DIE ZAUBERFLÖTE

8 Set
Wolfgang Amadeus Mozart  IL FLAUTO MAGICO

Progetto Accademia

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Coro e Orchestra dell’Accademia del Teatro alla Scala

Solisti dell’Accademia di perfezionamento per Cantanti Lirici del Teatro alla Scala
Nuova produzione Teatro alla Scala

 

Questa produzione costituisce la prima tappa di un progetto di collaborazione tra il Teatro alla Scala, l’Accademia di Canto e uno dei più prestigiosi registi del nostro tempo, Peter Stein per presentare ogni anno i migliori giovani cantanti internazionali in un contesto d’eccellenza e al termine di un percorso artistico inedito per qualità e livello di approfondimento. Stein ha dato infatti la sua disponibilità per iniziare il lavoro formazione e preparazione dei giovani artisti da un anno prima del debutto.
Lo spettacolo del 21 settembre alle ore 20 verrà trasmesso in diretta su ARTE.

Durata spettacolo: 3 ore e 20 minuti incluso intervallo

Direttore Ádám Fischer
Regia Peter Stein
Scene Ferdinand Wögerbauer
Costumi Anna Maria Heinreich
Luci Joachim Barth
Drei Knaben Solisti dei Wiltener Sängerknaben, Innsbruck: Moritz Plieger, Clemens Schmidt e Raphael Eysmair

 

Maestro del coro: Johannes Stecher

 

Papageno Till Von Orlowsky
Tamino Martin Piskorski
Pamina Fatma Said
Regina della notte Yasmin Özkan
Sarastro Martin Summer
Monostato Sascha Emanuel Kramer
Prima Dama Elissa Huber
Seconda Dama Kristin Sveinsdottír
Terza Dama Mareike Jankowski
Papagena Theresa Zisser
Primo sacerdote Philipp Jekal
Secondo sacerdote Thomas Huber
I uomo in armatura Francesco Castoro
II uomo in armatura Victor Sporyshev
Tre schiavi Marcel Herrnsdorf

Tenzin Chonev Kolsch

Thomas Prenn

12 Risposte a “DIE ZAUBERFLÖTE”

  1. marco vizzardelli settembre 13, 2016 a 11:39 PM #

    Su un altro forum, la nostra amica Patrizia mi ha fornito fornisce un perfetto assist, dicendo, in sintesi, “Tamino ha una bellissima voce ma Mozart non si canta così>. Perché proprio il Tamino è la “spia” di tutto questo Flauto Magico. Verissime entrambe le cose, ovvero: splendida voce ma Mozart non si canta così, come fosse un mix fra Manrico e Andrea Chenier. Ma, allora, e arrivo subito al dunque: che cosa ci sta a fare, in un allestimento di scuola, un (non) concertatore-direttore che lascia tutto brado, esibendosi in una ouverture dagli accenti estrosi-facciamolo strano (ma almeno promettente) per poi cadere nella totale catalessi (tempi impossibili, letargo!!) condita di leziosimi ancient regime-cioccolatini Mozart ((nel Flauto! Capirei, pur non gradendo, le crinoline nel Mozart italiano, ma qui!), con tutti i cachinni possibili lasciati alle figure di Papageno e Monostato, e nessuna moderazione della (splendida, ma male usata) voce del Tamino Martin Piskorski. Il secondo assist mi è arrivato, a tavola al ristorante dopo lo spettacolo, dalla mia sconosciuta vicina di tavolo (madre e figlio, arrivati al ristorante dopo di me): . Esatto, tale Adam Fischer, tale – purtroppo, e spiace infierire – l’Accademia della Scala. L’accompagnamento dei corni a tutta la sortita di Papageno atto I era uno strazio e un supplizio, il resto, considerato che si tratta di giovani e alm eno dovrebbero esprimere freschezza ed entusiasmo, era un continuo effetto di rammollimento (certo non aiutato da Fischer, che ben poco ha a che fare con le doti di galvanizzatore del grande fratello Ivan, o forse, constatata la situazione, ha creduto bene tirare i remi in barca e badare al sodo, ma non vi è riuscito). Ora, mi pongo due domande, una generale: siamo nell’epoca delle entusiasmanti, precisissime, infuocate orchestre sudamericane di ex ragazzi di strada tirate su con il metodo-Abreu, oppure delle varie, fantastiche Mahler orchestre di giovani. Possibile che alla Scala non si riesca a tirar su qualcosa di meglio di questi, per carità, volenterosi ragazzi (non crediamo sia colpa loro, ovviamente)? L’altra domanda è particolare, e riguarda l’annosa questione dei corni, disastrosi in quasi tutte le orchestre italiane (la Scala si è rivolta alla Spagna per rimediare). Ma si dà il caso che italiano è un certo Allegrini, corno fantasmagorico in forza a Santa Cecilia: vogliamo dargli la direzione-dittatura (promuove solo chi dice lui) di una scuola di corni (e di ottoni) e cominciare a vedere di tirarne fuori qualcuno più decente?
    E qui finiscono gli input, e comincia la riflessione tutta mia. Alla Scala si è fischiato un certo Tcherniakov. Ma passano indenni i leoncini, le scimmiette, il serpentello, le orripilanti minigonne a palloncino delle Tre Dame (avessero almeno le gambe delle Kessler, e ci scusino, ma l’effetto salsicciotto è terribile e non è colpa loro!), il palchetto volante dei tre genietti (sai che novità), i sacerdoti bianchi di Sarastro riciclati tali quali dai sacerdoti bianchi di Aida (in realtà tutto il cosiddetto apparato scenico è riciclato, (tanto, dice il genio, sempre Egitto è). Passa indenne la Regina delle Notte che arriva dentro una stella luminosa su scaletta luminosa e sembra arrivare dentro una bottiglietta di minerale San Pellegrino poggiata su una scala. Passano indenni i negretti e Monostato del peggior luogo comune razzista (neanche Zeffirelli nella turpe, ultima Aida era arrivato a tanto): strano, da parte di un regista che fa di cognome Stein e in quanto tale dovrebbe aborrire ogni razzismo. Ma lo Stein, da qualche anno, si è autoeretto a paladino del rispetto dei libretti, esiti: un Simon Boccanegra inguardabile /Abbado si ascoltava ad occhi chiusi), una Aida idem pressapoco, e il Don Carlo che vedremo a Milano ma sul quale dioversi conoscenti mi hanno già allertato (e mi dispiace: c’è di mezzo il grande Chung!). E questa “roba”, che sicuramente farà felici quelli che trovano scandalosi i Tcherniakov, i Michieletto, ecc., a noi dà alquanto da riflettere…
    Spiace il tutto per la giovane compagnia di canto, complessivamente a postissimo (Tamino, impara a cantar piano: hai in gola un tesoro! Studia e usalo con la testa).

    marco vizzardelli

    • FedeCavaterra settembre 14, 2016 a 2:52 PM #

      Forse non abbiamo assistito alla stessa opera, eppure era proprio “Die Zauberflöte” alla scala. Mah!? forse bere fa male davvero.. ah piccola curiosità sul personaggio di monostato: colui si rivolge a Pamina con una frase simile a questa, ” non mi vuoi perché sono NERO”. Credo che povero Stein in tutto questo c’entri ben poco. Prendiamocela con Mozart e Schikaneder.

  2. marco vizzardelli settembre 13, 2016 a 11:51 PM #

    Su un altro forum, la nostra amica Patrizia mi ha fornito un perfetto assist, dicendo, in sintesi, “Tamino ha una bellissima voce ma Mozart non si canta così>. Perché proprio il Tamino è la “spia” di tutto questo Flauto Magico. Verissime entrambe le cose, ovvero: splendida voce ma Mozart non si canta così, come fosse un mix fra Manrico e Andrea Chenier. Ma, allora, e arrivo subito al dunque: che cosa ci sta a fare, in un allestimento di scuola, un (non) concertatore-direttore che lascia tutto brado, esibendosi in una ouverture dagli accenti estrosi-facciamolo strano (ma almeno promettente) per poi cadere nella totale catalessi (tempi impossibili, letargo!!) condita di leziosimi ancient regime-cioccolatini Mozart ((nel Flauto! Capirei, pur non gradendo, le crinoline nel Mozart italiano, ma qui!), con tutti i cachinni possibili lasciati alle figure di Papageno e Monostato, e nessuna moderazione della (splendida, ma male usata) voce del Tamino Martin Piskorski. Il secondo assist mi è arrivato, a tavola al ristorante dopo lo spettacolo, dalla mia sconosciuta vicina di tavolo (madre e figlio, arrivati al ristorante dopo di me): . Esatto, tale Adam Fischer, tale – purtroppo, e spiace infierire – l’Accademia della Scala. L’accompagnamento dei corni a tutta la sortita di Papageno atto I era uno strazio e un supplizio, il resto, considerato che si tratta di giovani e alm eno dovrebbero esprimere freschezza ed entusiasmo, era un continuo effetto di rammollimento (certo non aiutato da Fischer, che ben poco ha a che fare con le doti di galvanizzatore del grande fratello Ivan, o forse, constatata la situazione, ha creduto bene tirare i remi in barca e badare al sodo, ma non vi è riuscito). Ora, mi pongo due domande, una generale: siamo nell’epoca delle entusiasmanti, precisissime, infuocate orchestre sudamericane di ex ragazzi di strada tirate su con il metodo-Abreu, oppure delle varie, fantastiche Mahler orchestre di giovani. Possibile che alla Scala non si riesca a tirar su qualcosa di meglio di questi, per carità, volenterosi ragazzi (non crediamo sia colpa loro, ovviamente)? L’altra domanda è particolare, e riguarda l’annosa questione dei corni, disastrosi in quasi tutte le orchestre italiane (la Scala si è rivolta alla Spagna per rimediare). Ma si dà il caso che italiano è un certo Allegrini, corno fantasmagorico in forza a Santa Cecilia: vogliamo dargli la direzione-dittatura (promuove solo chi dice lui) di una scuola di corni (e di ottoni) e cominciare a vedere di tirarne fuori qualcuno più decente?
    E qui finiscono gli input, e comincia la riflessione tutta mia. Alla Scala si è fischiato un certo Tcherniakov. Ma passano indenni i leoncini, le scimmiette, il serpentello, le orripilanti minigonne a palloncino delle Tre Dame (avessero almeno le gambe delle Kessler, e ci scusino, ma l’effetto salsicciotto è terribile e non è colpa loro!), il palchetto volante dei tre genietti (sai che novità), i sacerdoti bianchi di Sarastro riciclati tali quali dai sacerdoti bianchi di Aida (in realtà tutto il cosiddetto apparato scenico è riciclato, (tanto, dice il genio, sempre Egitto è). Passa indenne la Regina delle Notte che arriva dentro una stella luminosa su scaletta luminosa e sembra arrivare dentro una bottiglietta di minerale San Pellegrino poggiata su una scala. Passano indenni i negretti e Monostato del peggior luogo comune razzista (neanche Zeffirelli nella turpe, ultima Aida era arrivato a tanto): strano, da parte di un regista che fa di cognome Stein e in quanto tale dovrebbe aborrire ogni razzismo. Ma lo Stein, da qualche anno, si è autoeretto a paladino del rispetto dei libretti, esiti: un Simon Boccanegra inguardabile /Abbado si ascoltava ad occhi chiusi), una Aida idem pressapoco, e il Don Carlo che vedremo a Milano ma sul quale dioversi conoscenti mi hanno già allertato (e mi dispiace: c’è di mezzo il grande Chung!). E questa “roba”, che sicuramente farà felici quelli che trovano scandalosi i Tcherniakov, i Michieletto, ecc., a noi dà alquanto da riflettere…
    Spiace il tutto per la giovane compagnia di canto, complessivamente a postissimo (Tamino, impara a cantar piano: hai in gola un tesoro! Studia e usalo con la testa).

    marco vizzardelli

  3. Anna settembre 15, 2016 a 8:12 am #

    Non condivido per nulla il giudizio di Vizzardelli (tranne che per i corni in orchestra sicuramente da perfezionare).
    Spettacolo visivamente stupendo, recitato benissimo, fedelissimo al testo, di grandissimo gusto: un grandissimo Flauto Magico !
    Musicalmente, come tutti gli spettacoli dell’Accademia, occorre andare a sentirlo con mentalità diversa rispetto agli spettacoli scaligeri.
    Ma le voci erano di livello e la direzione era di gran gusto.
    Ce ne fossero altri di teatri nel mondo che, con allievi dall’orchestra, al coro, ai costumi e attrezzisti, mettessero in scena spettacoli di questo livello !
    Ne ho visti a Berlino, Monaco, Roma concerti con le orchestre delle accademie e vi assicuro siamo ad altri livelli (in basso !). Alcuni concerti di Dudamel (non tutti) con la Bolivar erano imbarazzanti in certi autori.
    Peccato comunque che alla Scala (che in questo dimostra essere un teatrino di piccola provincia) continui ad imperversare l’ignoranza di certi ‘bovini’ buatori/fischiatori maleducati (che, con il loro EGO insormontabile, narcisisticamente necessitano di esprimere sempre e comunque la loro legittima idea rovinando lo spettacolo ad altri spettatori ‘sicuramente più ignoranti’ e, più grave, mancando di rispetto a professionisti (per giunta giovani/studenti e al loro debutto – questa è una vigliaccata); artisti che, possono non piacere, ma la loro serietà e dedizione l’hanno dimostrata in un anno di serio lavoro.
    Ma sono sicuramente personaggi, mi auguro, in via di estinzione: lo spero per la crescita di un pubblico scaligero più colto e più educato (e quindi più autorevole).

    • masvono settembre 15, 2016 a 12:44 PM #

      Cara Anna, la “CRESCITA” del pubblico scaligero la potete vedere tutti i giorni nel DESERTO delle platee e dei palchi.
      Saluti

      -MV

  4. marco vizzardelli settembre 15, 2016 a 3:24 PM #

    A FedeCavaterra (che non penso di conoscere anche se ho una mezza idea e, se fosse, allora ne conosco l’educazione): chi si rifugia nell’insulto generalmente ha poche idee
    Ad Anna: eviterei di nominare la Bolivar. Altra statura, altra merce

  5. marco vizzardelli settembre 16, 2016 a 9:03 am #

    Inoltre cara Anna, se, cone dici , è necessario un occhio diverso quando si assiste agli spettacoli di scuola, anche il prezzo dei biglietti dovrebbe esser ben diverso. Bye Bye

    marco vizzardelli

    • alberto settembre 16, 2016 a 9:13 am #

      Sono perfettamente d’accordo……inserirlo poi tra gli spettacoli in abbonamento è assurdo! Andando avanti di questo passo diventerà masochistico abbonarsi a meno che si voglia fare della beneficenza ad un’istituzione che però sta facendo di tutto per non meritarselo.

  6. Anna settembre 16, 2016 a 5:27 PM #

    Caro Marco,
    i biglietti del Flauto Magico costano il 30% in meno di opere tipo Nozze di Figaro o Fanciulla del West. Mio marito andrà a sentire il Flauto con mia figlia con Scalaperta in prima fila centrale di prima galleria con € 32,00 !
    Comunque andare a sentire spettacoli realizzati dall’accademia di studenti con le stesse orecchie di spettacoli realizzati da professionisti è una follia in tutti i teatri del mondo. Buare e fischiare uno spettacolo come il Flauto rimane una vigliaccata che solo alla Scala può accadere. Ma tanto questo pubblico è così e ce lo dovremo tenere (spero il meno a lungo possibile). Confermo che alcuni concerti della Bolivar, ma anche alcune volte la della Cherubini, sono stati molto discutibili, ma ben vengano queste orchestre giovanili anche se non sono i Berliner !
    Sono stata felice di avere in abbonamento questo Flauto così bello !
    Un caro saluto,

  7. marco vizzardelli settembre 20, 2016 a 7:59 PM #

    Cara Anna, lungi da me farti cambiar parere, sarei tentato, ma non le trovo online, di passarti un paio di recensioni uscite su riviste specializzate. Lette quelle, troveresti che io, al confronto, son stato buono e indulgente…Però, se a te ha dato gioia, bene così. Guai se tutti la pensassimo allo stesso modo. Un caro saluto anche a te.

    marco

  8. marco vizzardelli settembre 20, 2016 a 8:04 PM #

    Purtuttavia quando leggo, dal sito-Scala, platea 216 euro, palchi 180 o galleria 89 per QUESTO spettacolo, confermo che mi paiono da follia, e sono d’accordo con Alberto: non si mette in un abbonamento uno spettacolo simile.

    marco vizzardelli

  9. Zio Yakusidé settembre 21, 2016 a 8:08 am #

    Ascoltata lunedì, alla settima rappresentazione, quindi a spettacolo ormai rodato, ha suscitato in me molto molto sconforto, davvero, ed alla fine del primo atto desideravo andar via.
    Non so dove iniziare nel descrivere una così omogenea disgrazia: direttore catatonico, orchestra con un suono che definire pessimo è davvero un eufemismo (fra tutti i corni imprecisi sempre, i tromboni pessimi e le trombe male in arnese), scene, costumi e regia degne di uno spettacolino oratoriale e…neanche di quelli ben riusciti.
    Anche sulle voci non tutto era a posto, al di là dei davvero encomiabili tentativi di tutti nel tenere insieme questo pasticcio. Piccola digressione, era necessario importare i tre frugoletti austriaci per deliziarci con una serie di strillacci insopportabili?

    Proseguire in una pseudo critica sarebbe davvero ingeneroso, ma credo si possa fare una considerazione che impatta, (tanto per cambiare, per quanto mi riguarda) la gestione scaligera: premettendo che ritengo importantissimo il “cantiere” Accademia e tutte le attività correlate, molto si può dire sulle scelte effettuate. Perché il flauto? (opera forse non facilissima e piena di …trabocchetti), perché quel direttore?, perché questo pseudo “importante regista ” che da un pezzo non ha più niente da dire? Se questa opera è “dedicata” ai giovani si adotti un criterio omogeneo e tutto sia loro delegato; alla Fenice così fanno ed i risultati secondo me sono migliori
    saluti a tutti

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