Stagione sinfonica della Filarmonica della Scala – Lorenzo Viotti

28 Ott

Dal 28 al 31 Ottobre 2018
Filarmonica della Scala
Direttore Lorenzo Viotti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PROGRAMMA
Richard Wagner
Siegfried Idyll

Sergej Rachmaninov
L’isola dei morti op. 29

poema sinfonico

Claude Debussy
Prélude à l’après-midi d’un faune

poema sinfonico

Aleksandr Skrjabin Le poème de l’extase op. 54

10 Risposte to “Stagione sinfonica della Filarmonica della Scala – Lorenzo Viotti”

  1. marco vizzardelli ottobre 29, 2018 a 8:03 am #

    Cresci bene che ripasso.
    Le doti ci sono: ottiene un bel suono, bei fraseggi (quando non slenta troppo in languore la frase, come accade in Wagner), non gioca a fare il fenomeno sul podio (anzi, lascia suonare gli strumentisti all’inizio di Wagner e Debussy, restando immbobile), il gesto è un po’ legnoso (c’entra la statura fisica, probabilmente: a tratti gli escono movimenti “giuliniani”, magari lo diventasse!!) ma elegante.
    Dopodiché, non si percepisce ancora se, dietro a questo, ci sia davvero una personalità musicale spiccata e originale. Quasi tutto il concerto restituisce l’immagine musicale di uno “stato embrionale”, e lascia perplessi il fatto che almeno tre dei quattro brani proposti, Idillio, Prelude e Estasi (il Rachmaninov, notevole, è il meglio della serata), sembrano , all’orecchio, i tre movimenti di uno stesso autore: c’è un effetto-monotonia, nei pur curati suoni e fraseggi, che appare proprio il segnale di una (per carità, giusta e comprensibile) giovinezza non matura. Di una personalità musicale tutta da costruire.
    Allora: già chiamato a dirigere orchestre prestigiose, e opere impegnativissime (farà Carmen in luoghi d’eccellenza), qui però – almeno in questo concerto – abbiamo ascoltato l’embrione di un direttore, il bocciuolo ancora chiuso di un interprete. Si aprirà?
    Non sarebbe più prudente – anziché le grandi orchestre e i grandi titoli d’opera – tanto e tanto studio? Le istituzioni musicali lanciano, i titoli corrono: ma il rischio è che, poi, ci si può bruciare. E qui, all’ascolto, il rischio c’è.
    Cresci bene che ripasso.

    marco vizzardelli

  2. marco vizzardelli ottobre 29, 2018 a 11:13 am #

    Ne ho parlatp con amici, e non vorrei esser frainteso in quanto ho scritto. Di buttato via o sciatto non c’era nulla in questo concerto (salvo i corni bruttini da riprendere al volo, in Scriabin, ehm, invece hanno ripetuto in corso d’esecuzione) anzi semmai l’eccesso contrario. Una rifinitura pervicace ma, come dire, un po’ “anonima”. Si capisce la tenacia dello studio e sa essere anche “caldo”, effusivo nella resa sonora. Si percepisce una certa rigidezza d’atteggiamento ma è come se, siccome sotto sotto trabocca di calore, da introverso tema di travalicare. Comunque lo seguirò con interesse

    marco vizzardelli

  3. marco vizzardelli ottobre 29, 2018 a 11:18 am #

    Sono anche convinto che chi ascolterà la terza sera, avrà un’impressione migliore, come
    quasi sempre avviene con l’orchestra scaligera. Infatti penso di tornare.

    marco vizzardelli

  4. marco vizzardelli ottobre 29, 2018 a 3:30 PM #

    Nella bella intervista che ha rilasciato a Foletto su La Repubblica la vigilia del Concerto, indica tre direttori, assai diversi fra loro, da lui stimati: Bernard Haitink per l’umiltà, Georges Pretre che indica come il suo mentore e Teodor Currentzis per il coraggio della coerenza anche a costo di far discutere. Molto bello che sia aperto ad accettare musicalità differenti.
    Dopodiché il suo far musica e il suo modo di porsi, in orchestra e con il pubblico, la sua stessa volontà di iniziare a formarsi come orchestrale, lascerebbero pensare, fra i grandi, ad un modello che non se abbia fatto a tempo ad ascoltare, e l’ho già citato per il suo gesto: Carlo Maria Giulini, grande direttore nato “in orchestra”, rigoroso, signore nel tratto e nella musicalità. Non so quanto consapevolmente, nel suono stesso (luminoso ma raddensato in forte), nella frase “posata”, nel modo stesso di porsi di Viotti, mi sembra esserci parecchio di un “giovane Giulini” . E’ un augurio, ovviamente. Sicuramente si è di fronte ad un musicista serio (lo vedevo anche in volto dalla mia postazione: è bello che, a tratti, la bellezza della musica lo faccia sciogliere in sorriso, assieme agli orchestrali). Avrà il tempo e lo studio per restarlo acquisendo libertà.

    marco vizzardelli

  5. marco vizzardelli ottobre 29, 2018 a 4:12 PM #

    Nella bella intervista che ha rilasciato a Foletto su La Repubblica la vigilia del Concerto, indica tre direttori, assai diversi fra loro, da lui stimati: Bernard Haitink per l’umiltà, Georges Pretre che indica come il suo mentore e Teodor Currentzis per il coraggio della coerenza anche a costo di far discutere. Molto bello che sia aperto ad accettare musicalità differenti.
    Dopodiché il suo far musica e il suo modo di porsi, in orchestra e con il pubblico, la sua stessa volontà di iniziare a formarsi come orchestrale, lascerebbero pensare, fra i grandi, ad un modello che non so se abbia fatto a tempo ad ascoltare dal vivo ma che sicuramente conosce, e l’ho già citato per il suo gesto: Carlo Maria Giulini, grande direttore nato “in orchestra”, rigoroso, signore nel tratto e nella musicalità. Non so quanto consapevolmente, nel suono stesso (luminoso ma raddensato in forte), nella frase “posata”, nel modo stesso di porsi di Viotti, mi sembra esserci parecchio di un “giovane Giulini” . E’ un augurio, ovviamente. Sicuramente si è di fronte ad un musicista serio (lo vedevo anche in volto dalla mia postazione: è bello che, a tratti, la bellezza della musica lo faccia sciogliere in sorriso, assieme agli orchestrali). Avrà il tempo e lo studio per restarlo acquisendo libertà.

    marco vizzardelli

  6. marco vizzardelli ottobre 31, 2018 a 3:01 am #

    Mi tocca riscrivere, ma è un piacere perché non solo le precisazioni dell’amico Puck erano esatte ma un po’ avevo ragione anch’io aspettandomi un esito in crescita alle repliche. Il fatto è che la crescita, dopo la prima serata, è esponenziale. Anche i muri di Milano sanno che i concerti sinfonici in tre repliche della Filarmonica vanno ascoltati la seconda, anche meglio terza sera. E’ un fatto fisiologico, di sicurezza, di prove, comprovato da anni ed anni di ascolto: il turno C ascolta, nove volte su dieci, un concerto migliore rispetto al turno A. Ognuno ci faccia le sue riflessioni, ma è un fatto.
    Alla luce del secondo ascolto, tutto si è precisato e motivato. Più sciolto e libero il direttore, molto più centrata l’orchestra, segnatamente in Scriabin. Il concerto è, adesso, quel che probabilmente Viotti intendeva scegliendo un programma di questo tipo. La scelta stessa del tempo slentato e quasi franto, dell’espressività estetizzante, per l’Idillio di Sigfrido – di per se stessa, apparentemente eccessiva – mette il brano in dialogo con tutto il resto del programma, non solo: ascoltando, vien da pensare che quel signor Ludwig di Baviera avrebbe assai gradito un Idillio così concepito ed eseguito. E, nell’esecuzione più convinta e nello stesso tempo più libera della seconda sera, si comprende che ciò che pareva una uniformità è invece un lavoro d’intelletto di interprete. Lorenzo Viotti, scegliendo ed eseguendo questo programma non immediato e non di facile presa, ma bellissimo, ci ha portato in un mondo e ce lo ha squadernato con grande cura degli impasti, dei colori, delle frasi, delle dinamiche (il suono è sempre sostenuto, dal piano al fortissimo, la frase è resa mobile e interessante anche quando il tempo “appare” lento), e il tutto è chiaramente sostenuto da intelletto, studio e cultura non comuni in un musicista di 28 anni, che non gioca a fare il fenomeno, ma fa musica sul serio. Tecnicamente, oltre al senso del suono tale da governare qualsiasi dinamica facendo sempre suono e suono bello, il blocco istantaneo dell’orchestra su certi fortissimo è di esattezza impressionante e, se qualche attacco dei fiati estremi non risulta millimetrico,vien dad dire, meglio. Pur accuratissimo, Viotti non è uno di quei direttori che, per l’acribia di dirigere ogni nota, perdono di vista il complesso del lavoro. Insomma, fermo restando qualche aspetto ancora “giovanile” (e meno male, ci mancherebbe) che avevamo rilevato e confermiamo, la iniziale impressione si modifica anche in meglio. Siamo ripassati immediatamente, e ne sortiamo con l’idea d’aver ascoltato un che di notevole, che – condito di studio e naturale crescita umana – andrà seguito con attenzione. E ci fa estremo piacere dirlo, è ciò per cui ascoltiamo musica.

    marco vizzardelli

  7. marco vizzardelli ottobre 31, 2018 a 3:03 am #

    P.s. L’amico Puck è utente di altro sito col quale ero in dialogo, non ho scritto due commenti diversi sui due forum e la frase è rimasta qui. Chiedo scusa.

    marco vizzardelli

  8. lavocedelloggione ottobre 31, 2018 a 8:13 am #

    Impressione molto positiva per il concerto ascoltato ieri sera. Solo l’Idillio di Sigfrido mi è sembrato troppo alla ricerca dell’effetto lirico estremo, come se fosse una musica “velata”, ma questo toglie suggestione invece che conferirla. Tutto il resto molto bello, soprattutto Rachmaninov e Scriabin. Isola dei morti impressionante! Attilia

  9. marco vizzardelli ottobre 31, 2018 a 10:33 am #

    Trascrivo con correzioni

    Mi tocca riscrivere, ma è un piacere perché è pur vero che mi aspettavo un esito in crescita alle repliche. Il fatto è che la crescita, dopo la prima serata, è esponenziale. Anche i muri di Milano sanno che i concerti sinfonici in tre repliche della Filarmonica vanno ascoltati la seconda, anche meglio terza sera. E’ un fatto fisiologico, di sicurezza, di prove, comprovato da anni ed anni di ascolto: il turno C ascolta, nove volte su dieci, un concerto migliore rispetto al turno A. Ognuno ci faccia le sue riflessioni, ma è un fatto.
    Alla luce del secondo ascolto, tutto si è precisato e motivato. Più sciolto e libero il direttore, molto più centrata l’orchestra, segnatamente in Scriabin. Il concerto è, adesso, quel che probabilmente Viotti intendeva scegliendo un programma di questo tipo. La scelta stessa del tempo slentato e quasi franto, dell’espressività estetizzante, per l’Idillio di Sigfrido – di per se stessa, apparentemente eccessiva – mette il brano in dialogo con tutto il resto del programma, non solo: ascoltando, vien da pensare che quel signor Ludwig di Baviera avrebbe assai gradito un Idillio così concepito ed eseguito. E, nell’esecuzione più convinta e nello stesso tempo più libera della seconda sera, si comprende che ciò che pareva una uniformità è invece un lavoro d’intelletto di interprete. Lorenzo Viotti, scegliendo ed eseguendo questo programma non immediato e non di facile presa, ma bellissimo, ci ha portato in un mondo e ce lo ha squadernato con grande cura degli impasti, dei colori, delle frasi, delle dinamiche (il suono è sempre sostenuto, dal piano al fortissimo, la frase è resa mobile e interessante anche quando il tempo “appare” lento), e il tutto è chiaramente sostenuto da intelletto, studio e cultura non comuni in un musicista di 28 anni, che non gioca a fare il fenomeno, ma fa musica sul serio (e non v’è stata ombra di freddezza alcuna: anzi, tinte e frasi ricche, calde, tenere o infiammate). Tecnicamente, oltre al senso del suono tale da governare qualsiasi dinamica facendo sempre suono e suono bello, il blocco istantaneo dell’orchestra su certi fortissimo è di esattezza impressionante e, se qualche attacco dei fiati estremi non risulta millimetrico,vien da dire, meglio. Pur accuratissimo, Viotti non è uno di quei direttori che, per l’acribia di dirigere ogni nota, perdono di vista il complesso del lavoro. Insomma, fermo restando qualche aspetto ancora “giovanile” (e meno male, ci mancherebbe) che avevamo rilevato e confermiamo, la iniziale impressione si modifica anche in meglio. Siamo ripassati immediatamente, e ne sortiamo con l’idea d’aver ascoltato un che di notevole, che – condito di studio e naturale crescita umana – andrà seguito con attenzione. E ci fa estremo piacere dirlo, è ciò per cui ascoltiamo musica.

    marco vizzardelli

  10. marco vizzardelli ottobre 31, 2018 a 10:35 am #

    E il Rachmaninov è realmente impressionante

    marco vizzardelli

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