Dal 31 Marzo al 23 Aprile 2017
Gaetano Donizetti
Tragedia lirica in due atti
Libretto di Felice Romani
(Edizione critica a cura di P. Fabbri;
Fondazione Donizetti di Bergamo e Casa Ricordi, Milano)
Coro e Orchestra del Teatro alla Scala
Produzione Grand Théâtre de Bordeaux
Durata spettacolo: 03 ore e 16 minuti incluso intervallo
Direttore | Ion Marin |
Regia | Marie-Louise Bischofberger |
Scene | Erich Wonder |
Costumi | Kaspar Glarner |
Luci | Bertrand Couderc |
CAST |
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Anna Bolena | Hibla Gerzmava (31 marzo, 4, 11, 14 aprile)
Federica Lombardi (8, 20, 23 aprile) |
Jane Seymour | Sonia Ganassi |
Smeton | Martina Belli |
Lord Percy | Piero Pretti |
Enrico | Carlo Colombara |
Lord Rocheford | Mattia Denti |
Sir Hervey | Giovanni Sala* |
*Allievo dell’Accademia Teatro alla Scala
Vedo che non ci sono commenti… giustamente. Meglio dimenticare questa Bolena.
“Anna Bolena” sepolta dai fischi alla Scala di Milano
ALBERTO MATTIOLI
MILANO
Aspettando La gazza ladra, alla Scala è andata in scena un’imbarazzante Anna Bolena di Donizetti, senz’altro lo spettacolo peggiore dell’evo Pereira (finora, almeno), che ha brutalmente interrotto la serie positiva di Falstaff, Traviata e Meistersinger. Diceva l’Artusi (Pellegrino, non il cinquecentesco teorico della musica Giovanni Maria) che per fare un pollo arrosto la prima cosa da fare è prendere un pollo. Per fare Bolena, opera che alla Scala ha una storia illustre, complicata e pericolosa, per prima cosa si deve prendere un’Anna. C’era la Netrebko ma, quando è scomparsa, sarebbe stato meglio annullare la produzione. Invece si è diabolicamente perseverato approdando venerdì al disastro.
La compagnia è stata scelta con criteri incomprensibili. Inutile quindi gettare la croce addosso ai cantanti, che hanno fatto quel che hanno potuto, poco in verità, risultando tutti più o meno fuori posto e uno addirittura imbarazzante. La protagonista, Hibla Gerzmava, è un dignitoso soprano lirico che, quanto a carisma, sta a una Bolena alla Scala come il sottoscritto a Brad Pitt. Ma se sul podio c’è Ion Marin che si limita a battere il tempo e scorcia la partitura di circa la metà, come se fossimo ancora alla scure di Gavazzeni (lui aveva la Callas, però), la parte musicale è persa in partenza.
Addirittura assurdo, poi, aver importato dalla provincia francese (Bordeaux, per la precisione) uno spettacolo atroce con scene orrende, costumi raccapriccianti e una regia pretenziosa e insensata di Marie-Louise Bischofberger. In un teatro dove si ciancia un giorno sì e l’altro pure di «italianità», trattare Donizetti da serie C’è imperdonabile. Fiascone finale con fischi e improperi vari.