
12 Risposte a “Presentata la nuova stagione in streaming”
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Stendiamo un pietoso velo sulla rappresentazione di Cosi Fan Tutte, se l’ha vista e ascoltata Riccardo Muti, esplode… giustamente!!!!!
marco vizzardelli
non ho visto lo spettacolo ma il solo pensiero che se ne siano usciti, dopo mesi, con una proposta del genere e una regia così e un direttore così, dà la misura della profondissima crisi di idee e di senso che paralizza il teatro da ben prima del covid e che, come tanti altri settori anche molto lontani, culturalmente e tecnicamente, il covid non ha fatto che accentuare.
non c’è niente da fare, l’Italia più di così non va avanti, dorme sugli allori dei secoli scorsi, non ha creatività né efficienza e qualsiasi cosa, dalla Scala all’innovazione e la ricerca, dalla gestione dei vaccini alla dialettica politica, lo dimostra.
tutto ciò che finisce sotto la coltre protettiva dello Stato italiano va in decadenza e, sia chiaro, questo non è un peana per il privato, perché anch’esso ormai pensa solo a fare soldi con i soldi e non più a produrre e creare lavoro come un tempo, sia pur nella dinamica dello sfruttamento dei lavoratori, accadeva.
così fan tutti, in questo caso lo si potrebbe dire alle anime morte che sono la presunta classe dirigente del nostro disgraziato paese.
Proet, non è del tutto esatto: Antonini è un grande musicista, il Giardino Armonico è già storia d’eccellenza. L’ho ancora ascoltato “live” l’estate scorsa in uno straordinario programma che univa barocco a contemporaneità. E il suo Haydn sta facendo riferimento. Ma……
Ma, Antonini risulta ingrigito e avvilito se immesso in un progetto sbagliato di un teatro che sta sbagliando completamente progetti e identità (e non tiriamo fuori continuamente il virus, vale per tutti, ma altri hanno reagito meglio, la crisi della Scala è ben oltre e ben prima del virus).
E non è il primo che ne risulta ingrigito e avvilito. Il problema non sono gli artisti. E’ la Scala. Finché alla Scala non se ne renderanno conto, continueranno adire che è cattivo chi lo fa notare.
Riallestire così quel glorioso Cosi Fan Tutte è una dichiarazione di sconfitta.
marco vizzardelli
Riscrivo, più precisamente
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Che tristezza inguardabile e inascoltabile, mi auguro che Riccardo Muti non abbia “cliccato” online la fine fatta fare al già bellissimo Cosi Fan Tutte suo e di Hampe, alla Scala. Ma dovrebbe offendersi anche un magnifico musicista quale Giovanni Antonini, coinvolto suo malgrado in un progetto e in una politica del luogo ormai fuori binario. Antonini è un grande musicista, il Giardino Armonico è già storia d’eccellenza. L’ho ancora ascoltato “live” l’estate scorsa in uno straordinario programma che univa barocco a contemporaneità. E il suo Haydn sta facendo riferimento. Ma…
Ma, Antonini risulta ingrigito e avvilito se immesso in un progetto sbagliato di un teatro che sta sbagliando completamente progetti e identità (e non tiriamo fuori continuamente il virus, vale per tutti, ma altri hanno reagito meglio, la crisi della Scala è ben oltre e ben prima del virus).
E non è il primo che ne risulta ingrigito e avvilito. Il problema non sono gli artisti. E’ la Scala. Finché alla Scala non se ne renderanno conto, continueranno a dire che è cattivo chi lo fa notare.
Riallestire così quel glorioso Cosi Fan Tutte è una dichiarazione di sconfitta.
Meditiamoci, è ora di cambiare rotta, voltare il timone, please.
marco vizzardelli
non sono d’accordo, ho lavorato con lui tanti anni fa ed è uno di quelli che non dice nulla, non ha idee e lascia andare tutto contando sul fatto che comunque sta dirigendo dei capolavori noti.
detto questo mi ha colpito soprattutto questa modalità del recuperare dal magazzino cose vecchie, senza un progetto e un’idea che abbia a che fare con la situazione attuale, del mondo e della musica.
continuo a vedere cose molto più interessanti, anche in streaming e senza pubblico, ma vengono per lo più da altri paesi.
La condizione attuale è difficile, su questo non ci piove. Sono sicuro che il povero Antonini, che è un musicista di grande e conclamato valore (lo testimonia quanto da anni fa con ilGIardino Armonico, e in tempi recenti con Haydn), si sia trovato a dover gestire una difficoltà spaventosa, ma… per forza!
Se la scelta logistica è prendere un vecchio spettacolo e adattarlo ad una situazione infernale, vince la situazione!
A Monaco hanno fatto un intrigantissimo Falstaff sperimentando moduli diversi di messa in scena,idem il riuscito Barbiere a Roma.
Ma bisogna essere teatri “programmatici” nei quali si riesce a fare di necessità virtù. Ce lo dice, tutti i santi giorni, in questo periodo, la piccola Bergamo, con la gestione creativa, per quanto possibile, di una difficoltà spaventosa. Tutti vogliamo tornare a teatro “dal vivo” nelle migliori condizioni. Ma quelle attuali impongono uno scatto creativo. Se si è in grado e se c’è la volontà programmatica di compierlo, ne vengono anche spettacoli stimolanti, come quelli citati, nei quali la difficoltà diventa una occasione d’arte.
Ma se ci si siede sulla difficoltà.. ciao. Si riadatta, in qualche modo, una pur bella e vecchia messa in scena, per di più riallestendola in una situazione logistica difficile e poco stimolante per il direttore. Senza spendere chissà cosa, si sarebbe potuto (e Antonini ne ha ben la testa, la capacità!) un discorso nuovo di interpretazione scenica e musicale di un’opera che ben vi si presterebbe, quale il Cosi Fan Tutte. Quando ho letto che veniva affidato ad Antonini, ci ho sperato. Invano. In questo momento storico (e ripeto: non è solo per il virus, che c’è per tutti, è una situazione in atto a tutto campo da anni) la Scala non è un luogo culturalmente creativo, né “di riferimento”. Vive una sorta di continua “celebrazione del tempio”. Ma il tempo della celebrazione è bell’ e finito. E’, proprio adesso e più che mai in questa difficoltà, il momento di essere creativi, propositivi. Più giovani, nello spirito. Altri luoghi lo stanno dimostrando, via Filodrammatici no. Spero che, ora, non incastrino e… non castrino creativamente – nell’ingranaggio – anche Michieletto, per Salome.
marco vizzardelli
Questo l’articolo a firma Giuseppina Manin apparso sul Corriere della Sera del 28/1/2021
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D’accordo, Sanremo è Sanremo. Ma tutto il resto? Che ne sarà del mondo dello spettacolo dal vivo? Delle migliaia di artisti e lavoratori in sofferenza, molti disoccupati, senza più presente né futuro, che dopo un anno di teatri chiusi, di streaming a oltranza, si ritrovano davanti alla più inattesa delle riaperture: il Festival si farà, e con tanto di platea. Anche se non di spettatori paganti ma di figuranti pagati. Distinzione cavillosa foriera di polemiche. «Per gli spettacoli in sale teatrali vale il Dpcm in vigore, che ne consente lo svolgimento in assenza di pubblico» ribadisce il ministro della salute Speranza in una nota al Comitato tecnico scientifico. Ma il gioco di prestigio di Sanremo non convince attori e musicisti. Dopo gli interventi di Lavia e Livermore, di Emma Dante, Ovadia e Celestini, adesso è la musica a far sentire la sua voce.
«Purtroppo l’Ariston sarà il primo e unico teatro d’Italia a riaprire. Due pesi e due misure inaccettabili», esordisce Simone Gramaglia, viola del Quartetto di Cremona, che si è fatto promotore della battaglia a difesa delle sale da concerto e dei teatri. «In questo momento di totale incertezza ci aspetteremmo almeno una risposta, ma il ministro della cultura è come sparito. A questo punto siamo pronti a scendere in piazza, a marciare sul Festival, a dimostrare davanti ai teatri». «Non ce l’abbiamo con Sanremo, ma con la soluzione ipocrita dei figuranti, un tipico escamotage all’italiana — rincalza Daniele Rustioni direttore dell’Opera di Lione e dell’Orchestra della Toscana —. Se Sanremo avesse avuto il coraggio di aprire le porte a un pubblico vero, con le norme di sicurezza messe in atto in ogni teatro, avrebbe potuto diventare l’apripista della ripartenza. E tutti avremmo detto: grazie Amadeus. Così invece è solo una furbata di basso livello».
Secca l’opinione del compositore Fabio Vacchi: «La Scala ha dovuto riaprire a platea vuota e Sanremo no. Che messaggio si manda ai giovani? Che il patrimonio da salvaguardare sono le canzonette e tutto il resto non esiste. La cultura è il nemico numero uno di questo Governo, che le toglie l’ossigeno, ne ignora l’agonia». Di una scelta «simbolicamente sbagliata» parla Carlo Fontana, presidente dell’Agis. «Nel momento in cui ogni attività è sbarrata al pubblico, il solo espediente lo si inventa per Sanremo. Attendiamo soluzioni per tutti i teatri». «Non chiediamo certo di riaprire le sale dall’oggi al domani, ma almeno una previsione per il futuro — ribadisce Ilaria Borletti Buitoni, presidente della Società del Quartetto —. Vaccini e tamponi sono validi alleati, permettono di elaborare varie ipotesi. I figuranti di Sanremo sono uno schiaffo a un settore costretto al silenzio da mesi».
Chi ne sa qualcosa è Dominique Meyer, sovrintendente della Scala, arrivato con l’inizio della pandemia e costretto a gestire il teatro nel momento più buio. «Il mondo dello spettacolo dal vivo ha bisogno del suo pubblico. I mezzi digitali possono svolgere un ruolo fondamentale nell’espandere questa platea ma non possono sostituirla. Abbiamo bisogno di una prospettiva condivisa su tempi e modi del rientro nelle sale. Nel frattempo, ogni sospetto di diversità di trattamento rischia di esacerbare la frustrazione di artisti e lavoratori». «Sto vivendo questa situazione molto male — conferma la violinista Francesca Dego —. Tutto l’ambiente musicale italiano si è fatto in quattro, anzi in mille, per mettere in sicurezza sale e teatri. Adesso ci sentiamo traditi, mal rappresentati, come ci avessero tagliato le gambe. Ben venga Sanremo se fosse una ripartenza programmata per tutti, altrimenti la questione ha del farsesco oltre a essere profondamente ingiusta». A Parigi, per le prove di una nuova «Aida» a fine febbraio all’Opéra Bastille, anche il direttore Michele Mariotti lamenta il disinteresse del governo: «La mancata conoscenza del ruolo del teatro e della cultura, in un Paese come l’Italia, patria dell’opera, suona come una bestemmia. E la scelta di Sanremo è mancanza di rispetto. Nella nostra Costituzione la cultura è a pari grado con l’istruzione e la sanità. Ma oggi chi se ne ricorda più?».
(giuseppina manin)
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Cosa avrebbe detto Giuseppe Verdi – di cui ieri, 27 gennaio, ricorreva il 120° anniversario della morte -, dell’apertura di un singolo teatro per il Festival di Sanremo e della prolungata e confermata chiusura di tutti i teatri d’opera? Chi è la vera gloria italiana, Giuseppe Verdi o Amadeus, inteso come presentatore, non come Mozart (di cui ieri ricorreva il 265° anniversario della nascita)?
Un mesto saluto a tutti Attilia
non penso sia una questione di cultura versus intrattenimento, o cultura alta versus cultura bassa, o peggio ancora arte e non arte, immagino ci siano in ballo essenzialmente interessi economici (come del resto accade nella crisi di governo in corso), anche se non capisco cosa cambi per loro con pubblico in sala o meno, a meno che siano gli sponsor a volerlo ma anche questo non me lo spiego, il grosso della pubblicità che gira intorno a Sanremo è rivolta comunque al pubblico che vi assiste in tv
“La traviata”: Gatti e Martone ancora insieme per un nuovo film-opera
Dopo lo straordinario successo televisivo e di critica della produzione cinematografica de Il barbiere di Siviglia che lo scorso dicembre ha inaugurato la stagione 2020-2021 del Teatro dell’Opera di Roma, una nuova collaborazione tra il Lirico Romano e Rai Cultura: La traviata di Giuseppe Verdi. Sul podio dell’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma il suo direttore musicale, il maestro Daniele Gatti mentre Mario Martone firma regia e scene di questo nuovo film-opera del capolavoro verdiano tratto da La Dame aux camélias di Alexandre Dumas figlio.
È la quarta nuova produzione operistica realizzata dal Teatro dell’Opera dall’inizio dell’emergenza Covid. Lo spettacolo sarà registrato senza pubblico e trasmesso in prima serata su Rai 3 nel mese di aprile.
“Senza il pubblico in teatro continuiamo a sperimentare nuove forme teatrali – ha dichiarato il sovrintendente del Teatro dell’Opera di Roma, Carlo Fuortes -. Abbiamo chiesto a Daniele Gatti e Mario Martone, dopo il successo del recente Il barbiere di Siviglia, di lavorare ad una nuova produzione de La traviata di Giuseppe Verdi. Ed abbiamo rinnovato la proficua e fruttuosa collaborazione con RAI Cultura e con Rai3, che consentirà di allargare la platea del Costanzi a tutti gli italiani, anche a chi si accosta per la prima volta al teatro musicale. E sono certo che potrà affascinare molti nuovi spettatori: se ne Il barbiere di Siviglia il teatro vuoto era lo spazio scenico dove si ambientava l’opera, nella nuova produzione il nostro teatro si trasformerà in un grande e sorprendente set cinematografico.”
“La necessità di chiudere i teatri al pubblico a causa dell’emergenza sanitaria – ha detto il Direttore di Rai Cultura Silvia Calandrelli – ha generato una risposta immediata da parte della Rai. Alle circa settanta produzioni di spettacoli per la TV, si sono sommate le tante nuove riprese destinate allo streaming, e sono nati nuovi format, come l’opera-film: uno dei risultati dei quali siamo più orgogliosi. Dopo il successo del Barbiere di Siviglia diretto dal maestro Daniele Gatti con la regia di Mario Martone, con entusiasmo abbiamo deciso di tornare a collaborare con l’Opera di Roma per un altro grande titolo come La traviata di Giuseppe Verdi. Certi dell’alto valore artistico del prodotto, torniamo quindi a far confluire le diverse esperienze del teatro e della tv verso un risultato che, complice anche il coinvolgimento di un regista come Martone, porta l’opera verso una dimensione cinematografica”.
Il nuovo allestimento dell’opera su libretto di Francesco Maria Piave è impreziosito dai costumi di Anna Biagiotti e dalla fotografia di Pasquale Mari.
Lisette Oropesa sarà la protagonista Violetta Valéry; Saimir Pirgu il suo amato Alfredo Germont. Giorgio Germont saràinterpretato da Roberto Frontali, mentre Anastasia Boldyreva vestirà i panni di Flora e Roberto Accurso quelli del Barone Douphol. Molti gli artisti di “Fabbrica” Young Artist Program dell’Opera di Roma a essere coinvolti in questa produzione: Angela Schisano (Annina), Arturo Espinosa (Marchese D’Obigny) e Rodrigo Ortiz (Gastone), mentre Andrii Ganchuk sarà il Dottor Grenvil. Completano il cast Michael Alfonsi (Giuseppe), Leo Paul Chiarot (un domestico) e Francesco Luccioni (un commissario).
Sul palcoscenico anche il Coro dell’Opera di Roma, diretto dal maestro Roberto Gabbiani, e il Corpo di Ballo, diretto da Eleonora Abbagnato, interprete delle coreografie di Michela Lucenti.
http://www.pierachilledolfini.it/2021/02/06/con-gatti-e-martone-traviata-diventa-un-film/
https://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/traviata-formula-covid-regista-mario-martone-porta-tivu-260423.htm