20 Gennaio 2017
Chicago Symphony Orchestra
Direttore | Riccardo Muti |
Alfredo Catalani | Contemplazione |
Richard Strauss | Don Juan op. 20 |
Pëtr Il’ič Čajkovskij | Sinfonia n. 4 in fa min. op. 36 |
21 Gennaio 2017
Chicago Symphony Orchestra
Direttore | Riccardo Muti |
Paul Hindemith | Konzertmusik op. 50
per archi e ottoni |
Edward Elgar | In the South (Alassio) op. 50 |
Modest Musorgskij | Una notte sul Monte Calvo
Quadri da un’esposizione (orchestrazione Maurice Ravel) |
STREPITOSO!!!!!!!
Orchestra meravigliosa
Direttore stellare
Riccardo I ritorna sul trono della Scala
Confermo che il carisma di Riccardo I è ancora completamente intatto, e che ogni confronto con Riccardo II sarebbe impietoso.
Confermo che l’orchestra suona benissimo.
Ho qualche dubbio sull’interpretazione di Čaikovskij, dove troppi effetti – sebbene realizzati benissimo – mi sono sembrati calcolati e dimostrativi, musicalmente ingiustificabili.
purtroppo sono l’unico a cui non è piaciuto…troppo rumore, troppi ottoni, ricerca di effetti eccessiva. La prima parte di Strauss è stata teribbbbile, un marasma rumoroso. La sinfonia mi è sembrata una lista della spesa: era tutto li, ma niente che legasse. E la sinfonia del nabucco, la sigla di qualche film ammmmerecano. E lo dico da Mutiano, sia chiaro. Ma se Muti avesse sempre suonato così, non avrei mai desiderato vederlo ieri sera nè stasera.
Confermo anche questo: che il bis è stato deludentissimo.
Secondo concerto altrettanto sontuoso, per quanto riguarda l’orchestra e le sue prime parti.
Muti interpretativamente più convincente in quattro brani affastellati a casaccio ma godibilissimi.
Di nuovo un bis verdiano, di nuovo esecuzione musicalmente bruttissima.
Comunque una duegiorni valida.
il secondo concerto mi è sembrato migliore (e di gran lunga) del primo (a parte il bis, sempre un po’ troppo yankee, e con le tipe in prima fila che facevano a gara a sbracciare più di Muti). Non so se perchè l’orchestra era più sciolta della prima sera, non so se perchè ero in posizione leggermente diversa e il suono mi arrivava meglio, ma la prima sera non mi è piaciuta per nulla, mentre il secondo concerto è stata occasione per sentire una signora orchestra e un ottimo direttore. Non una di quelle serate da ricordare nei tempi, sia chiaro.
confesso che ho comprato biglietti economici di loggione più per esserci che non per aspettative musicali.
purtroppo ho ritrovato l’insopportabile Muti di sempre.
soprattutto BASTA PARLARE E PARLARE durante i suoi concerti! BASTA!
e la dedica al terremoto, e il commento sul Nabucco; la prima sera.
e il sermone finale prima del bis dei Vespri; seconda sera.
BASTA PARLARE! BASTA MONOLOGHI! non sei Napoleone o Cavour o Mussolini.
taci e dirigi! che non sei nemmeno sto finimondo.
…e pensare che il da lui definito “mmio maeshttrre Votto” diceva sempre: un direttore deve dirigere non parlare. sante parole…
DEMUTIZZAZIONE!!!
LA GRANDE QUARTA DI CIAIKOVSKIJ DI JADER BIGNAMINI,
LA MAGNIFICA “PATETICA” DI KIRILL PETRENKO
In queste prime settimane del 2017, a Milano, abbiamo avuto una grande, magnifica lettura della Quarta sinfonia di Ciaikovskij. Quella dataci da Jader Bignamini sul podio dell’Orchestra Verdi, all’auditorium di Largo Mahler.
Il Ciaikovskij di Bignamini è ben lungi da fragori o traslucide, colorate, superficiali brillantezze tipiche di una certa tradizione di orchestre americane e loro direttori (non certo il sommo Bernstein, peraltro) e lo è anche dalla dolorosa estenuazione di certa scuola russa. Vladimir Delman, straordinario interprete della musica di questo autore, amava definire Ciaikovskij “il Mozart russo”. E in queste settimane abbiamo ascoltato due magnifiche esecuzuoini e letture, entrambe rispondenti alla definizione del grande Delman. A Torino la fremente – ma elegante, aristocratica – Patetica di Kirill Petrenko alla guida dell’Orchestra Rai. A Milano, la pure incandescente – ma ancora: elegante, raccolta nei fraseggi e nell’espressione – Quarta di Jader Bignamini, benissimo assecondato da La Verdi. Raccolta, sia pur intensa, fin nel tema iniziale, che il gesto di Bignamini richiede, sì doloroso, ma nobile, non urlato o “sparato” come avviene nelle esecuzioni dei direttori mediocri. Così, doloroso ma intimo, risuona anche il movimento lento, e l’eleganza (pur venata di inquietudine) del pizzicato prelude ad un finale tesissimo che risulta tanto più efficace in quanto preparato a perfezione da una lucida concezione della forma, oltreché dei contenuti, di questa sinfonia da parte di Jader Bignamini. La sua Quarta suona “fresca”, pertinente nello stile ma anche “nostra”, Consegnata al nostro tempo, non musealizzata, ma vivente.
Con Petrenko e Bignamini il pubblico di Torino e Milano ha vissuto due grandi “momenti” musicali nel nome e nel segno di Ciaikovskij.
marco vizzardelli