Dal 23 al 25 Gennaio 2017
Filarmonica della Scala
Filarmonica della Scala
Direttore | Zubin Mehta |
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Anton Webern | Sechs Stücke für Orchester op. 6 |
Franz Joseph Haydn | Sinfonia in re magg. Hob. 96 “The Miracle” |
Franz Schubert | Sinfonia n. 8 in do magg. D. 944 “Die Grosse” |
Era prevista in origine la Quinta di Mahler, ma ormai è prassi che il Teatro alla Scala oramai segue solo una politica di “annunci”, che se si traducano o meno in realtà è poi pura alea. Così abbiamo avuto un concerto afferente le scuole di Vienna invece del compositore boemo. Poco male, dato che il maestro sul podio è rimasto invariato (stranamente: di solito cambia pure quello), l’ottuagenario Zubin Mehta, in perfetta età-Pereira per cui alla Scala devono arrivare solo direttori dagli ottant’anni in su, per avere garanzia di qualità. Vabeh, nella speranza che anche Pereira se ne vada al più presto, parliamo del concerto.
E’ stato ben suonato, ben diretto e ben eseguito. D’altronde l’alta classe di Mehta la conosciamo, ne apprezziamo molto l’appropriatezza dello stile, l’equilibrio del fraseggio, la rotondità del suono, la cura delle dinamiche, sempre gradevoli, mai estremizzate nè nei fff nè nei ppp. Haydn così era elegante con una punta di tranquillizzante rusticità, Webern sinuosamente smussato, Schubert pieno e corposo con un’attenzione particolare alle sonorità dei legni portati, non a caso, tutti a semiarco in prima fila davanti al direttore.
Tuttavia la scelta del maestro indiano di ridurre al minimo qualunque variazione agogica sia all’interno dei singoli tempi, sia tra un tempo e l’altro, non ha evitato un sospetto di routine nell’esecuzione del tutto.
Stimiamo il maestro Mehta, quindi siamo molto “buoni”.
Alla prossima,
-MV
Giornata duplicemente deludente quella scaligera di ieri.
Alla sera concerto di alta routine, con un Haydn inutile, un Webern accattivante, uno Schubert piacevole.
Al mattino tragicomica conferenza stampa. Non s’è capito se il motivo fosse il nuovo disco della Filarmonica, la promozione di Chailly a direttore musicale e non più principale. Ma tanto in questa triste era scaligera tutto è uguale e indifferente. Quanta pochezza! Nessuna prospettiva artistica, nessuna leadership stilistico-musicale. In compenso grande spazio agli interessi della Filarmonica delle banche e delle marchette. Si prospettano cinque anni di noia. E molte trasferte altrove.
5 anni di Chailly???? ma chi ce la puo’ fare???? vogliono il teatro deserto????