediaticamente esponendoli a figuracce. Questo ragazzo è colui che oggi, alla…. esima intervista degli ultimi mesi, se la pigliacon quei vecchi del passato che proponevano le Nozze in maniera troppo malinconica…. non fosse che le sue (almeno, il primo atto di cui posso parlare) mi sono parse di una tristezza, da inerzia, mortale! Com’era la storiella di Bernstein che “mandava in samba Beethoven dal podio”?. Calma, ragazzo! Ma soprattutto, meno interviste, stop e riflessione. Cresci bene che magari ripassi. Ma, così, è presto! E non farti mangiar vivo da coloro che ti hanno eletto a piccola star. Loro, sono quelli da buare! Senza fine!

    Marco Vizzardelli

    mi auguro che la seconda parte mi abbia smentito. Ma anche questa volta è stato meglio andarsene ad affettare lo zola e stappare il lambrusco… ascoltando René Jacobs nelle Nozze di Figaro. Grandissimo teatro in musica!

    Replica

    • masvono marzo 24, 2012 a 12:49 am #

      Vizzardelli, non sarà scappato dalla Scala anche lei per motivi di salute…come Salonen, Bychkov, D’Arcangelo, Damrau..o motivi familiari (con preavviso di 8 mesi) come Nelsons…

      Vede cosa succede ad ascoltare i POPPANTI?..

  2. DOMANDA marzo 24, 2012 a 1:05 PM #

    io non sono scappato, ma per la prima volta in 17 anni ho buuuato sonoramente, invece di stare zitto e fermo. Uno stupro. Teatro sovrintendente orchestrali sono tutti colpevoli.
    Ma chi e’ quella asiatica (mi sembrava asiatica dalla prima galleria) che suona il violino quasi davanti al direttore? emetteva uno suono terribile, un incrocio della NotteTrasfigurata di poche sere fa e una canzoncina in un saloon del West…

  3. Risposta marzo 25, 2012 a 9:21 am #

    “l’asiatica”(una punta di razzismo mancava nel vostro blog) è una giovane violinista giapponese che ha vinto di recente un concorso con tre selezioni e più di cento candidati. In commissione Daniel Barenboim.
    È ovviamente impossibile distinguere il suono di un singolo violinista all’interno dell’ orchestra, a maggior ragione dalla galleria. Se vuole sentire davvero come suona la violinista giapponese venga alla Frau ohne Schatten: ha molte parti solistiche.

  4. tassistro marzo 25, 2012 a 3:38 PM #

    “Uno stupro. Teatro sovrintendente orchestrali sono tutti colpevoli.”…….
    “Di buuuuu sonori andrebbero invece ricoperti tutti coloro che hanno organizzato un fremente battage pubblicitario addosso e attorno ad un pulcino del podio!”………..

    Mah….. quegli orchestrali!! Banda di stupratori!!!!
    Non hanno esitato a sodomizzare il povero ragazzino in aida…….ed ora tutti zitti di fronte ad un implume pulcino…………quasi fossero ancora esausti dopo l’orgia verdiana……

    Certo che di cazz… se ne scrivono in questo blog…….

    Di sicuro ci sono solo acune cose:

    Lo spettaccolo è mediocrissimo e scade in un torpore comatoso orrendo.

    In un teatro, il responsabile di programmazioni ed allestimenti è solo uno: il sovrintendente che in questo caso è anche direttore artistico.(Ai tempi di muti erano due :):):):):):) )………………e che può essere indirizzato sia da consensi del pubblico orchestra , agenzie, tangenti….etc

    I nostri due mitici implumi pulcini sicuramente si consoleranno della disfatta andando a consultare l’estratto conto al bankomat : ventimila euro a serata , euro più euro meno è un elisir che li rigalluzzerà per un bel po’.

    Se c’è qualche altro colpevole è certo chi se n’è stato zitto, o non ha buato, o peggio ancora ha applaudito!.
    E’ si, perchè se uno spettacolo così passa in sordina come qualcosa di routin accettabile, allora il teatro per forza di cose si sentirà autorizzato a proporre nuovamente pagliacciate simili……

    Saluti

    Ps

    E poi a sentire questi spettacoli e leggere tutti sti commenti mi vien quasi da dar ragione ad alcuni amici orchestrali quando citano questo vecchio detto :

    Un direttore cane può riuscire rovinare tutto
    Un direttore bravo alla fine non serve a niente….

  5. marco vizzardelli marzo 25, 2012 a 8:43 PM #

    Su una cosa al di là dei singoli commenti mi pare ci sia accordo. Il modesto livello della proposta.

    Di salvabile a mio avviso ci sono il Cherubino (Dragojevic bella voce, anche se mi sembra manchi un po’ di duttilità, è “tutta d’un pezzo”) e (per la parte cui ho resistito assistere) il bravo Capitanucci, a mio avviso sempre più sicuro e “a posto” con il passare del tempo.
    Misteriosamente “passava poco” il Figaro di Ulivieri, ma – ripeto – può anche dipendere dal fatto che, quando ci sono questi allestimenti “vuoti” le magagne acustiche si accentuano. Certo Mario Botta ha dato una bella botta, alla Scala! Fra lo scalone d’ingresso alle gallerie, e il resto, che Botta!

    Sul direttore – girìno (o bianchetto, quelli buonissimi che è proibito mangiare) ho già detto. Un bianchetto. Dell’orchestra, idem. Allo stato attuale, talora in provincia s’ascolta di meglio.

    Per dirne uno valido e professionale: perché bisogna girare fra le piccole città del Circuito Lombardo per ascoltare un Matteo Beltrami che vale dieci Battistoni messi assieme, ma non gode di alcun “battage” pubblicitario, non è stato eletto fanciullo prodigio e lavora e insegna e alla Scala non lo chiamano?

    marco vizzardelli

    P.s. Non mi pare che un Wellber stabile a Valencia e attivo a Vienna e Berlino con ottimi risultati sia equiparabile al Battistoni solo perchè sta sulle corna ad un’ orchestra che dovrebbe prima di tutto esprimere un livello esecutivo apprezzabile, poi – eventualmente, anzi no – fare le pulci ai direttori. SUONARE e SUONARE BENE! E’ ciò che non sta avvenendo…..

  6. GloriaCortesi marzo 26, 2012 a 7:31 am #

    …infatti, ma da chi è ‘pompato’ battistoni? questo sarebbe interessante appurare e soprattutto, perchè, con quel che ci costa l’abbonamento, tocca proprio a noi? ieri sera, turbo b, tutto esaurito di anziani che sembrava quasi uno spettacolo offerto a un cral-pensionati, non fosse stato per i lussuosi gioielli che ornavano le agghindate madame. in tal contesto, con voci mediamente discrete, proponendo una regìa tradizionale (e questa nel suo genere resta un capolavoro anche se con molte approssimazioni rispetto all’originale), bandendo le provocazioni scenografiche e pure anche le astruse ricercatezze straussiane, così ostiche (!) il successo è assicurato e così anche ieri, quasi da nonnini al saggio di fine anno, i diligenti abbonati eran tutti contenti…non fosse stato per qualche fischio e buuu che sonoramente è piovuto dal loggione, si poteva quasi dire un successo! e invece, dal punto di vista musicale, è stato un autentico disastro! piatto, incolore, pesante…sono i primi aggettivi a cui ho pensato…consiglierei al battistoni, un ascolto del mozart che la mozart e claudio abbado hanno offerto sabato sera a lucerna, almeno per comprendere come (si dovrebbe) eseguire/dirigere mozart nel 2012, quanto poi a…riuscire forse molto più avanti nella carriera a ottenere effetti vagamente paragonabili…

  7. domanda marzo 26, 2012 a 7:51 am #

    Lungi da me qualunque commento di tipo razzistico, ci mancherebbe. Me ne scuso se ho dato questa impressione. Ho ascoltato l’orchestra sia la sera prima con Bychkov che la sera dopo con DFOS, e sembrava di stare in un altro teatro con un’altra orchestra.
    Il mio non era un commento sulla capacità della singola musicista, ma su come il direttore faceva suonare i musicisti. In particolare la signorina in questione, che dalla mia posizione laterale di prima galleria si vedeva bene, sembrava menare dei bei colpi di archetto, e secondo me il suono del singolo strumento (ovviamente accompagnato da “indagine visiva”) si avverte e distingue.

    “l’asiatica”(una punta di razzismo mancava nel vostro blog) è una giovane violinista giapponese che ha vinto di recente un concorso con tre selezioni e più di cento candidati. In commissione Daniel Barenboim.
    È ovviamente impossibile distinguere il suono di un singolo violinista all’interno dell’ orchestra, a maggior ragione dalla galleria. Se vuole sentire davvero come suona la violinista giapponese venga alla Frau ohne Schatten: ha molte parti solistiche.

  8. alda marzo 26, 2012 a 9:03 am #

    Premetto che non intervengo sullo spettacolo, ché l’ho visto il 19 maggio 1981, e dunque una mia recensione sarebbe quantomeno ritardataria…
    Mi sembra che il problerma che sta emergendo da questo dibattito sia duplice.
    Da un lato sta diventando sempre più evidente che il giovanilismo cui in fatto di direzioni musicali s’ispira la direzione artistica della Scala (non solo essa, in verità) è una china pericolosa e musicalmente scadente.
    Dall’altro la situazione dell’orchestra rende facilmente udibile che non esiste più quel livello da “pilota automatico” che quantomeno consentiva in anni nemmeno troppo lontani di portare a casa la serata senza particolari patemi.
    Credo che concluso il periodo che ci sta portando all’Expo2015, si dovrà ripartire con una concezione dirigenziale e artistica totalmente nuova, che non potrà prescindere dall’autorevole presenza di un direttore muciale italiano degno di questo titolo.

    • GloriaCortesi marzo 26, 2012 a 9:06 am #

      Brava Alda! sottoscrivo in pieno: “…che non potrà prescindere dall’autorevole presenza di un direttore musicale (italiano) degno di questo titolo”.

  9. lavocedelloggione marzo 26, 2012 a 9:16 am #

    Mi accodo anch’io a Gloria e Alda e con me mia madre, la mitica Berta che ancora non se ne perde una, classe 1917 (!!!), che dice esattamente la stessa cosa! Buona settimana a tutti. Attilia

  10. Gabriele Baccalini marzo 26, 2012 a 10:45 am #

    Se penso che all’EXPO mancano tre anni e che durante l’esposizione verrà ammannito quotidianamente quanto di più becero, purché atto a titillare il basso ventre del turista-modello-che-si-fa-anche-una-cultura-alla-Scala, mi viene da piangere.
    Ma mi pare di essere stato il primo a scrivere che fino all’EXPO, massimo interesse dei Paperoni che amministrano la Scala, non c’è speranza di cambiamenti sostanziali..
    E’ la privatizzazione, bellezza.

  11. marco vizzardelli marzo 26, 2012 a 10:47 am #

    Se è per quello, io ci avevo fatto su una petizione ma i signorini e /o il teatro anche su Daniele Gatti (come su Chung, che tecnicamente avrebbe fatto bene all’orchestra, come bene fece a Santa Cecilia) hanno fatto le puzzette sotto il naso. Così, lui a Zurigo ha diretto in successione Parsifal e Falstaff, Otello e Maestri a grande livello, e lor signori stanno come stanno…

    E oggi, il Corriere (con Girardi in chiaro articolo-recupero da precedenti, allucinanti fresconate scritte dall’Isotta) “riporta” una criptica dichiarazione di Barenboim, al termine della quale verrebbe da domandargli, senza tanti giri di parole: “sì, ma lei quanto prova, con gli orchestrali?”

    marco vizzardelli

    • alda marzo 26, 2012 a 12:18 PM #

      Concordo.
      Mi sembra evidente che quello di Gatti sia l’unico nome che possa corrispondere all’identikit in maniera totalmente adeguata. Tutto sta avedere se qualcuno mai glie lo chiederà e se lui mai accetterà.

  12. i_hate_music marzo 26, 2012 a 11:00 am #

    buongiorno a tutti.
    non posso fare altro che proporvi la lettura di quanto ho scritto qualche giorno fa http://marcellocorti.blogspot.it/2012/03/le-nozze-di-figaro.html .

  13. proet@barboon marzo 26, 2012 a 12:23 PM #

    avete voluto le privatizzazioni, il profitto, l’azienda etc etc?
    e allora beccatevi il modello “Arena di Verona”!

    • masvono marzo 26, 2012 a 1:46 PM #

      Il modello privato è lo stesso che dove non esiste la sindacaglia a Londra fa funzionare orchestre come la Philharmonia, la LPO, la RPO, la LSO. In Usa la NYP, la BSO, La LSP…con standard musicali imparagonabili a qualsiasi orchestra pubblica italiana.

      -MV

    • Risposta marzo 26, 2012 a 2:13 PM #

      L’orchestra ha vissuto di rendita per qualche tempo per il grande lavoro fatto da Muti in 19 anni. Ora è evidente che si sente la mancanza di qualcuno che nello sport si chiamerebbe “direttore atletico”. E il paradosso è che il livello dei singoli musicisti oggi è certamente superiore a quello che si è trovato Muti negli anni 80′. Ai concorsi oggi si presentano centinaia di candidati spesso di buon livello; negli anni ’70 Abbado faceva audizioni nei paesi dell’est per reclutare viole e violini (alcuni di loro sono ancora nelle nostre orchestre, prossimi alla pensione) perché non ne trovava in Italia.
      Non so se ci sia oggi all’orizzonte un direttore in grado di fare quello che Abbado e Muti hanno fatto quotidianamente per affinare il fraseggio, l’intonazione e la coesione tra le sezioni. Certamente sia dell’uno che dell’altro si sente davvero la mancanza.

  14. daland marzo 26, 2012 a 1:22 PM #

    Per la cronaca, la tanto bistrattata violinista è Eriko Tsuchihashi, fino a due anni fa spalla de laVerdi:

    http://www.laverdi.org/italian/bio_tsuchihashi.php

    http://www.sistemamusica.it/2007/aprile/29.htm

    https://music.umn.edu/events/eriko-tsuchihashi

    Che lei suoni bene con maestri alla Bychkov per poi emettere latrati con altri, mi pare un giudizio quantomeno bizzarro.

  15. marco vizzardelli marzo 26, 2012 a 3:02 PM #

    Trovo antipatica davvero la critica a questa singola strumentista. Non è questo il discorso. Non è un discorso di singoli, e me ne dissocio. So benissimo quanto valgono un Meloni, un De Angelis, e molti altri solisti scaligeri. Ma qui (a parte la problematica sezione ottoni, che vorrebbe una riflessione a parte) è l’insieme dell'”esito”, che non sta funzionando.Oggi, sul Corriere, a proposito della discussa legislazione sui “permessi artistici”, Barenboim ricorda “che tipo di preparazione e cultura sono necessarie perché un gruppo di singoli musicisti diventi un organismo coeso e affiatato”.

    Belle parole, maestro Barenboim, ma bisogna metterle in pratica. Provare, studiare, formare l’assieme, abituare a quel tipo di “ascolto reciproco” che “fa” e che costruisce la grande!

    Quando proposi quella petizione sul nome di Daniele Gatti, ero convinto, e lo sono più che mai adesso, che avesse il profilo giusto. Ma non è un obbligo: il nome Gatti è solo, a mio avviso, la scelta ampiamente migliore e naturale (per di più: milanese), per valore e per l’insieme del repertorio, perfettamente “coincidente” con l’immagine d’un teatro alla Scala. Siccome non soffro di eccessi di campanilismo, sono altresì, convinto che, fra i più giovani, potrebbe ben esserlo un Daniel Harding, che ha tecnica da vero direttore e grande intelligenza, e ha dato prova di saperci fare, nel sinfonico e nell’opera. Ma il fatto è che – con o senza legge sui permessi, che non deve diventare un pretesto – in questo momento l’orchestra (superato e dimenticato il fugace momento di euforia post-Muti: comprensibile dati gli ultimi tempi del rapporto, ma non elevabile ad esaltazione d’uno stato di anarchia permanente) suona come “fuori assetto”, non certo come l'”organismo coeso e affiatato” invocato da Barenboim. Lascio ad altri la polemica su “privato” e pubblico”, non ho voglia di parteciparvi. Ho semplicemente qualche dubbio che il musicista (ripeto: musicista) argentino sia il direttore (ripeto: direttore, è un concetto diverso) adatto a questo scopo. Barenboim è un “volto” che va bene come “immagine da Expo”, come poster turistico, traghettatore di successo verso Expo. Se va in tv da Fazio, fa chiaramente un figurone da showman. Ma, esiste solo Expo o esiste, prima e dopo Expo, il Teatro alla Scala? Per chi ascolta musica e orchestre non “da turista”, altri sono i “direttori” davvero “formativi” per un’orchestra. Ammesso – a volte non ne sono sicuro – che l’orchestra della Scala (Filarmonica? Orchestra del teatro? Altro nodo…) aspiri ad un lavoro di formazione da vera grande orchestra (che richiede STUDIO, PROVE e vasto REPERTORIO).

    marco vizzardelli

  16. marco vizzardelli marzo 26, 2012 a 3:31 PM #

    (ritrascrivo perché saltate parole)

    Trovo antipatica davvero la critica a questa singola strumentista. Non è questo il discorso. Non è un discorso di singoli, e me ne dissocio. So benissimo quanto valgono un Meloni, un De Angelis, e molti altri solisti scaligeri. Ma qui (a parte la problematica sezione ottoni, che vorrebbe una riflessione a parte) è l’insieme dell’”esito”, che non sta funzionando.Oggi, sul Corriere, a proposito della discussa legislazione sui “permessi artistici”, Barenboim ricorda “che tipo di preparazione e cultura sono necessarie perché un gruppo di singoli musicisti diventi un organismo coeso e affiatato”.

    Belle parole, maestro Barenboim, ma bisogna metterle in pratica. Provare, studiare, formare l’assieme, abituare a quel tipo di “ascolto reciproco” che “fa” e che costruisce la grande orchestra!

    Quando proposi quella petizione sul nome di Daniele Gatti, ero convinto, e lo sono più che mai adesso, che avesse il profilo giusto. Ma non è un obbligo: il nome Gatti è solo, a mio avviso, la scelta ampiamente migliore e naturale (per di più: milanese), per valore e per l’insieme del repertorio, perfettamente “coincidente” con l’immagine d’un teatro alla Scala. Siccome non soffro di eccessi di campanilismo, sono altresì, convinto che, fra i più giovani, potrebbe ben esserlo un Daniel Harding, che ha tecnica da vero direttore e grande intelligenza, e ha dato prova di saperci fare, nel sinfonico e nell’opera. Ma il fatto è che – con o senza legge sui permessi, che non deve diventare un pretesto – in questo momento l’orchestra (superato e dimenticato il fugace momento di euforia post-Muti: comprensibile dati gli ultimi tempi del rapporto, ma non elevabile ad esaltazione d’uno stato di anarchia permanente) suona come “fuori assetto”, non certo come l’”organismo coeso e affiatato” invocato da Barenboim. Lascio ad altri la polemica su “privato” e pubblico”, non ho voglia di parteciparvi. Ho semplicemente qualche dubbio che il musicista (ripeto: musicista) argentino sia il direttore (ripeto: direttore, è un concetto diverso) adatto a questo scopo. Barenboim è un “volto” che va bene come “immagine da Expo”, come poster turistico, traghettatore di successo verso Expo. Se va in tv da Fazio, fa chiaramente un figurone da showman. Ma, esiste solo Expo o esiste, prima e dopo Expo, il Teatro alla Scala? Per chi ascolta musica e orchestre non “da turista”, altri sono i “direttori” davvero “formativi” per un’orchestra. Ammesso – a volte non ne sono sicuro – che l’orchestra della Scala (Filarmonica? Orchestra del teatro? Altro nodo…) aspiri ad un lavoro di formazione da vera grande orchestra (che richiede STUDIO, PROVE e vasto REPERTORIO).

    marco vizzardelli

    • Risposta marzo 26, 2012 a 5:57 PM #

      Macché euforia! Non è con l’euforia che si fa la musica, ma con il lavoro quotidiano. L’abbandono dii Muti è stato uno degli eventi più traumatici per il Teatro, e ne paghiamo ancora le conseguenze, come voi puntualmente segnalate. Anche quelle di Abbado lo furono, ma allora Muti colmò il vuoto con un ferreo lavoro che diede subito i suoi frutti. Ora c’è il vuoto.

  17. Gabriele Baccalini. marzo 26, 2012 a 3:39 PM #

    Max, leggo adesso il tuo commento a proposito di G. e K. Mi dissocio formalmente da argomentazioni di tale volgarità. Se gli eredi di uno dei due avranno qualcosa da dire, ne risponderai soltanto tu.
    E forse è meglio se Attilia, qualora tecnicamente possibile, fa sparire al più presto dal blog quella immondizia.

    • lavocedelloggione marzo 26, 2012 a 3:52 PM #

      Fatto, cancellato l’intervento di Max Vono; si poteva dire diversamente e in modo generico, senza rinunciare al concetto che a volte anche i più illuminati (tipo Grassi o Strehler) hanno usato arbitrariamente i soldi pubblici. Attilia (fate i bravi, non eccedete, non litigate, fate finta di conversare in presenza delle persone che partecipano al blog, sicuramente terreste un atteggiamento più “polite”)

      • masvono marzo 26, 2012 a 8:13 PM #

        No, ascolta! Quello che scrivo È DOCUMENTATO. Compratevi il libro “CARLOS Kleiber angelo o demone?” e sono riportate le lettere di Grassi a Kleiber, con relative offerte di “donnine per compagnia”. Al posto di censurare LEGGETE!!!

        -MV

    • masvono aprile 5, 2012 a 9:19 PM #

      Se quello che non ti va a genio diventa IMMONDIZIA allora sei destinato ad esserne ricoperto.

      Lettera di Paolo Grassi a CARLOS KLEIBER presso Hotel Duomo 15.1.1977 (riportata nel volume dedicato a Paolo Grassi di Guido Vergani, “Lettere 1942-1980” e ripubblicata sul volumetto di Mauro Balestrazzi “Carlos Kleiber, Angelo o Demone?”

      “Caro Maestro…(omissis)..sono perfettamente autorizzato ..(omissis) a darle ogni garanzia perchè quanto sto per scriverLe costituisca un impegno solenne che la Scala di oggi e di domani prende nei Suoi confronti. (…omissis…)

      (..omissis..)

      A questo punto, anche da lontano, o in Scala, il Le voglio e Le posso sempre assicurare:
      – una bottiglia di grappa speciale:
      -assistenza per la stiratura del frack e del bucato delle camicie;
      – assistenza psicologica in circostane difficili
      – FANCIULLE VARIE E GENTILI CHE SI OCCUPANO DI LEI (maiuscolo mio)”

      traduci come vuoi in termini pratici le “fanciulle varie e gentili”.
      Puttane erano e puttane restano.

      -MV

  18. mas marzo 26, 2012 a 6:53 PM #

    intervista di battistoni a che tempo che fa….poverino, non era mai stato alla Scala neanche da spettatore….povera stella…perchè non racconta come è andata anzichè tirarsela come fa?!?! bah

  19. eboli marzo 26, 2012 a 9:39 PM #

    diceva la callas: alla scala si arriva fatti e non da fare.
    credo non ci sia altro da aggiungere.
    quanto all’orchestra…fa semplicemente schifo. e sul fatto che baremboim sia presente durante i concorsi ho parecchi dubbi. a me risulta il contrario, ma potrei essere male informato (non lo credo comunque).
    la colpa di questa situazione è principalmente di lissner e baremboim, entrambi sbagliati sotto tutti i punti di vista, soprattutto alla scala. ma anche di chi ha permesso e permette ancora che i due restino lì strapagati a fare i ca… propri. so soltanto che la scala era la prima orchestra italiana e oggi suona peggio di santa cecilia, della rai di torino, dell’opera di roma, persino dell’orchestra del s. carlo. poi apri il corriere e leggi dell’ennesimo sciopero. ma lavorate va…

  20. proet@barboon marzo 26, 2012 a 10:52 PM #

    solo in Italia si discute a partire da questa contrapposizione un po’ farlocca tra Pubblico uguale spreco tout court e Privato uguale efficienza tout court.
    probabilmente a causa della furbizia italica che porta tutti ad approfittare del Pubblico per poi intascare (quei pochi che possono) dalla svendita del suddetto al Privato, che a questo punto perché non farlo anche per la Scala come è successo per l’Alitalia?
    una bella cordata e via, si licenziano tutti e li si riassume a “job on call” o qualche altra delle 40 forme di contratto flessibile, il risultato artistico è garantito (modello Verdi)!

    questo video poi è davvero inquietante (Scala, Fazio e Rizzoli in una botta sola, e chi c’ha dietro questo?!) e lo sarebbe pure se il ragazzo fosse bravissimo.
    anche Harding all’inizio faceva un po’ effetto però quando lui esordì a Milano (non alla Scala, lo ricordo, ma al Piccolo Teatro causa veto Mutiano alla presenza di Abbado nel Don Giovanni di Brook a pochi giorni dal 7 Dicembre, almeno a dar retta ai “si dice”) Fabio Fazio si occupava solo di Sanremo e dubito avesse mai sentito anche una sola nota di Mozart.

    il dramma è che in Italy oramai, che sia pubblico o privato, sono rimasti solo gli sprechi e l’inefficienza.
    che sia Scala, Trenitalia, Rai, scuole o ospedali, poco cambia, il fallimento è totale da qualsiasi punto di visto lo si guardi.
    e anzi il sistema misto (le famose Fondazioni per esempio, un altro bel regalino di Veltroni) fa sì che, come avviene in politica col bipolarismo, ciascuno (pubblico e privato) possa scaricare la responsabilità sull’altro e dunque alla fine la responsabilità non è mai di nessuno.
    questo è il vero genio italico!

    • angelof marzo 27, 2012 a 7:24 am #

      grazie.

  21. lavocedelloggione marzo 27, 2012 a 10:22 am #

    Esce oggi per Mondadori il libro di Alberto Mattioli, Anche stasera. Come l’opera ti cambia la vita
    Conosco un mucchio di gente a cui regalarlo, a partire da Elvo (che non disdegnava neppure le repliche pomeridiane, altro che “anche stasera”!!!) Finirò in rovina per questo libro, che verrà presentato al Book Store della Scala il 3 aprile alle ore 18. Io spero di farcela di ritorno da Salisburgo. Ciao ciao Attilia

  22. marco vizzardelli marzo 27, 2012 a 11:30 am #

    Max io non sono per le censure, però dico questo: delle storielline da buco della serratura (vere o false) non mi curo. Io ho vissuto la Scala (e il Piccolo) di Grassi, di Strehler, di Claudio Abbado, quella nella quale – sì – Abbado cedeva la prima di Sant’Ambrogio a Carlos Kleiber. Averceli adesso!!!!!!!!!!!!! (Abbado c’è, ma non qui… il che è meglio, a mio avviso, per il suo umore e la sua salute, ma questo è un altro discorso…).

    E a queste persone serbo e serberò gratitudine per avermi concesso di vivere gli anni più belli della mia vita di ascoltatore e fruitore di teatro e musica.
    Che fossero santi o persone perfette o meno, non mi interessa. Ti interessa la vita privata di un Leonard Bernstein o ascolti con immensa gioia ciò che (per fortuna) i dischi ti tramandano e ricordi le meraviglie musicali cui hai assitito dal vivo? Era forse un uomo perfetto Herbert von Karajan? Pensi che a qualcuno interessi quella pattumiera su Carlos Kleiber?

    marco vizzardelli

    • masvono aprile 5, 2012 a 9:59 PM #

      Il solito ipocrita. Le puttane hanno un colore politico? Puttane promesse da Grassi per me sono le stesse promesse da Fede.

      -MV

  23. marco vizzardelli marzo 27, 2012 a 11:40 am #

    In realtà, il libro di Alberto Mattioli è disponibile già da ieri.
    Io l’ho divorato di notte, ridendo e riconoscendo tutto il nostro mondo. E’ molto bello per una serie di motivi: innanzi tutto ha uno sguardo ironico e sorridente – anche quando pepato – sulle cose e sulle persone. Poi, può esser letto da “chi sa” e da chi “non sa”, perché ha il pregio (proprio delle persone colte, quelle che “vivono” le cose, non dei semplici “eruditi”) di non esibir cultura, ma esibire passione, esattamente come quella che tutti noi, credo, esprimiamo, andando a teatro e ai concerti.

    E’ pieno di storie, di volti, di personaggi, di spettacoli che abbiamo vissuto e, decisamente, fa venir voglia di andare – anche stasera – all’opera.
    Si legge al volo, poi ci si ripensa. Davvero bello.

    marco vizzardelli

    • GloriaCortesi marzo 29, 2012 a 7:18 am #

      Dal sito on-line della rivista ‘M&D – Musica & Dischi’

      Se la critica non è più un’opinione

      Così anche il ruolo del critico – colui che un tempo individuava i prodotti migliori (dischi, libri, film, ecc.) e insegnava al grande pubblico a distinguere tra fumo e arrosto – è stato spazzato via. Dai media, siti soprattutto, che delegano al grande pubblico stesso i commenti, così che ciascuno sia libero di esprimere un’opinione (e quanto più essa è condivisa tanto più si cristallizza come critica oggettiva). E dai critici stessi, i cui giudizi contraddittori – viziati spesso da gusti sui generis quando non da opportunismo o addirittura incompetenza – lasciano disorientato, e abbandonato ai commenti del “grande pubblico”, il consumatore. In teoria il tempo darà ragione: alla lunga la qualità avrà la meglio (ciò, almeno, accadeva in passato). In pratica la confusione oggi regna sovrana, e individuare le rare gemme nascoste nel cumulo di spazzatura che – per esigenze di marketing – continuamente si rigenera diventa impresa impossibile. E già molti critici gettano la spugna, accettando di passare al ruolo di opinionisti – purché non sgarrino rispetto ai modelli indicati dal “grande pubblico” – nei talk shows televisivi o sulle colonne dei quotidiani: ciò che comunque, anche se non serve a nulla e non lascia alcuna traccia, rappresenta per loro un bel salto gerarchico.

  24. Gabriele BAccalini aprile 2, 2012 a 10:49 am #

    In attesa che Attilia posti il concerto della Filarmonica diretto da Cristoph Eschenbach, amici presenti mi parlano di un’ottima prestazione dell’orchestra e in particolare del grande clarinettista (quando non fa il pinguino nel foyer) Fabrizio Meloni. Io ho sentito all’autoradio il finale di Brahms e non posso che confermare. Non abbiamo mai detto che l’orchestra della Scala (che ha qualche difetto cronico, ma limitato) sia di serie B, solamente che ha bisogno di ….un manico.
    Quello che era meglio che non ci fosse alle Nozze di Figaro. Era meglio se, come nel ‘700, l’orchestra l’avesse guidata il primo violino, alla cui sinistra sedeva l’ottima violinista orientale, che ha fatto per anni la spalla alla Verdi, gareggiando in bravura con Luca Santaniello e forse superandolo per una stretta incollatura in una bellissima esecuzione del concerto bachiano per due violini e orchesta da camera.
    Resta un mistero il motivo per cui la Scala ingaggi un direttore, che non in assoluto per l’età, ma per la sua impreparazione, dovrebbe fare ancora molta gavetta al Conservatorio e nei teatri di provincia con orchestre amatoriali.
    Così, dopo i ripetuti massacri della musica di Verdi, di cui l’ultima esecuzione decente fu l’Attila diretto da Luisotti, anche quella di Mozart ha ricevuto una bella “sdrumata” (termine di gergo rugbistico indicante un energixco maltrattamento dell’avversario): una baraonda da non dirsi nella Ouverture, un suono di una monotonia snervante per tutta l’opera, pezzi d’insieme che insieme non stavano, recitativi messi lì come capita, non uno sprazzo di sensualità in un’opera che ne ha da vendere dall’inizio alla fine, una compagnia di canto né adeguata né educata allo stile mozaritano, se si eccettua l’ottimo Conte di Fabio Capitanucci.
    Non ho neanche voglia di dilungarmi sui particolari e sui singoli cantanti. Resto solo sbalordito per il fatto che gli abbonati tradizionali (Turni A,B,C,D) non si rivoltino per aver pagato profumatamante l’ennesima ripresa di un meraviglioso spattacolo di Strehler, che per 30 anni ha avuto un grandissimo direttore, Riccardo Muti, e il Gotha della lirica sul palcoscenico.
    P.S. A proposito: Isotta parla di un “horror vacui” di Strheler! Ma si vada a rivedere i video delle Nozze o del Macbeth, visto che non è disponibile quello delle Tre Melarance, prima di scrivere idiozie, che ormai annoiano per la loro ripetitività. Ma cosa se ne fa il Corriere di questa mummia della critica musicale?

  25. marco vizzardelli aprile 2, 2012 a 11:34 am #

    Ecco: per fortuna, ci sono esecuzioni, concerti, interpretazioni, serate che rimettono a posto l’orologio. Christoph Eschenbach esegue la Prima sinfonia di Brahms con la Filarmonica della Scala, e… parto da due considerazioni.
    a) Mi auguro che qualche buona anima presente domenica sera 1° aprile 2012 alla Scala abbia piratescamente registrato tale esecuzione-interpretazione. Non tanto a giovamento di chi c’era ma perché, essendo per l’appunto una di quelle rare letture che fanno testo e rimettono a posto l’orologio, va passata a coloro che verranno, così come è stata, “dal vivo”, non reincisa, no: questa qui, di domenica sera 1° aprile.
    b) Gli orchestrali hanno giustamente fatto festa ad Eschenbach. Spero che coloro che suonano in Filarmonica e anche nelle opere abbiano colto la differenza che passa fra battere i piedini da bambini capricciosi al ragionier Marc Albrecht per un decente Strauss e…. questo straordinario (sì!) Brahms! Perchè qui, da parte di un ambiente meno mortifero di quello dei bagonghi abbonati Filarmonica, sarebbe stato giusto e dovuto l’applauso ritmato di tutto il teatro, orchestra e pubblico, in piedi. Era da standing ovation.

    Per ricordare, alla Scala, un Brahms dal vivo di tale portata intellettuale, culturale, interpretativa – e per di più di tale cuore: un “calore” di suono indescrivibile – devo risalire a Giulini (e chi ricorda la “sua” Prima di Brahms sa di cosa parlo). Molto diversa, per impostazione, ma pure eccezionale. Per collocare giustamente la lettura di Eschenbach – fin dallo straordinario inizio, una densità e nello stesso tempo trasparenza (sembrano contrari, invece c’erano tutt’e due) di suono da sbalordire – è evidente che ci si rifà diritti-diritti alla lezione del Maestro del Suono, che per Eschenbach giovane, e giovane pianista, ebbe predilezione: Herbert Von Karajan. Per intendersi, l’impostazione parte da lì (ed è giusto: dal forse più grande interprete di sempre, della sinfonia in Do min.di Brahms) . Come direttore, Eschenbach è un interprete “di tradizione”, il che non ha niente di negativo, è una semplice constatazione di fatto. All’inizio, ha proposto una Jupiter di Mozart che, meno “filologica” non si sarebbe immaginato, ma chi se ne frega: era magnifica, per sottigliezza dei colori, delle dinamiche (gli sbalzi forte -piano nell’andante e nel trio del minuetto!), del canto! Non è detto che Mozart si DEBBA fare per forza “da filologi”, se il musicista è di qualità. C’è Jacobs e ci sono “filologi” mediocri o pessimi, così come, fra oi “tradizionali” nelle Nozze ci sono stati ieri Erich Kleiber o lo stesso Muti di una famosa “ripresa”, e c’è oggi… Battistoni!!!! Ma, diversamente da tanti strumentisti (pianisti, più di tutti) che ad un certo punto si sono dati alla direzione (uno “fa” il direttore stabile alla Scala…), Eschenbach non “fa” il direttore. “E” un fior di direttore, con un senso delle proporzioni del suono, dei colori, del fraseggio, dell’ascolto reciproco fra gli orchestrali, che…. magari il suo collega stabile alla Scala ce l’avesse! Anche Barenboim è tradizionale, fa tanto suono, ma nella sua costipata concertazione manca, quasi sempre, ciò che in quella del direttore Eschenbach c’è sempre, qualunque sia il grado dei decibel: aria, ossigeno, slancio, colore.
    Ecco, era un Brahms così. Con ancora altre doti: avete in mente il tema innodico famoso del finale della Prima? E’ raro ascoltarlo così nobile, ma stupisce ascoltarlo completamente variato nell’espressione ad ogni ritorno: lo enunciano gli archi ed è solenne, lo riprendono i legni ed Eschenbach gli cambia tempo e colore ed espressione: diventa giocoso. Quando torna, alla fine, è ancora diverso (queste cose, a parte stavolta da Eschenbach oggi le sento fare solo da Pretre, quando esegue Brahms). Una nota merita anche la stretta finale. Nessuno è mai riuscito e probabilmente nessuno riuscirà a dare il senso di “precipizio” che il cadenzato Giulini (che non era banalmente “lento”, ma aveva un incredibile senso del ritmo) riusciva ad esprimere (è documentato in tutte le sue incisioni della Prima). Eschenbach ha risolto con una – quasi altrettanto eccezionale – accelerazione “a centrifuga” di incredibile esattezza tecnica.
    Tutto quanto detto, è al servizio di una lettura che colloca, esattamente, Brahms, al culmine di quella concezione utopica-ideale, della Sinfonia, oltre la quale… Mahler farà meravigliosamente a pezzi il tutto. Il “clima” in cui si colloca la straordinaria lettura di Eschenbach è questo… ed è Brahms, all’ennesima potenza.

    Dopodiché, voglio sperare che la Filarmonica (che ascolto, quasi ininterrottamente dalla Terza di Mahler con Abbado in poi, cioé dall’inizio) abbia ben presente che questa Prima di Brahms, di questa sera, si colloca fra i momenti più alti nella vita dell’orchestra medesima. E in questo senso dovrebbe servire a rimettere a posto l’orologio, rispetto a ben peggiori prove: e, forse, a capire, perché chi ascolta regolarmente non è “tenero” come questa volta.
    Nell’occasione, davanti ad una prova di – finalmente! – ascolto reciproco e compattezza (resta qualche sforzo degli ottoni, ma stavolta hanno fatto cose anche splendide: il corale del finale in Brahms era magnifico per intensità) non sarebbe giusto per l’insieme citare solisti: ma va citato, per forza, quel che si è udito dal favoloso clarinetto di Fabrizio Meloni nell’”andante sostenuto” e nell’”un poco allegretto e grazioso”: una tal bellezza di canto e colore che ad un certo punto Eschenbach ha quasi smesso di dirigere, lo ha guardato in faccia e ha avuto un chiara espressione di giusto apprezzamento. Al proposito, il senso direttoriale del colore del legni, in particolare (anche in Mozart: splendido il fagotto, e in Brahms oboe e flauto) da parte del “nato-pianista” Eschenbach è sbalorditivo. Idem dicasi la compattezza degli archi, le viole, in particolare. Oltre al valore “tematico” e culturale della lettura della sinfonia in Do min. di Brahms, il punto è che – finalmente: in questa stagione, fra opera e Filarmonica, era successo solo con Daniel Harding – abbiamo “ascoltato un’orchestra che si ascolta reciprocamente”, un organismo di armonia fra le parti. Con Christoph Eschenbach, in concerto con la Filarmonica è accaduto (non con il pur professionale baccano di Albrecht nella Donna di Strauss, checchè lor signori ne pensino…). Era ora… speriamo si ripeta.

    marco vizzardelli

    • Elenas aprile 10, 2012 a 7:30 PM #

      Bella roba anche il Così fan tutte dal Regio di TO (finita adesso la prima parte). Si è deciso di massacrare Mozart?

      Elena.

  26. masvono aprile 10, 2012 a 11:03 PM #

    Di ritorno dalla Via Crucis in cui si è tramutato l’abbonamento al turno D che (ancora) posseggo ritengo Battistoni un BLUFF musicale di portata storica. Dopo aver sentito per tutta la durata dell’opera i coretti perennemente fuori tempo, i cantanti spesso spiazzati e, infinito orrore, la stretta del finale ultimo (da “ed al suon di lieta marcia” alla fine) tramutata in un caos in cui ognuno andava per conto suo, sono convinto che Battistoni non abbia i prerequisiti tecnici per dirigere un orchestra e che la sua dimensione ottimale, al massimo, sia quella del Rosetum, con tutto il rispetto per il Rosetum.

    Tralascio di commentare la piattezza del suono di dimensioni sifonattere, l’assenza di ogni colore che non fosse il grigio lattiginoso, la percezione che la bacchetta per Battistoni non sia che un falciaerbe manuale con cui sbrindellare il prato musicale che gli si para davanti senza comprenderne nulla perchè sarebbe già dire troppo.

    Ma la colpa principale, imperdonabile, è NON di Battistoni che, sicuramente, al suo fianco ha uno che conosce il suo mestiere (il suo addetto marketing che ha reso serve le redazioni musicali di ogni quotidiano italiano), ma di Lissner che HA PRESO PER IL CULO una volta di più il suo pubblico pagante.

    Saluti

    -MV

  27. Gabriele Baccalini aprile 11, 2012 a 3:21 PM #

    Confermo quanto scritto da Elenas: ho ascoltato il Così fan tutte da Torino e ho resistito eroicamente fino al terzettino “Soave sia il vento…”, poi sentendo l’ennesimo obbrobrio sono passato ad altro.
    Tra Milano, Firenze, Torino e altrove stanno facendo strame di Verdi, Mozart, poi
    immagino toccherà a Rossini, Wagner e compagnia cantando.
    Penso in previsione dell’Expo, quando tutto sarà applaudito da milioni di turisti.

  28. Gabriele Baccalini aprile 12, 2012 a 11:32 am #

    Ah, bene, adesso cominciamo a capire il “fenomeno” Battistoni. Certo se il massimo dei suoi maestri è stato Gabriele Ferro, avrà bisogno di almeno altri dieci anni di lezioni per diventare un direttore d’orchestra.
    Ma vedo che tra Berlino, Verona ecc. non ha tempo di imparare. Va’ avanti così che vai bene.

  29. proet@barboon aprile 12, 2012 a 1:43 PM #

    ho l’impressione che Battistoni stia alla direzione d’orchestra come Allevi sta alla composizione.
    il meccanismo promozionale mi pare esattamente lo stesso e Lissner, che alla fine è un volpone, l’ha capito benissimo.

    • GloriaCortesi aprile 23, 2012 a 9:49 am #

      forse siamo noi (includendo tutti coloro i quali non hanno apprezzato la direzione di Battistoni sia nelle Nozze scaligere sia nello Stiffelio parmigiano) a non aver compreso un bel niente, stando alla ‘recensione’ apparsa sul Sole 24 ore di ieri…e poi si dice che la critica musicale è relegata a spazi minimi!

  30. sgubonius aprile 26, 2012 a 2:30 am #

    Scrivo per la prima volta, anche se vi leggo da un po’!

    Non c’è dubbio che Battistoni non sia chissà quale fenomeno, ha il solo merito di dare dei tempi rapidi all’orchestra il che, per lo meno in Verdi, nel Verdi dello Stiffelio diciamo (per cui appena uscito dagli “anni di galera”), non è un’operazione priva di senso. A Parma dove l’hanno quasi adottato fra l’altro apprezzano molto!!

    In Mozart, e con un pubblico più rompipalle (soprattutto coi figli del marketing) come quello della Scala, viene fuori il disastro. Perché è abbastanza oggettivo che nelle Nozze di Figaro ha combinato non pochi pasticci già catalogati dai vostri post.

    Piuttosto bisognerebbe chiedersi se abbia un senso per i direttori d’orchestra fare gli enfant prodige (se non si è Karajan) come si fa coi pianisti. Il direttore d’orchestra dovrebbe avere tutto il tempo di formarsi una cultura musicale enorme prima di poter decidere seriamente come interpretare qualsiasi opera. Se comincia a girare l’europa concentrato di volta in volta sull’opera specifica farà anche fatica a formarsi la visione d’insieme necessaria. Diventa anche sprecata allora la “fiducia” che gli si dà facendolo esordire su palcoscenici importanti.

    Ne approfitto per invitarvi a curiosare sul sito http://www.iltrilloparlante.com di recente creazione che si occupa per l’appunto, ovviamente, di musica, partendo dall’ambito milanese ma cercando di approfittare per approfondire più le opere che gli esecutori (che sono ahimè oggi più croci che delizie)!

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