SALOME di Richard Strauss

20 Feb

20 Febbraio 2021 Salome – musica e libretto di Richard Strauss

Salome sarà trasmessa su Rai5, Radio3 e RaiPlay sabato 20 febbraio 2021 alle ore 20. Inizio collegamento alle ore 19.50.

Orchestra del Teatro alla Scala

Nuova Produzione Teatro alla Scala

DirettoreRiccardo Chailly
RegiaDamiano Michieletto
ScenePaolo Fantin
CostumiCarla Teti
LuciAlessandro Carletti
CoreografiaThomas Wilhelm
CAST
HerodesGerhard Siegel
HerodiasLinda Watson
SalomeElena Stikhina
JochanaanWolfgang Koch
NarrabothAttilio Glaser
Ein Page der HerodiasLioba Braun
Fünf JudenMatthäus SchmidlechnerMatthias StierPatrick VogelThomas EbensteinAndrew Harris
Zwei NazarenerThomas TatzlManuel Walser
Zwei SoldatenSorin ColibanSejong Chang
Ein KappadozierPaul Grant*
Ein SklaveChuan Wang

*Allievo dell’Accademia Teatro alla Scala

25 Risposte to “SALOME di Richard Strauss”

  1. marco vizzardelli febbraio 25, 2021 a 7:31 PM #

    (trascrivo con correzione di refusi, in mancanza di correttore)
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    Alla fine, il destino ha voluto che Riccardo Chailly e Damiano Michieletto si riunissero nel nome di Salome di Richard Strauss. Almeno per una rappresentazione. Speriamo che questa produzione, nelle mani del direttore musicale e del regista, torni nelle prossime stagioni per esser ascoltata e vista da tutto il pubblico, che merita di poter “entrare”, come per fortuna è accaduto a chi qui scrive, in una realizzazione scenico-musicale profonda, meditata. E di una forza anche emozionale (l’emozione, il sale del teatro) tale da coinvolgere mente e cuore. Un riferimento nel cammino interpretativo di Salome.
    Nella mia formazione di appassionato di musica e di teatro musicale, mi sento di dire che sono nato e cresciuto a pane e Abbado. Ovvero mi sono nutrito di quella attitudine a far si che musica e teatro investano lo spettatore-pubblico in anima e corpo e cultura e vita in maniera talmente progettuale e vitale da rendere la cosiddetta “fruizione” un momento che ti cambia la vita, ti svela chi sei di fronte all’opera d’arte, e chi sei oggi, con tutto il tuo vissuto. Questo avviene quando i tramiti – direttore, regista – si pongono davanti, anzi, no “dentro” l’opera d’arte con quella medesima forza progettuale, culturale, vitale: un progetto di vita del quale chi vede e ascolta è fatto partecipe fino a farne parte, in anima e corpo, e non “uscirne” uguale a come vi eri “entrato” Quando musica e teatro riescono ad essere questo, sono la più esaltante esperienza di vita. Ascoltare un concerto o vivere un progetto teatral-musicale di Claudio Abbado era questo, e la rappresentazione ti restava dentro per giorni di “metabolizzazione”, e poi per la vita.
    Vi sono, oggi, alcuni magnifici direttori. Ma, confesso, colui che a me suscita e ridà quel tipo di “vissuto” dell’atto artistico-interpretativo, da autore ad interprete a pubblico, è un regista: Damiano Michieletto. Entro in teatro, mi abbandono occhio orecchio anima cuore ad uno che mi dice, mi vuole dire, qualcosa per la mia vita, adesso, qui ed oggi. Non si tratta di “assistere” ma di “entrare”. Chi “assiste” agli spettacoli di Damiano Michieletto, talora li contesta. “Ah,ma in questa Salome manca la sensualità”. Non è vero, ma è di altro tipo da una esibizione di carni nude da bambinetta perversa, mille volte vista in scena. Lasciati andare, ti sta dicendo altro, ti vuol portare altrove. Ma ha bisogno che tu “entri”, non che tu “assista”, con i tuoi pregiudizi. E se “entri”, in pensiero in corpo in vita, ti ritroverai “nuovo” dentro l’opera d’arte. Quando ti apparirà – cerchio da un cerchio da altri cerchi: la buca di Giovanni, la sfera, i passi in circolo dell’ossessione di Salome – l’ostensorio circolare immenso contenente la testa-ostia del Battista, il pensiero il ricordo visivo la cultura ti rimanderanno, immediata, l’Apparizione di Gustave Moreau. E quando gli angeli dalle ali nere – angeli “viennesi” in un disegno scenico limpidissimo e traslucido, da secessione viennese, porgeranno a Salome il Corpo ed il Sangue, ed ella ne berrà si cospargerà, scoprirai che Richard Strauss – tramiti Michieletto e Chailly in meravigliosa, feconda unione d’intenti – ti sta “dicendo” altro e di più, rispetto ad una blasfema perversione. E allora la tua anima, la tua emozione, tornerà al Vangelo di Marco, l’inizio ed il capitolo 6. Il Battista, il Precursore del Cristo, il Sacrificio, l’Eucaristia. Ecco cos’è la “testa di Jochanaan”. Il pensiero e l’emozione ti porteranno, se sei “dentro”, agli scritti di alcune grandi sante e mistiche, nelle cui esperienze e nelle cui parole l’estasi mistica davanti al Sacrificio Eucaristico tracima in sensualità, ben oltre il luogo comune di un corpo esibito. Per la cronaca, la storia di Salome e Jochanaan nasce da una vicenda famigliare, da un delitto mostruoso di famiglia (ne sentiamo, oh quanti! anche in questi giorni). Strauss per primo e Michieletto “entrando” in Strauss, nella musica (è tutto nella musica, “dentro” la musica, sempre, il far teatro d’opera di Damiano Michieletto!! E, di questo, chi lo contesta senza “entrare” non si avvede…), nel libretto e in tutto un mondo di cultura e di vita (questa è una messa in scena fortemente “viennese”, in immagini, disegni, geometrie, colori, emozioni!), ti porta dal dramma famigliare, che c’è, è presente ed è il “motore” della vicenda, fino ai confini di una ossessione non tanto e non solo sensuale, ma mistico-sensuale. L’Agnello Mistico, l’Ostia Divina, il Corpo ed il Sangue amati – carnalmente, spiritualmente – dalle grandi mistiche, da rileggere da ripensare, con negli occhi e nel cuore questa straordinaria creazione-riflessione-emozione scenica di Damiano Michieletto, tutta “nella” musica di Richard Strauss che trova in Riccardo Chailly il favoloso realizzatore musicale di un progetto che direttore e regista avevano concepito insieme, in lunga comunicazione di cultura e di spirito (). E (nell’augurio e nell’affetto per il grande, generoso Zubin Mehta) questo progetto congiunto, musica e scena, meritava di poter tornare nelle quattro mani, due teste e due cuori con i quali è nato. E’ tutto-Chailly, e tutto Chailly con Michieletto, il suono. Tutta sua la concezione sonora, di fraseggi di forme, che porta e restituisce la musica di Strauss in… ‘800 che diventa – lo diviene proprio nel corso dell’opera: la formidabile resa orchestrale della Danza dei Sette Veli (violenza fisica su disegni viennesi, ma anche “nascita nel Sangue”, nella formidabile resa scenica) è davvero il crinale – discesa ed immersione in pieno ‘900 (bello, che ora, e proprio ora, il direttore si dedichi a Kurt Weill!). Lettura di Chailly di una lucidità e di una forza sconvolgenti, pienamente sposata alle immagini. Della quale l’orchestra del Teatro alla Scala è strumento, letteralmente fantastico, favorito dalla sistemazione in piena sala, che apre un mondo ed uno spazio sonoro inauditi al Piermarini, senza che un solo momento – e qui Chailly è magistrale – l’orchestra copra le voci, che arrivano “nette”, pulite.
    Ed ecco la bellissima Salome di Elina Stikhina, riflessiva, lucida nell’ossessione, nitida nel gesto (“nitidezza” è tutto il carattere dello spettacolo), duttilissima nello strumento vocale che attinge – il finale, ancora in straordinaria freschezza! – ad una bellezza belcantistica tale da restituire l’estasi conclusiva (“uccidete quella cagna!” ???Mah, e se fosse “uccidete quella Santa”?: è qui che ci portano Richard Strauss, Michieletto e Chailly). “Fotografici”, scenicamente e vocalmente, la coppia di genitori formata dall'”omuncolo” disegnato da Gerhard Siegel e dalla “donnona”, matronale e perversa dell’efficace Linda Watson, e il Narraboth di Attilio Glaser. Il Jochanaan di Wolfgang Koch è notevole, anche se forse bisogna bypassarne, in un allestimento così nitido, la fisicità massiccia nell’icona da Precursore del Cristo flagellato. Ottimo tutto il contorno vocale. Le parti di un tutt’uno che ha reso memorabile – e assolutamente da “riprendere” in futuro (si sarebbe tentati di dire: lasciando, per questo spettacolo, l’orchestra “fuori buca”, tale la bellezza dell’ascolto, a patto di avere, come qui è avvenuto, un Chailly!) – questa finora unica rappresentazione di Salome.

    marco vizzardelli

  2. der rote Falke marzo 15, 2021 a 6:32 PM #

    CHI SI SUICIDA MUORE

    un tempo non si celebravano i funerali di coloro i quali si suicidavano, poiché’ si riteneva che essi fossero colpevolmente e volontariamente peccatori. oggi la psicologia ci spiega che in molti casi non si può presumere la piena coscienza del suicida.

    ciò che è accaduto oggi al Teatro alla Scala rientra perfettamente nella prima categoria.

    conosciamo Chailly per i due anni di direzione principale (2015-2016) e per gli ormai cinque anni di direzione musicale (dal 2017). sono gli anni del disastro musicale e artistico di quello che era un tempo il primo teatro lirico italiano. sono gli anni della definitiva involuzione di qualsiasi programmaticità drammaturgica a favore del modello supermarket. sono gli anni in cui il pubblico è calato in maniera impressionante, consentendo, pressoché per tutte le sere, di trovare numerosi biglietti last minute. sono gli anni del ripiegamento del tempio su se stesso, dove l’unico ideale registro è l’autoglorificazione mummificata. sono gli anni in cui l’orchestra ha vissuto il più netto peggioramento dal secondo dopoguerra.

    ebbene, pur conoscendo tutto questo, oggi il cda ha prolungato il contratto dello Chailly sino al 2025, con addirittura (udite! udite!) una prelazione per ulteriori due anni.

    questo è un suicidio. un suicidio con molti colpevoli: un sindaco di imbarazzante pochezza, un cda interessato solo a piantare le sue sbrindellate bandierine, un sovrintendente che si intende di opera come se ne può intendere un possidente terriero texano, una orchestra che da anni si lamenta ma che china la testa come una mandria ben pagata.

    cari dirigenti e lavoratori tutti del Teatro alla Scala, siete artisticamente morti e nemmeno ve ne accorgete. il funerale non lo meritate perché non avete solo suicidato voi stessi, ma una intera comunità di abbonati e frequentatori.

    • Oronte marzo 16, 2021 a 6:33 am #

      La comunità a cui fai riferimento non è così ampia come credi.
      Conosco moltissimi appassionati che sono felici per questa scelta.
      La recente stupenda Salome lo dimostra
      Del resto anche a Lucerna hanno pensato la stessa cosa.
      Mi sa che sono quelli come te che sono in minoranza.

      • Ludovica marzo 16, 2021 a 9:46 am #

        Comodo fare paragoni con Lucerna: loro se lo pappano per quattro concerti totali all’anno, noi dobbiamo sopportarlo per il resto del tempo. Non è una suddivisione equa del fastidio!

    • Lino Guanetta marzo 16, 2021 a 7:14 am #

      Bravo Falke! Quoto al mille per cento!!!

  3. Loggiona marzo 16, 2021 a 7:13 am #

    Pessima scelta questo prolungamento. C’È urgente bisogno di aria nuova. Chailly ha avuto la sua occasione e l’ha fallita.

  4. amneris marzo 16, 2021 a 7:15 am #

    BASTA CHAILLY, BASTAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA

  5. PensoPositivo marzo 16, 2021 a 7:21 am #

    sono basito! è davvero così impossibile liberarsi di questi Terragnez???

  6. Ludovica marzo 16, 2021 a 9:42 am #

    Davvero una notizia da lutto al braccio. Unica consolazione: risparmierò altri soldini fino al 2025, perché Meyer e Chailly si scordano di vedermi comprare un biglietto per le loro boiate.

  7. orchestrale scaligero marzo 16, 2021 a 10:46 am #

    gentili loggionisti desidero dirvi che noi orchestrali non siamo stati chiamati a esprimerci ufficialmente.
    questa decisione è da ascrivere completamente e solo al sovrintendente.
    lo dico per amore di verità.

    io personalmente, poi, e molti con me, desidereremmo tutt’altro.

    grazie per l’ospitalità.

    • Francesco marzo 16, 2021 a 4:24 PM #

      Scelta squallida di una pochezza estrema. Peccato. Una grande vergogna. Boh…. faccio davvero fatica a capire

    • der rote Falke marzo 17, 2021 a 11:23 am #

      gentile orchestrale scaligero,

      io credo che voi dovreste semplicemente stare zitti e e andarvi a nascondere, altro che venire qui a piangere.

      sapete benissimo che se lo volete potete pretendere un cambio si direzione musicale. l’avete fatto con Muti, figurarsi con Chailly!

      se non lo fate è perché vi va bene così. poi vi vergognate – perché oggettivamente il vostro direttore musicale è motivo di vergogna – e la mettete sempre sul “vorrei ma non posso”.

      arrangiatevi!

      per me voi siete corresponsabili, e perciò artisticamente non vi stimo.

  8. paolino marzo 17, 2021 a 8:00 am #

    Ma come si fa a tenere Chailly?
    Ma cosa c’è dietro?

    • Oronte marzo 17, 2021 a 2:55 PM #

      Prendo atto che ormai questo è diventato il blog dei nemici di chailly

      • ORONTE marzo 17, 2021 a 2:56 PM #

        Apprendo ora della morte di james levine.
        Spero che sulla sua grandezza come direttore d’opera siano tutti daccordo

  9. giannetta marzo 17, 2021 a 4:25 PM #

    Orante, forse l’unanimità -o quasi- rappresenta un dato oggettivo.

  10. marco vizzardelli marzo 18, 2021 a 5:57 PM #

    Su Levine c’è una sezione dedicata. Scriviamo li, please

    marco vizzardelli

  11. marco vizzardelli marzo 18, 2021 a 6:48 PM #

    “io personalmente, poi, e molti con me, desidereremmo tutt’altro”.

    Così si esprime “un orchestrale scaligero”.
    Ok, prendo atto. Ma capisco che Rote Falke resti spiazzato perché… si resta spiazzati.
    Cari ragazzi, quando si è trattato di esprimere un desiderio al riguardo, chi qui scrive fece partire una petizione pubblica, su un certo nome. Lo fece mettendoci nome cognome e faccia.
    Mentre su cosa pensi, abbia pensato l’orchestra della Scala…. Non si è mai capito. L’impressione è che le opinioni siano differenti e diverse. Poi, alla fine… Eh, ma non abbiamo mica deciso noi.

    Feci una petizione pubblica sul nome di Daniele Gatti, mettendoci il mio nome e cognome, come lo metto qui. Reputo il Maestro Gatti una delle presenze in assoluto fondamentali nella mia vita di ascoltatore e appassionato di musica a tutto campo. Quella, fra i viventi, che più mi ha segnato e mi segna, per totale corrispondenza con il suo modo di fare e di intendere la musica. Purtuttavia, proprio alla luce delle “stranezze” ambientali scaligere – che tali, per forza vanno definite – negli anni ho maturato l’idea che possa esser meglio, per la sua serenità, non venire a trovarsi in questo ginepraio. Vedo che a Roma la sua visone dell’arte, la sua creatività, la sua instancabile curiosità di interprete hanno trovato un luogo pienamente corrispondente (anche merito di un nome e cognome, Carlo Fuortes, che a Milano snob fa storcere il naso ma che a Romacreativa si è rivelato fecondissimo). Mi chiedo se alla Scala tutto questo avrebbe potuto verificarsi così come persino adesso – nei terribili tempi della pandemia – si sta verificando. Vedo sempre, alla Scala, troppo lacci, troppa “sindrome del Sacro Tempio!.

    Detto questo, come si sarà visto ho smesso da tempo la polemica sul nome e cognome Riccardo Chailly. Aspra, visto che c’è stato perfino di mezzo il “buuuu”, con nome e cognome e Chailly lo sa, alla Sinfonia della Gazza Ladra. Ho smesso per – sissignore – chiarimento personale, faccia a faccia – non nell’astratto di un blog, che è limitato e limitante e nevrotico, ma “de visu”. Gentilezza e chiarezza sua, un briciolo di umiltà, e chiarezza mia. E “de visu” le persone si conoscono, e si apprezzano. E ho smesso perchè, giunti a questo punto, trovo la polemica strumentale, in quanto priva di fatti sui quali appoggiarsi. I soli fatti sono che Tosca ha avuto una lettura direttoriale fra le massime della storia interpretativa del titolo. La recente Salome, idem come sopra. In campo sinfonico, lo stesso può dirsi almeno di una sensazionale Quinta sinfonia di Beethoven, e di prove plurime tali da dimostrare che impostazione del direttore e orchestra hanno trovato incontro fecondo: magari c’è voluto del tempo, e ci sta. Il direttore musicale ha fatto sosta per un breve periodo dopo l’anomala inaugurazione, forse il teatro avrebbe potuto essere totalmente trasparente sull’assenza (nulla c’era da temere, l’emergenza è sotto gli occhi di tutti) senza che solo il caso – l’indisposizione di Mehta – restituisse il podio a colui con il quale questa splendida produzione era nata. Ma oggi, Riccardo Chailly è pienamente operativo e lo è, proprio stasera, fra poco, mentre scrivo, con un titolo, anzi due, di un autore – Kurt Weill – grandissimo e per nulla scontato, tale da dimostrare vivezza d’approccio intellettuale. Esattissimo, fra l’altro, subito dopo la realizzazione di Salome.
    A questo punto mi chiedo: stante quella Tosca, stante quel Beethoven, stante quella Salome, stante – anticipo, ma credo sia facile pronostico – questo Weill, che cosa artisticamente osta a che Riccardo Chailly (oltretutto, direttore aperto a presenze altrui ovunque abbia avuto ruolo di responsabilità, e vale la pena dirlo, se pensiamo alla Storia semirecente della Scala) prosegua il suo cammino artistico nel Teatro di via Filodrammatici? Perché mai non avrebbero dovuto confermarlo fino al 2025, il che oltretutto consente il piano – a virus piacendo, e speriamo che il virus, lui sì, si levi dai “cosiddetti”!!!! – delle future inaugurazioni, importantissimo in ogni teatro di livello?

    Dopodiché, ripeto, “un orchestrale dice che” ??? Su un blog, nell’anonimato? No, non ci siamo. L’Orchestra della Scala, tutta “dice chiaramente, alla luce del sole, che….” . Così, ci siamo. Questo avviene fra uomini, “de visu”. Non riesco a capire se alla Scala si sia abituati alla chiarezza dei rapporti. Nel 2021, sarebbe ora!

    marco vizzardelli

    • Guidobaldo Maria riccardelli marzo 18, 2021 a 7:12 PM #

      Quindi vizzardello, mi faccia capire, lei era tra i feroci contestatori di Chailly. Da quando, de visu, avete parlato sui buu della gazzarra ladra, ci vede interpretazioni tra il magistrale e, eventualmente, l’accettabile. Non ci siamo… non ci siamo..

  12. marco vizzardelli marzo 18, 2021 a 9:08 PM #

    Esatto. Invece ci siamo, perchè e’ così. MI annoiai mortalmente a quella Gazza Ladra, non gradii le “Ur-versioni” di Manon e Madama Butterfly. E diversi concerti iniziali del connubio Scala-Chailly mi restituirono (a me, non pretendo di esser verità) un suono non trovato. Ma

    Giovanna d’Arco fu, secondo me, una riuscita musicale entusiasmante

    Tosca, di più.
    Il Beethoven, di più
    Salome, di più

    Lei Guidobaldo pensa forse che uno legge il nome Chailly quindi automaticamente tutto sia sempre splendido o tutto faccia sempre schifo? Perché c’è scritto il nome Chailly? Lei ascolta musica così? Un ascolto un po’ primordiale, direi.
    Non si ascolta un nome, si ascolta la musica.

    matco vizzardelli

  13. marco vizzardelli marzo 18, 2021 a 9:10 PM #

    Esatto. Invece ci siamo, perchè e’ così. MI annoiai mortalmente a quella Gazza Ladra, non gradii le “Ur-versioni” di Manon e Madama Butterfly. E diversi concerti iniziali del connubio Scala-Chailly mi restituirono (a me, non pretendo di esser verità) un suono non trovato. Ma

    Giovanna d’Arco fu, secondo me, una riuscita musicale entusiasmante

    Tosca, di più.
    Il Beethoven, di più
    Salome, di più

    Lei Guidobaldo pensa forse che uno legge il nome Chailly quindi automaticamente tutto sia sempre splendido o tutto faccia sempre schifo? Perché c’è scritto il nome Chailly? Lei ascolta musica così? Un ascolto un po’ primordiale, direi.
    Non si ascolta un nome, si ascolta la musica.

    marco vizzardelli

    • Piercarlo ing.Semenzara marzo 19, 2021 a 7:43 PM #

      Il delta è averlo conosciuto e trovato disponibile al confronto, mi pare. Da lì le è piaciuto più o meno tutto. Casuale? Oppure i suoi filtri sono cambiati tramite la scoperta di un uomo mite?

  14. marco vizzardelli marzo 19, 2021 a 10:30 PM #

    No, non esattamente da lì. Tosca mi è piaciuta prima di quello che lei chiama “il delta” (mi piace comunque il termine). Forse Tosca stessa è stato quel “delta”: ci andai con qualche riserva, proprio in rapporto alle mie impressioni su Butterfly e Manon- Ne usciii assolutamente entusiasta. Trovo ci sia stato nell’ultimo periodo un – logico, se ci si pensa, in un direttore molto “studioso” – appropriarsi dei complessi artistici scaligeri da parte del loro direttore, dandogli il proprio suono (di Chailly, intendo), la propria impostazione. Ho l’impressione che ci sia voluto del tempo. E, appunto, trovo logico che così sia accaduto stante la fisonomia artistica e umana del Maestro stesso.
    Il mio incontro è un episodio. in tutto questo. Ne sono molto contento (si sta meglio, quando si è in dialogo e quando lo si è conoscendosi “de visu”, l’online sbilancia tutto), la conoscenza d’una persona di valore arricchisce, migliora la vita, tuttavia non mi sembra così importante quel che io penso. Non mi ritengo un argomento interessante.
    Pero’ lo penso lo stesso e ho riportato le mie riflessioni. Un saluto e grazie della sua domanda.

    marco vizzardelli

  15. DELUSO&INVIDIOSO marzo 22, 2021 a 10:47 PM #

    Ho fatto un sogno: vedere uno spettacolo come Der Rosenkavalier andato in diretta ieri da Monaco alla Scala.
    Devo aspettare il 2025, fine dell’inutile stagione Meyer/Chailly? Ebbene, aspetterò.
    Ma opera, oggi, è quel che si vede lì.

  16. marco vizzardelli aprile 4, 2021 a 1:50 am #

    Ho amato la Salome scaligera in ogni sua componente quindi, pper parte mia, non c’entrano delusioni o invidie.
    Ma confermo: folgorante, il Rosenkavalier andato in scena a Monaco di Baviera.
    Ascoltare la modernissima direzione – ricerca di suoni inauditi – del favoloso Vladimir Jurovskij, che rende memorabile, facendo di una necessità virtù, perfino l’uso di un complesso da camera, che dà al tutto un’impagabile colore salottiero.
    Guardare, e vivere e poi metabolizzare la straordinaria meditazione sul Tempo, che è la regia di Kosky. ed il lavoro sui cantanti-attori.
    Ascoltare e guardare in ogni espressione, inflessione, negli abiti-costumi stupendi (ciascuno uno stato d’animo), nel volto, negli occhi, nella totale identificazione fisica e vocale, la Marescialla da brivido di Marlis Petersen, già da considerarsi, dopo questa pazzesca performance, la Marescialla del nostro tempo.
    E ascoltare e guardare l’Ochs non-vecchio di Fischesser.

    Lancette avanti per il titolo, con questo spettacolo (anche se alla fine le lancette dell’orològio vanno via), e conferma del ruolo di preminenza mondiale assoluta della Bayerischer Staatsoper.

    marco vizzardelli

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