GIOVANNA D’ARCO – 7 DICEMBRE

4 Dic
7 Dicembre 2015
Giuseppe Verdi

Coro e Orchestra del Teatro alla Scala

Nuova produzione Teatro alla Scala

Giovanna d'Arco

 

 

 

 

 

Durata spettacolo: 2 ore e 30 minuti incluso intervallo

Direttore Riccardo Chailly
Regia Moshe Leiser
Patrice Caurier
Scene Christian Fenouillat
Costumi Agostino Cavalca
Luci Christophe Forey
Video Etienne Guiol
Movimenti coreografici Leah Hausman

 

Carlo VII Francesco Meli
Giovanna Anna Netrebko (7, 10, 13, 15, 18, 21, 23 dic.)
Erika Grimaldi (2 gen.)
Giacomo Carlos Álvarez
Talbot Dmitry Beloselskiy
Delil Michele Mauro

68 Risposte to “GIOVANNA D’ARCO – 7 DICEMBRE”

  1. davide dicembre 5, 2015 a 12:22 am #

    Capisco che il (ahinoi!) direttore principale abbia non più di venti opere in repertorio, però propinarci questa “Giovanna d’Arco” ha qualcosa di persecutorio.
    Tra l’altro dirige tutto lento e pesante, con quei forti da saturazione che caratterizzano ormai il suo triste declino. Coro spesso fuori tempo. Impostazione monumentale e staticissima.
    Peggio ancora, la direzione contraddice l’impostazione scenica (o viceversa) che vorrebbe farci credere che Giovanna sia una matta ossessionata. Coreografie vergognose.
    Un disastro.
    Rimangono due stelle in cielo: Netrebko e Meli. Con due così si va sul sicuro. Esaltanti sempre, fantastici!
    Ovazioni per loro due, successo tiepido per tutto il resto.
    Mia previsione: se non si corre ai ripari lunedì al 60% buano direttore e regia.

  2. Philoctetes dicembre 5, 2015 a 11:16 am #

    Il Corriere di oggi usa toni trionfalistici, che io francamente ieri sera non ho visto; del resto, non ce n’era motivo, a mio parere. Non c’è stata neppure la seconda “chiamata” degli interpreti, a sipario chiuso, e i registi non si sono fatti vedere.
    Aspetto la prima del 7 prima di dare un giudizio, anche se, rispetto a Davide, prevedo una percentuale ben più alta di “buatori”, soprattutto per la regia, sulla quale temo si possa ben poco correre ai ripari.

  3. lobo toni zato dicembre 5, 2015 a 11:30 am #

    Ultima primina per me, compirò i 30 a marzo…
    E certamente la peggiore di tutte. Cioè, è vero come dice il Davide che soprano e tenore sono bravissimi, ma l’involucro è veramente brutto.
    Brutta la partitura, irrimediabilmente, ma soprattutto il libretto e la costruzione della vicenda.
    Ci sono momenti ridicoli: il padre dà della zoccola a sua figlia in pubblico, e non più tardi di 3 minuti (!!!) dopo, si accorge che invece è una santa.
    L’allestimento avrebbe anche spunti interessanti, per esempio io ho riconosciuto in Giovanni quella tipica cattiveria paterna-borghese che sarà pitturata in maniera strepitosa attraverso Giorgio Germont. Ma l’idea che una che lotta per la patria o per la fede sia per forza una malata psichica mi sembra scemo oltreché profondamente irrispettoso, soprattuto in questo momento storico controverso.
    Concordo anche con chi mi ha preceduto sulla volgarità imbarazzante del balletto.
    Bocciati.
    Poi, è vero che il coro spesso è fuori tempo, però canta divinamente.
    Quanto a Chailly: non è che se dài mille interviste per dire che un’opera è bella essa diviene bella. Anzi, secondo me irriti solo il pubblico.
    La direzione è rumorosissima, non dà un’unità stilistica che sia una. Quarantottismo alla Muti? Bandismo alla Sinopoli? Baldanza alla Levine? Qui non c’è proposta ma solo solfeggio, precisino ma noiosissimo, già dalla Sinfonia.
    Si conferma la totale inadeguatezza di Chailly nel condurre un teatro d’opera, la Scala in particolare. Auspico anche io a questo punto che davvero il suo contratto non venga prolungato oltre il 31 dicembre 2016.
    Mi associo, inoltre, nella previsione di un probabile fiasco (soprano e tenore esclusi).
    Da ultimo, lasciatemi confermare l’impressione di Philoctetes: il Corriere sta tentando di puntellare la cosa come ai bei tempi mutiani, ma oggi in Teatro non c’è più aria di accettazione passiva di un regime come allora.
    Che la rivolta (con scoperchiamento di pastette polito-massoniche) sia vicina?

  4. Philoctetes dicembre 5, 2015 a 12:17 PM #

    Mi ero ripromesso di attendere la prima, ma visto che è stato dato il via alle danze, mi unisco.
    Premessa doverosa: non sono uno spettatore tradizionalista, e spesso apprezzo regie alternative e moderne, ma questa davvero non si può vedere.
    I momenti “ridicoli”, purtroppo, non sono solo quelli già evocati (spero di ricordarli tutti!): Giovanna presentata come una pazza isterica; i video durante i cori degli spiriti (quelle mani che palpano e quello stendardo “Gesù Maria”… inguardabili! e poi, che senso hanno? anche un bambino capisce che quelle voci fuori campo sono diavoli e angeli!); l’ambientazione, tutta al chiuso e la presenza costante del letto in scena (vuole evocare la pazzia di Giovanna? boh!); l’ingresso in scena del rosone della cattedrale rotolante (un omaggio al compianto Mike e alla sua Ruota della fortuna?), con Giacomo che vi si “inscrive” in stile uomo vitruviano; Carlo che nell’ultima scena continua a montare e smontare dal suo “destriero” in cartongesso, col rischio di spaccarsi l’osso del collo; Carlo che alla notizia della morte di Giovanna si appoggia al cavallo e sembra sussurrargli qualcosa (il re che sussurrava ai cavalli?); le lance che trafiggono la scena, ma sembrano dei “matitoni” colossali (Faber Castel è nuovo sponsor del teatro?).
    Sul fronte musicale e vocale, concordo sostanzialmente con chi mi ha preceduto; ho trovato comunque la musica meno “fracassona” della recente Turandot, per quanto in certi momenti ottoni e timpani erano davvero eccessivi.
    Ultima nota, per Lobo toni zato: potrai usufruire della promozione under 30 anche l’anno prossimo, perché vale fino al trentesimo anno di età compreso (indipendentemente dal giorno e mese di nascita); poi, ovviamente, potresti anche decidere di mangiarti una pizza con i 20 euro… sempre che non diventino 30 o 40, visto il simpatico raddoppio che quest’anno mr Pereira ci ha riservato.

    • lobo toni zato dicembre 5, 2015 a 12:20 PM #

      Grazie per il chiarimento, mi fa sentir meno vecchio.
      Facciamo così: se dirige Chailly pizza, se dirige qualcun altro Primina.

  5. proet dicembre 5, 2015 a 6:08 PM #

    comunque che il Corriere conti davvero qualcosa nell’orientamento dell’opinione pubblica (quanto meno quella borghese e senile) io avrei ormai dei seri dubbi.
    mi compiaccio però dell’entusiasmo e della competenza dei giovani commentatori qui dentro e tuttavia l’impressione globale è quella di un mondo che va scomparendo lentamente, tenuto in vita artificialmente come Breznev e Tito.
    perché, al pari di ciò che avveniva con quelli, nessuno sa come, cosa e chi lo sostituirà.
    sarebbe interessante che il blog diventasse anche uno spazio di elaborazione di idee sul futuro e non solamente il fan club di Gatti.
    Chailly è senz’altro una parte grossa del problema Scala ma sarebbe un bene ampliare un po’ lo sguardo e capire che con Gatti o chi per esso avremo la stessa decadenza, solo più elegante e raffinata.

    • lulù dicembre 5, 2015 a 9:38 PM #

      io credo che il problema sia di ripensare il ruolo dell’opera finanziata dal danaro pubblico…….. la coscienza etica e la sensibilità popolare di Gatti (lontanissima dal lobbysmo chic di Chailly e della moglie) credo siano una carta decisiva da giocare ora, proprio per rimettere in discussione certi meccanismi da esoterismo artistico che vanno a braccetto con i più biechi interessi del capitalismo degenerato……. sarei la prima a criticare il nuovo se si comportasse come il vecchio, ma sono convinta che Gatti non ci deluderebbe perché saprebbe tracciare una via percorribile e di rinascita…..

  6. davide dicembre 5, 2015 a 9:42 PM #

    Aggiungo – scusate – che ho trovato incomprensibile far recitare Alvarez e cantare dall’angolino Cecconi. Cecconi è a Milano almeno dall’1 dicembre (perché la stessa scena era già capitata alla generale, mi hanno riferito), quindi certamente in grado di ripetere i movimenti di un’opera che dura meno di due ore. Mi sembra l’ennesima idiozia, anche psicologica, del direttore principale.

    • masvono dicembre 6, 2015 a 2:07 PM #

      Credo che la “baracconata” di mettere in scena uno e far cantare l’altro (nascosto) sia solo un problema di diritti-video per il dvd-bluray che sicuramente è in produzione. Saluti

      -MV

      • davide dicembre 6, 2015 a 3:43 PM #

        “Bel rispetto!”, direbbe Scarpia.

      • masvono dicembre 6, 2015 a 5:00 PM #

        In pratica creano il dvd/bluray e con comodo Alvarez registrerà la sua traccia vocale con materiale delle prove o in postproduzione. Ciao

        -MV

  7. lobo toni zato dicembre 6, 2015 a 6:46 PM #

    Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi: al 7 dicembre canterà e reciterà Cecconi!

    http://www.teatroallascala.org/it/indisposizione-carlos-alvarez.html

    • Zerbinetta dicembre 7, 2015 a 9:36 am #

      Sono molto sorpresa dall’incapacità di Chailly e immagino anche di Pereira nel gestire la situazione del ruolo di Giacomo.
      Se Álvaraz ha la bronchite già da una settimana, è demenziale mandarlo in scena due volte in tre giorni anche solo per mimare il ruolo. Sul palcoscenico, ti muovi, sudi, fai uno sforzo fisico non indifferente protratto per più di due ore. È palese che una bronchite non ti passa così! Non serve una laurea in medicina!!!
      Vista poi dalla prospettiva di Cecconi, stasera vedremo un cantante che pur potendo già essere inserito per ben due volte (generale e primina), è stato messo a cantare nell’angolino, dunque senza poter verificare l’interazione nel recitare e l’autentico balance sonoro.
      Mi sembra una situazione dilettantesca.
      Chailly fuori dalla Scala!

      • lobo toni zato dicembre 7, 2015 a 9:45 am #

        Sottoscrivo, Zerbinetta, soprattutto il tuo auspicio finale.

  8. fra' dicembre 7, 2015 a 3:07 PM #

    amici, ma sono l’unico a esser sobbalzato sulla sedia a leggere l’incredibile intervista di Chailly a Natalia Aspesi su Repubblica (alla presenza, ovviamente, della di lui moglie e tenutaria Gabriella)???

    http://www.repubblica.it/spettacoli/teatro-danza/2015/12/07/news/chailly_la_mia_giovanna_d_arco_ho_ridato_alla_pulzella_la_vera_voce_-128971139/

    il maestro – rispondendo a una domanda sulla regia di “Giovanna d’Arco” – afferma di aver avuto discussioni coi registi, ma che tanto lui è responsabile solo della parte musicale, mentre di tutto il resto si deve chiedere conto al team dell’allestimento.
    COME?! MA DOVE VIVE IL MAESTRO??? MA DA QUANTO NON FA OPERA???

    E’ UNA AFFRMAZIONE DI SCARICABARILE INAUDITA E INACCETTABILE!!!

    ridurre la propria responsabilità a dirigere l’orchestra e a dare gli attacchi ai cantanti ci riporta indietro a una concezione precedente agli anni cinquanta del novecento!!!

    SONO ALLIBITO!!!

    oggi qualsiasi direttore d’orchestra di rango, soprattutto per occasioni decisive come una inaugurazione, collabora col team registro a partire da mesi e mesi prima e concepisce insieme lo spettacolo. E CHAILLY IL GIORNO DELLA PRIMA CERCA DI DIRE CHE NON C’ENTRA NULLA??? CI E’ O CI FA???

    in entrambi i casi è qualcosa di gravissimo.

    E QUESTO DOVREBBE ESSERE IL FARO ARTISTICO DELLA SCALA???

    mi iscrivo convintissimamente al gruppo di coloro che chiedono che IL RAPPORTO TRA RICCARDO CHAILLY E IL TEATRO ALLA SCALA NON VENGA PROLUNGATO OLTRE IL CONTRATTO ATTUALMENTE VIGENTE (che termina il 31.12.2016).

    facciamo sentire la VOCE del Loggione!

    • lobo toni zato dicembre 7, 2015 a 3:18 PM #

      Pazzesco!
      Ti quoto e ti straquoto.

    • MGL dicembre 7, 2015 a 11:20 PM #

      se ci si infiamma sugli spettacoli tipo RegieTheater si apre una voragine.. consiglio di dare una occhiata al blog di “Gattomannaro”..
      Poi si sa che la prima della Scala del 2016 sarà un’opera di Puccini con la regia di Micheletto (periferie degradate, campagne elettorali, strupri grautuiti, prostitute, scuole statali, magari questa volta un riferimento al campionato di calcio…) Ops forse a qualcuno il signorino piace… La regia di quasta Giovanna D’Arco per quanto sgangherata è quasi normale rispetto al suo standard. Ma si sa’, il sig Pereira viene da Zurigo e qualche cosa ha fatto anche a Salisburgo, se non è RegieTheater non va bene…

  9. davide dicembre 7, 2015 a 3:17 PM #

    Mi era sfuggita l’intervista. Grazie alla tua segnalazione l’ho letta.
    Che dire?
    Ennesima prova che l’uomo è totalmente inadeguato a ricoprire il ruolo cui ambisce. Ed è bene

    Tra l’altro, faccio notare che tutto questo è in sintonia coll’aver preteso da parte dello stesso Chailly di sostituire il regista e le scenografie di “La Fanciulla del West”: fuori Graham Vick e dentro Robert Carsen.
    La prima domanda che vorrei pubblicamente fare alla dirigenza della Scala è: quanto è costata questa sostituzione all’ultimo momento?
    La seconda domanda la faccio direttamente al maestro: la prima avrà luogo a inizio maggio. Come è possibile concepire un allestimento in quattro mesi (tanto manca all’inizio delle prove)?

    Ah, già, ma lui si occupa “solo della musica”… Ecco, per cui magari ci dirà perché il nome di Marcelo Alvarez è scomparso dal ruolo di Johnson/Ramerrez…

    Io mi sento preso in giro da questo direttore principale.
    Vergogna!!! Via!!!

  10. Fr Ate dicembre 7, 2015 a 3:26 PM #

    Stasera sarò in sala.

    Purtroppo devo convenire che i passi falsi di Chailly sono già sufficienti per pregarlo vigorosamente di farsi da parte al più presto. Non si tratta infatti solo di errori puntuali e circoscritti, ma di una concezione totalmente “inadeguata al ruolo” (riprendo le parole dell’amico Francesco qui sopra, che ha spiegato benissimo la cosa).

    Questo succede – ve lo dico dall’ “alto” dei miei settant’anni – quando una nomina è frutto di intrallazzi politico-salottieri e non di merito.

    D’altronde c’è un test infallibile: un direttore che piace alla Filarmonica della Scala NON può essere il direttore musicale giusto per il Teatro alla Scala. È una verità elementare che tutti sanno ma nessuno dice.

    Peggio per gli orchestrali. Spero che le verdure (metaforiche, s’intende) lanciate dal pubblico colpiscano anche loro. Zitti, sottomessi, complici, conniventi, codardi.

    FUORI CHAILLY DALLA SCALA!!!

  11. Philoctetes dicembre 7, 2015 a 10:13 PM #

    Da qual che si legge, un trionfo.
    Attendo commenti da qualcuno presente in sala.
    Io non posso che confermare le mie forti perplessità su una regia a mio parere cervellotica e troppo “psicologica”, con la cadute già sopra esposte.
    Netrebko e Meli davvero in gran forma, orchestra e coro meglio oggi che alla prova; vedremo come andranno le repliche.

  12. Alice_C dicembre 8, 2015 a 8:12 am #

    Grande serata di musica. Cast ottimo, bene anche il baritono. Coro e orchestra in gran forma con ottimo balance e Chailly che finalmente tiene lo spettacolo in mano.
    Una prima di grande spessore .

    Regia a mio modesto avviso inesistente e costumi osceni. Ricordo Traviata di (forse) due anni fa, stessa zuppa. Possibile che se uno spettacolo è bello musicalmente debba fare schifo a livello scenico?

    Bah.

    Va avanti così da una vita. Di decente ricordo solo Lohengrin

    Di sicuro tornerò a vedere, o meglio….a sentire!

    Buone feste a tutti.

    Alice

  13. marco vizzardelli dicembre 8, 2015 a 10:53 am #

    Non ho visto nulla, ce l’ho il 21 ma vedo che, a leggere i giornali, stiamo tornando ai tempi della “macchina del consenso”: una noia mortale queste “recensioni-scendiletto” tutte uguali, tutte prefabbricate. Ma tant’è, sembra che con la Scala debba sempre funzionare così. In ogni caso, ho pochi dubbi su bravura Netrebko: quella un fatto acquisito. Idem Meli. Sul resto attendo di andare, magari ci provo prima per avere il cast integro. Da qui al 21 ce ne passano di possibili forfeit, col metodo-Pereira… Ma Alvarez lo rivedremo un dì?

    marco vizzardelli

  14. Gabriele Baccalini dicembre 8, 2015 a 2:57 PM #

    Sentita e vista in HD su Rai5, Perciò sarò telegrafico. Di solito scrivo solo dopo essere andato in teatro.
    Su Chailly in generale ho anch’io molte perplessità, ma non mi pare che valgano. per la prestazione di ieri sera. Se l’orchestra ha suonato tutta l’opera come la Sinfonia, da questo punto di vista è forse la migliore cosa sentita da Chailly alla Scala (ricordate l’Aida-Chiappe di Bolle di alcuni anni fa?). Il Verdi giovane è sempre stato nelle sue corde, fin da giovanissimo (Masnadieri, Due Foscari), come Puccini, che dirige egregiamente.Poi sono entrati in scena i microfoni dei cantanti e l’orchestra, come al solito, è andata in cantina.
    Netrebko e Meli eccezionali, Cecconi oltre ogni elogio per come lo hanno scaraventato sul palcoscenico del 7 dicembre. Stesso apprezzamento per il grande coro di Casoni.
    Regia scene e costumi che più kitsch non si può. L’idea di base, di trasformare nel sogno di una persona con disagi mentali la strampalata vicenda del libretto di Solera, mi è sembrata valida. La realizzazione no. Cito per tutti il Coro degli spiriti malvagi: non sono mostri orripilanti (già che c’erano potevano mettere dei dinosauri, che sono più “trendy”), sono diavoletti seduttori, che invitano Giovanna a godere dei piaceri della carne. A lei fanno più paura gli spiriti angelici, che la minacciano di rappresaglie in caso di cedimenti agli amori terreni.
    In ogni caso un’opera da risentire dal vivo.

    • MGL dicembre 9, 2015 a 1:16 PM #

      vorrei solo commentare qualcosa sulla messa in scena. Raddoppiare il piano di esposizione – se non espressamente previsto dall’autore – aggiungendo un “piano psicologico / inconscio” è un vecchio espediente. Forse era una novità cento anni fa, ora è solo prova di una regia che non è a suo agio (oppure non è capace) di dare spessore e pathos all’unico piano della rappresentazione, “ne aggiungo un altro, chissà mai che me la cavo?”. Poi forse il riferimento a telefilm tipo ospedaliero hanno fatto il resto…
      Vedere una povera Giovanna d’Arco che mette su una armatura sopra un pigiamino di cotonina, che tristezza!
      Peccato una occasione mancata, almeno secondo me.
      Poi chissà se qualche loggionista presente alla prima può dire se la voce di Meli si sentiva sopra l’orchestra. L’amplificazione (o la distribuzione dei microfoni) nella ripresa televisiva non lo faceva capire.

  15. alberto dicembre 8, 2015 a 10:21 PM #

    Ma perché dobbiamo sempre ritrovarci a commentare regie cervellotiche, costumi osceni e scene deprimenti ?! E poi si parla di crisi del teatro lirico……..per fortuna esistono ancora, anche se non sempre,dei buoni cantanti.

    Alberto

  16. Philoctetes dicembre 9, 2015 a 10:42 am #

    Diciamo che qualche problemino con la regia deve esserci stato

    http://video.corriere.it/scala-urla-insulti-la-prima-sei-st-voci-una-lite-regista-direttore/40a3e51c-9e3f-11e5-a090-5b8c3aeb1ca0

  17. marco vizzardelli dicembre 9, 2015 a 11:02 am #

    Bel colpo. Fatto scappare Vick dalla Fanciulla, litigato con i registi di Giovanna, peraltro penso chiamati da lui. Cominciamo bene maestro.

    marco vizzardelli

  18. proet dicembre 9, 2015 a 12:58 PM #

    giusto per parlarne qui con un minimo di cognizione di causa mi son sciroppato su ArteWeb una mezz’oretta del primo atto.
    ma, al di là di tutto, sia a livello musicale che di regia, come si fa cavar sangue da una rapa simile, pari solo ad altri obbrobri come La Battaglia di Legnano o Oberto e via dicendo?
    questo non è per giustificare nulla eh: le proiezioni video erano mostruose, una specie di brutto cartellone di qualche blockbuster fanta-militaristico hollywoodiano, la regia inesistente o banale a livelli imbarazzanti, la direzione totalmente incolore, pareva di stare alla recita domenicale di qualche teatro di tradizione (con tutto il rispetto per questi ultimi, sia chiaro).
    scusate ma se il livello è questo e nemmeno i turisti vengono più (e nemmeno i loggionisti buano, forse perché almeno soddisfatti dalle voci), io a sto punto sono per staccare il tubo dell’ossigeno (leggi: finanziamento pubblico).

    • masvono dicembre 9, 2015 a 5:04 PM #

      Levine ha cavato litri di sangue, convincendomi che non è proprio una rapa….
      Saluti

      -MV

  19. Zio Yakusidé dicembre 9, 2015 a 1:29 PM #

    il 7 c’ero, come sempre….il vecchissimo c’era…ancora
    che dire tutto secondo la “migliore tradizione” del teatrone, del suo pubblicone evviva il panettone e il nebbione!
    senza sostituirmi a intelligentissimi esegeti, il parere del vecchio sordo: da un Verdi minore (minore davvero) mi aspettavo molto poco e nulla ho ricevuto
    cantati accettabili (d’altra parte questo passa il convento), pessima direzione, coro non proprio in gran spolvero, scene regia e costumi per i quali, tutti e tre, non trovo un insulto sufficiente, chiedo aiuto (il ferrero rocher, i diavoletti, le proiezioni, le battaglie, le armature non c’era una cosa non disgustosa)
    unica nota positiva è stata breve, ed il vecchio zio ha così potuto festeggiare (il suo nome d’altra parte qualcosa dice…)
    un caro saluto a tutti

  20. marco vizzardelli dicembre 9, 2015 a 6:37 PM #

    Levine ha cavato litri di sangue, convincendomi che non è proprio una rapa….
    Saluti

    Trascrivo e sottoscrivo al 100%

    Molto dipende dal manico: se è banale e routinier allora Giovanna non sta in piedi. Con Levine aveva molte ragioni d’essere

    marco vizzardelli

  21. Stiffelio dicembre 9, 2015 a 7:09 PM #

    Attendo di andare il 13 per giudicare.L’audio della RAI come sempre è scadente.
    Levine in Verdi però è un modello inavvicinabile per chiunque.
    Intanto a Parigi strepitoso Salonen nel dittico Barbablù voix humane.

  22. marco vizzardelli dicembre 10, 2015 a 7:13 am #

    1) Carlos Alvarez segue Harnoncourt nella interminabile lista scaligera di morti, feriti, fratturati, killati, desaparecidi, forfetizzati, scappati, assenti. Un rosario.

    2) Eh, Salonen ha Parigi. Eh il recente Sciostakovic di Gatti alla Scala. Eh la Giovanna d’Arco di Levine. I veri grandi direttori esistono.
    Ogni volta che riascolto brani della Giovanna d’Arco by James Levine, non ho certo l’impressione di trovarmi di fronte ad un’opera così ciofeca. Anzi, dall’ouverture alla timbrica dei coretti, alla scansione travolgente imposta al tutto, ai cori, agli splendori personali di lei e al ritmo imposto dal direttore a Montserrat Caballé, alla timbrica altamente sperimentale dell’orchestra in particolare nell’uso dei legni, ho invece la sensazione di essere davanti ad un’opera di spesso ardita sperimentazione. Come sempre molto dipende dal manico. Se è bravino ma inguaribilmente generico, Giovanna diventa una ciofeca. Se è Levine, no.

    marco vizzardelli

  23. marco vizzardelli dicembre 10, 2015 a 7:15 am #

    1) Carlos Alvarez segue Harnoncourt nella interminabile lista scaligera di morti, feriti, fratturati, killati, desaparecidi, forfetizzati, scappati, assenti. Un rosario.
    2) Eh, Salonen a Parigi. Eh il recente Sciostakovic di Gatti alla Scala. Eh la Giovanna d’Arco di Levine. I veri grandi direttori esistono.
    Ogni volta che riascolto brani della Giovanna d’Arco by James Levine, non ho certo l’impressione di trovarmi di fronte ad un’opera così ciofeca. Anzi, dall’ouverture alla timbrica dei coretti, alla scansione travolgente imposta al tutto, ai cori, agli splendori personali di lei e al ritmo imposto dal direttore a Montserrat Caballé, alla timbrica altamente sperimentale dell’orchestra in particolare nell’uso dei legni, ho invece la sensazione di essere davanti ad un’opera di spesso ardita sperimentazione. Come sempre molto dipende dal manico. Se è bravino ma inguaribilmente generico, Giovanna diventa una ciofeca. Se è Levine, no.

    marco vizzardelli

  24. marco vizzardelli dicembre 10, 2015 a 8:05 PM #

    1) Ce l’ho settimana prossima (infatti non ne ho parlato, non l’ho neppur vista in tv, lavoravo durante) ma avevo intenzione di andarci una volta prima e avevo anche trovato posto in galleria. Mi sono tuttavia trovato letteralmente disgustato dei sovraccarichi “di prenotazione” imposti prenotando sul sito della Scala e ho lasciato stare prima di passare al pagamento. Devono smetterla. Significa mettere i propri “clienti” nella peggior condizione di spirito possibile, e meritano i “buchi” in sala che stanno perdurando.
    2) Quindi, non posso esprimermi sullo spettacolo. Purtuttavia trovo di un gusto fra il macabro e il comico quanto è accaduto e sta accadendo fra registi e direttore, con il Corriere che tenta strane “medicazioni”, ma i fatti che, documentati da registrazione e dallo streaming della Scala stessa, testimoniano l’accaduto, che credo abbia nuovi sviluppi. Ora, che le mogli dei direttori tengano i conti di casa è un’antica tradizione, e va benissimo. Ma, come si deduce dalle cronache, che le mogli dei direttori intervengano come improvvisate “direttrici artistiche” durante le prove o le interviste dei mariti e dei registi, mi pare poco appropriato. Né molto simpatico. Direi che toccherebbe ai mariti farsene un’idea.

    marco vizzardelli

  25. proet dicembre 12, 2015 a 6:52 PM #

    Levine? Bah, sarà….se lo dite voi…per me resta una rapa

  26. marco vizzardelli dicembre 18, 2015 a 12:32 am #

    Proet l’incisione di Levine, che non è uscita ieri, è praticamente miliare per riconoscimento pressoché unanime. Anche a me di lui non è sempre stato gradito tutto, le sue tonitruanti incursioni nel grande repertorio sinfonico tedesco-austriaco dell”800 mi risultano indigeste. Ma in Verdi ha “detto” più d’una “parola” valida, e questa sua Giovanna ne è il culmine.
    Ora vi lascio un off-topic e un suggerimento, a proposito d’un altro direttore-Usa.
    Non perdete il doppio Schiaccianoci Ciaikovsky-Ellington a cura di John Axelrod alla guida dell’Orchestra Verdi. E’ in replica stasera e domenica pomeriggio.
    Di recente, qui, non mi ero ritrovato tenero riguardo questo direttore: le sue incursioni mahleriane e nel romanticismo tedesco mi lasciano perplesso così come certe, intermittenti, pesantezze di suono. Non giovano all’orchestra né all’interprete medesimo.
    Ma quando c’è feeling… c’è: e nell’esecuzione delle due suites, quella di Ciaikovsky e quella di Duke Ellington, de Lo Schiaccianoci, Axelrod ha azzeccato tutto, chiudendo alla grandissima la bella stagione della Verdi.
    Il concerto ha una prima parte solo buona: sono piacevoli le ultime variazioni di Campogrande (il Giappone chiude il ciclo), poi l’affascinante violinista Rachel Kolly d’Alba esegue bene (ma meglio il bis di Ysaye) la Serenata per violino, archi, arpa e percussioni di Leonard Bernstein, ma Axelrod qui non si esime dalle sunnominate “pesantezze” (poi, forse, le danze sul podio a imitazione del modello-Lenny andrebbero lasciate… all’originale, con il quale avevano una piena motivazione stilistica, musicale e di personalità. Riprodurle, non fa bell’effetto…). Si esce dalla prima parte con qualche dubbio riguardo la seconda… invece no.
    Prima di tutto, Axelrod, la Verdi e l’eccellente Tomelleri Jazz Band hanno preso una decisione geniale. Il programma di sala riporta in successione Ellington poi Ciaikovsky. E rischiava d’esser “pesantuccio” ascoltarli . Invece vengono eseguiti insieme, alternando i brani originali di Ciaikovsky alle trascrizioni del Duca. L’esito? Andateci, ne vale la pena. Vi diremo che, qui, Axelrod è vincente proprio sul piano della misura del suono: lascia che Ciakovsky “suoni” con naturalezza, leggero, senza enfasi, sembra sparire dietro l’autore in realtà è ben presente in mille particolari di concertazione, che la Verdi gli restituisce con ottimo aplomb. E che il direttore diverte e si diverte con Ellington, cui la Tomelleri Band assicura stile e magnifiche sortite anche solistiche. Questo tipo di repertorio e di programma è sicuramente nelle corde di Axelrod. Il direttore-gastronomo (si vede: la pancetta… siamo assolutamente solidali con lui) rivela, oltre tutto, grande empatia e comunicativa, e, a sala bella piena, il pubblico (anche quello piuttosto contenuto del primo turno dei concerti della Verdi) si lascia andare all’entusiasmo. Penso che stasera, con il turno del venerdì che di solito è più “caliente”, ci sarà ulteriormente da divertirsi. Merita, vi assicuro!

    marco vizzardelli

  27. marco vizzardelli dicembre 19, 2015 a 11:19 am #

    Ogni discussione sulla scelta del titolo o sulle scelte artistiche della Scala, ogni polemica fra gli artefici stessi dello spettacolo, ogni preferenza personale per un direttore o un altro, tutto svanisce o finisce fra parentesi di fronte alla verità d’arte della gigantesca direzione di Riccardo Chailly che, tutt’uno con un’orchestra in stato di grazia e un coro eccezionale, con lo “strumento in più” del timbro di Anna Netrebko, con un tenore e un baritono praticamente perfetti, e uno spettacolo unitario rispetto all’impostazione, ci dà una Giovanna d’Arco di straordinaria intensità stilistica ed intellettuale.
    Il tutto nasce da una intuizione semplicissima, quasi banale a dirsi, molto meno a realizzarsi in suono: ricreare l’opera come una proiezione dei sogni, degli incubi, e delle ossessioni della protagonista. Inutile chiedersi se Giovanna sia più una santa o un’ossessa (chiaro che qui la scelta va nella seconda direzione, pur senza escludere del tutto la prima): l’importante è che la scelta sia messa in atto con lucidità e coerenza assolute, ciò che Chailly fa in virtù di uno studio pazzesco sul suono in primo luogo, poi, e assieme, sul ritmi, sulle forme delle frasi, sulla scansione. Mai, nella vita, avevamo ascoltato un simile “Verdi dell’allucinazione” o “dell’incubo”. Per evocare e riprodurre la musica e il dramma e i suoi contenuti come emanazioni degli occhi dell’anima della protagonista, il direttore evoca e “realizza” un suono potente e metallico, anzi glaciale, che l’orchestra (straordinaria, qui alla sua massima prova da tempo a questa parte) gli restituisce nel complesso e nel valore dei singoli (sezione-legni, in particolare, da standing ovation: cosa non esce dal clarinetto di Fabrizio Meloni, per fare un nome molto impegnato nell’arco dell’opera!!). Veniamo proiettati in un incubo e in un’ossessione (quelli d’amore, di guerra, di fede, di Giovanna) nei quali la voce ( e i gesti) di Anna Netrebko-Giovanna, l’oro del timbro (e dell’abito) di Francesco Meli-il re Carlo che è sogno di lei più che personaggio reale, il tormento del padre (un enorme Alvarez) espresso nella brunitura dello strumento vocale, diventano proiezioni e prosecuzioni del suono dell’orchestra, il tutto come “avvolto” negli allucinati interventi esterni dei cori angelici o diabolici e delle banda fuori scena, cui Chailly (tutto parte da lui, il podio è tramite ed evocazione del suono) ha dato un equilibrio assoluto di pesi e valori. Il compito che il direttore si è assunto ed ha attuato è tecnicamente, e anche emotivamente, di una difficoltà trascendentale: il suono – e l’incubo – sono glaciali (l’allucinata ossessione-fede-demenza della protagonista) e richiedono al tramite – il direttore, appunto – un distacco emotivo dal tutto: è lui che “evoca”, che “riproduce”, che “ricrea” il suono, i suoni dell’allucinazione: ma non ne può far parte. E’ come premesse un bottone dal quale emani un suono. Il suono dell’incubo. E’ una visione dell’opera assolutamente straordinaria che trova corrispondenza piena nello sperimentalismo accentuatissimo dello strumentale verdiano (lo aveva capito a suo tempo James Levine nella sua splendida realizzazione discografica, ma era rimasto ad uno stadio più “epidermico” di virtuosismo) e perfino nella surreale assurdità del tanto vituperato libretto dell’opera che in realtà è perfettamente funzionale all’allucinazione (sonora, e mentale) che la musica e la mente di Giovanna esprimono. Il suono, e i tempi: Chailly adotta una scansione “comoda” (ma implacabile nel ritmo) e , dal fraseggio dell’orchestra e da da frase e timbro delle voci (Netrebko in primo luogo, ma anche i due uomini) approda ad un “belcanto” che belcanto non è, cioè non in senso virtuosistico: le cabalette non travolgono, come nell’uso tradizionale: qui ossessionano, nell’avvolgersi delle frasi su se stesse. Ed è – in Giovanna- ossessione d’amore ma anche di fede (la madonnina voluta dal regista è perfetta!). C’è, in questo Verdi così come Chailly lo ricrea, un fortissimo uso dell’iterazione. E non è troppo azzardato pensare che un direttore di forte cultura e impronta mitteleuropea (l’esperienza di Lipsia, in particolare) porti la tematica musicale (ma anche emotiva) in… zona-Bruckner, maestro dell’ossessione musical-religiosa. C’è anche questo, nella formidabile lettura di Riccardo Chailly, che ci dà un Verdi
    grandissimo ed “europeo” oltreché italiano. E il maestro milanese è letteralmente grandioso nel magnifico doppio concertato del terzo atto.
    Anna Netrebko è l’incarnazione scenico-vocale di tutto questo: non importa che, all’inizio, qualche acuto a freddo (la vice è diventata potentissima e deve scaldarsi) esca (nella replica del 18 cui ho assistito) un poco urlato e “ballante”. Il fatto è che – come le riconobbe molto per tempo una grande Giovanna quale la Caballè – Anna ha, delle grandissime, il carisma vocale e scenico. Il suo stile, le sue stesse agilità, non sono sempre irreprensibili, ma esprimono una personalità debordante e magnetica: ma il timbro, la linea, l’espressività, l’unione di voce e presenza, “inchiodano” chi ascolta e vede. E qui sono totalmente al servizio dell’incubo sonoro, musicale e drammatico evocato dal direttore e dai registi. Grande cantante, grandissima presenza.
    Idem Francesco Meli: il suo Carlo-sogno di Giovanna, è, nell’oro della voce prima che in quello dell’abito, un sogno anche per l’ascoltatore. Tale il fraseggio di questo formidabile tenore-dicitore, qui in una delle sue massime prove.
    Idem Alvarez: la sua parte di incubo è quella riservata al dolore, e tutto questo emerge nella brunitura del timbro e nell’allucinata misura dei modi. Magnifico. Funzionali al tutto Dimitri Beloselskiy e Michele Mauro (Talbot e Delil).
    Di orchestra e coro si è detto: strumenti perfetti nelle mani del direttore, e “personaggi” in più, nel suono e nell’espressione. Lo spettacolo di Leiser e Caurier – professionalissimo nei movimenti corali e dei singoli – è unitario al progetto musicale. Forse non nuovissimo (i cavalli finti, gli arredi che si rovesciano risvegliano memorie “ronconiane”, ma va benissimo) ma efficace: ne è luogo di partenza delle allucinazioni lo stanzone, che è pure una trasposizione scenica delle ossessioni di Giovanna, con quei brutti mobili che si rovesciano, si ammucchiano. Ne sono immagini i movimenti ad onda delle folle e la repulsione-attrazione provocata dai diavoli rossi che attorniano la protagonista. E ne è immagine gloriosa – un momento straordinario di scena e musica – il sorgere della cattedrale di Reims sui colpi di grancassa che Chailly chiede “cupi” ma allo stesso tempo trasparenti: da brivido. La lite Leiser-Chailly, di fronte ad un esito di questo tipo, è puro gossip. Davvero, se gli esiti dei bisticci sono questi, avercene! Vien da augurarsi che registi e direttore bisticcino ancora insieme in futuro, dandoci spettacoli quale questa memorabile Giovanna, vera ri-creazione artistica di un’opera sicuramente discutibile quanto affascinante!

    marco vizzardelli

  28. masvono dicembre 22, 2015 a 3:35 PM #

    Le parole di Vizzardelli sono definitive. Sottoscriviamo tutto, evidenziando che Chailly dà una prova di carattere eccezionale e, in assoluto, la sua più alta da noi ascoltata. In particolare evidenziamo l’assoluta esattezza tecnica nella conduzione del palcoscenico e della banda fuori scena in perfetto aplomb con il resto. Lo stupore, in effetti, è massimo, considerati gli esiti molto interlocutori delle produzioni precedenti (Aida in primis, ma anche il Trittico pucciniano). Se l’esito della “Fanciulla” sarà pari a quello di questa “GIovanna d’Arco” i “distinguo” presenti in alcuni interventi, anche nostri, su questo blog non hanno molto senso.
    A presto

    -MV

    • alberto dicembre 23, 2015 a 12:03 am #

      Bene improvvisamente tutto bello,tutti bravi……però:
      -sarà forse un caso ma, dopo le critiche alla prima, la direzione d’orchestra è diventata via,via più incisiva e, forse, addirittura più espressiva di quanto lo stesso Verdi avesse concepito
      -condivido il giudizio positivo sui cantanti anche se la pur ottima Netrebko dovrebbe “addolcire” qualche acuto mentre Meli fornisce un’interpretazione un po’ “ingessata”…..sarà forse l’armatura e la vernice? Il coro,stupendo come sempre
      -perfino regia e scenografia sono state “ritoccate” dopo la prima , regia scenografia e costumi che però, pur con qualche indubbia originale ed intrigante soluzione,non mi convincono del tutto,specialmente per quanto concerne “l’intuizione” registica ed alcune scene deprimenti.Ma già, i registi ormai devono sempre reinterpretare tutto….e se si
      dedicassero ad opere nuove invece di sfrucugliare le vecchie?
      Buon Natale a tutti

      Alberto

  29. marco vizzardelli dicembre 23, 2015 a 7:55 am #

    Alberto un buon Natale a te, prima di tutto, poi… non sono molto d’accordo con le tue considerazioni.
    a) la direzione di Chailly è superespressiva ma non può che esserlo in un’opera che – discutibile nel libretto e nelle situazioni, primordiale (o magari, meglio: sperimentale) nel tessuto musicale, ha però il sicuro pregio di essere super-super-super-super espressiva, come pochissime opere dello stesso Verdi. Giovanna d’Arco trabocca di espressione. Chailly giustamente ne prende atto (lo fece in maniera superespressiva lo stesso Levine) e ne dà una magnifica lettura.
    b) Gli acuti della Netrebko sono (talora e non sempre: alcuni sono perfetti) particolari, l’ho scritto. Ma di fronte ad una personalità, ad un carisma e ad una fondamentale bellezza della voce passano in secondo piano. L’interesse è, semmai, a quali ruoli possa approdare questa grandissima cantante. L’altra sera con gli amici dopo averla ascoltata, abbiamo avuto ciascuno le sue “proposte”. Uno diceva Norma, un altro, considerati quei centri e bassi imponenti, la duttilità e la personalità, suggeriva addirittura che trovasse un direttore giusto con il quale provare Carmen. Giustamente, da parte sua, si inoltra in Wagner.
    d) Meli non è ingessato, interpreta, con una linea vocale straordinaria, l’immagine di “finto personaggio” (quasi una evocazione di Giovanna stessa) che l’idea registica e musicale gli ha cucìto addosso: e mi pare geniale.
    c) ritoccata o no che sia, la regia muove benissimo le masse, va di pari passo (liti o no, ci saranno pure state, ma son state fruttuose) con la linea interpretativa del direttore, e tutto appare molto unitario, oltreché d’eccellenza artistica.

    Conclusione: si tratta di una piena riuscita, di alto livello. Per dirla con quei termini abusati che usano i quotidiani ma che qui ci stanno proprio: la Scala e Riccardo Chailly hanno scommesso su Giovanna d’Arco per l’inaugurazione, e hanno vinto su tutto il fronte, con un semplice mezzo: la qualità artistica dell’intera produzione. Direttore e cast e orchestra e coro, e spettacolo. Questa Giovanna meriterebbe ampiamente d’esser portata (con il trio Netrebko, Meli, Alvarez, non dimentichiamo Carlos Alvarez, terzo straordinario tassello del cast) in trasferta nel mondo. Non capitano tutti i giorni, allestimenti complessivamente “così”…
    Poi tutti noi abbiamo e possiamo tenerci le nostre predilezioni. Ma si è trattato di una magnifica riuscita e io, da persona che va a teatro sperando di vedere ed ascoltare delle riuscite, ne sono felice, e in particolare mi riferisco al direttore. Spero – come ha detto Vono – che le prossime sortite scaligere di Chailly siano pari a questa: nel qual caso avrà, di cuore, tutti i miei applausi. Come li ha Daniele Gatti per cui notoriamente stravedo (o chiunque altro si produca in letture d’eccellenza), ogni volta che una esecuzione mi riempia l’anima. Come è accaduto con questa splendida Giovanna firmata da Riccardo Chailly.

    marco vizzardelli

  30. marco vizzardelli dicembre 23, 2015 a 7:59 am #

    Alberto un buon Natale a te, prima di tutto, poi… non sono molto d’accordo con le tue considerazioni.
    a) la direzione di Chailly è superespressiva ma non può che esserlo in un’opera che – discutibile nel libretto e nelle situazioni, primordiale (o magari, meglio: sperimentale) nel tessuto musicale, ha però il sicuro pregio di essere super-super-super-super espressiva, come pochissime opere dello stesso Verdi. Giovanna d’Arco trabocca di espressione. Chailly giustamente ne prende atto (lo fece in maniera superespressiva lo stesso Levine) e ne dà una magnifica lettura.
    b) Gli acuti della Netrebko sono (talora e non sempre: alcuni sono perfetti) particolari, l’ho scritto. Ma di fronte ad una personalità, ad un carisma e ad una fondamentale bellezza della voce passano in secondo piano. L’interesse è, semmai, a quali ruoli possa approdare questa grandissima cantante. L’altra sera con gli amici dopo averla ascoltata, abbiamo avuto ciascuno le sue “proposte”. Uno diceva Norma, un altro, considerati quei centri e bassi imponenti, la duttilità e la personalità, suggeriva addirittura che trovasse un direttore giusto con il quale provare Carmen. Giustamente, da parte sua, si inoltra in Wagner.
    c) Meli non è ingessato, interpreta, con una linea vocale straordinaria, l’immagine di “finto personaggio” (quasi una evocazione di Giovanna stessa) che l’idea registica e musicale gli ha cucìto addosso: e mi pare geniale.
    d) ritoccata o no che sia, la regia muove benissimo le masse, va di pari passo (liti o no, ci saranno pure state, ma son state fruttuose) con la linea interpretativa del direttore, e tutto appare molto unitario, oltreché d’eccellenza artistica.
    Conclusione: si tratta di una piena riuscita, di alto livello. Per dirla con quei termini abusati che usano i quotidiani ma che qui ci stanno proprio: la Scala e Riccardo Chailly hanno scommesso su Giovanna d’Arco per l’inaugurazione, e hanno vinto su tutto il fronte, con un semplice mezzo: la qualità artistica dell’intera produzione. Direttore e cast e orchestra e coro, e spettacolo. Questa Giovanna meriterebbe ampiamente d’esser portata (con il trio Netrebko, Meli, Alvarez, non dimentichiamo Carlos Alvarez, terzo straordinario tassello del cast) in trasferta nel mondo. Non capitano tutti i giorni, allestimenti complessivamente “così”…
    Poi tutti noi abbiamo e possiamo tenerci le nostre predilezioni. Ma si è trattato di una magnifica riuscita e io, da persona che va a teatro sperando di vedere ed ascoltare delle riuscite, ne sono felice, e in particolare mi riferisco al direttore. Spero – come ha detto Vono – che le prossime sortite scaligere di Chailly siano pari a questa: nel qual caso avrà, di cuore, tutti i miei applausi. Come li ha Daniele Gatti per cui notoriamente stravedo (o chiunque altro si produca in letture d’eccellenza), ogni volta che una esecuzione mi riempia l’anima. Come è accaduto con questa splendida Giovanna firmata da Riccardo Chailly.

    marco vizzardelli

  31. marco vizzardelli dicembre 23, 2015 a 8:22 am #

    Piuttosto, rileggendo i commenti fin qui pubblicati, mi son reso conto di un mio parziale errore nel resoconto di Giovanna d’Arco. Parlo di “Chailly grandioso nel doppio concertato del terzo atto”, che in realtà è il secondo atto, quello della cattedrale, anche se – considerando il prologo – si trova in terza posizione. Ma è una inesattezza, e rimedio qui.

    marco vizzardelli

  32. Gabriele Baccalini dicembre 23, 2015 a 12:10 PM #

    Marco, l’edizione critica su cui si è basato Chailly ripristina l’idea originaria di Verdi che l’opera fosse in quattro atti e non un prologo e tre atti. Di solito il prologo (vedi Simone) si svolge in periodi molto antecedenti il primo atto.
    Quindi l’errata corrige è sbagliata ed era giusta la tua prima definizione.
    Se vai sul sito della Scala e apri li libretto troverai la dicitura:”Dramma lirico in quattro atti”.
    Buon Natale.
    Gabriele

  33. alberto dicembre 23, 2015 a 11:33 PM #

    Marco Vizzardelli , leggo sempre con grande attenzione le tue considerazioni critiche da “addetto ai lavori” e profondo conoscitore di musica.
    Io al tuo confronto sono un semplice “dilettante allo sbaraglio” non possedendo i requisiti di base necessari per esprimere giudizi competenti.
    Le mie osservazioni sono quindi quelle di un “normale” appassionato che pur privilegiando il canto e la musica gradirebbe che il contesto registico fosse il più fedele possibile alle intenzioni degli autori .
    Certo,se fosse ancora al mondo mia mamma che faceva sacrifici e code, uscita dal lavoro,per un posto in loggione negli anni ’30/’40 , certe rappresentazioni del giorno d’oggi,
    per lei,sarebbero state letali.Ma si sa, i tempi cambiano ……..!
    Arrischio….che ne dici della Netrebko come di un potenziale incrocio canoro/scenico tra la Tebaldi e la Callas? Ho detto un’eresia?

    Alberto

    • masvono dicembre 26, 2015 a 7:40 PM #

      Non siamo devoti di Santa Maria o Santa Renata, quindi non conosciamo eresie…ma abbiamo già Vizzardelli ai confini della realtà …conserviamo la virtù della Temperanza. Suvvia. 🙂
      Saluti

      -MV

      • alberto dicembre 26, 2015 a 11:39 PM #

        Vono se vuoi riportare Vizzardelli sulla terra perché non lo contesti nel merito? Mi farebbe piacerebbe sentire le tue argomentazioni al riguardo anche perchè se non sbaglio mi sembra che avevi condiviso in toto i suoi giudizi sull’opera in generale…..o forse ti riferivi alle sue considerazioni sulla Netrebko?

        Alberto

  34. marco vizzardelli dicembre 24, 2015 a 1:21 am #

    Allora, concertato terz’atto andava bene.Meglio così, grazie Gabriele. Buon Natale.
    Comunque, ci son tornato per la terza volta, magnifica!

    marco vizzardelli

  35. marco vizzardelli dicembre 24, 2015 a 1:50 am #

    Alberto, devo dire che definire le somiglianze o assonanze della Netrebko è molto difficile, stante l’originalità dell’interprete e del “canto”. La riascoltavo, stasera, per la terza volta in questa Giovanna con nella mente Il Trovatore di Salisburgo, La Boheme idem come sopra, e altre cose. Quando si presentò nell’occidente europeo era un’incantevole ragazzina con una vocina d’angelo. Oggi ha uno strumento di una potenza di centri e bassi rara, gli acuti sono presi, la personalità e il carisma (come notò per tempo la Caballé paragonandola a se stessa) magnetici e impressionanti. Stasera cantava la SETTIMA replica di un ruolo infernale in SEDICI giorni (più generale e anteprima), è da fantascienza se ci pensiamo: ha un po’ stirato qualche acuto all’inizio poi è decollata, e gli ultimi dieci minuti di suo canto si sono svolti, in un silenzio surreale del teatro, ad un livello espressivo trascendentale. Chailly è meglio ogni sera, tenore e baritono splendidi, e il risultato è stato applausi ritmati (non si usa alla Scala) e ovazioni da stadio. E stasera, appunto, l’ho ascoltata con particolare attenzione: Il “misto” Tebaldi-Callas? Sembra scontato dirla così, ma c’è del vero in quel che dici, se uniamo la rotondità dei suoni (Tebaldi: e tieni presenti che lei stessa ammette di tenerla molto presente) e magnetismo quasi misterioso della presenza, vocale e “corporale”, e qui siamo in campo-Callas (con un’evoluzione fisica opposta, in Anna: l’arrotondamento del fisico, lungi dal toglierle fascino, anzi gliene ha aggiunto! La Callas fece il cammino fisico opposto). L’impostazione del canto è rimasta, se vogliamo, tipicamente russa. Una voce, cresciutissima in volume e importanza rispetto agli inizi, nella quale tutto il “basso” degli strumenti fisici di produzione del suono è usato in abbondanza, agilità non veramente tale ma efficace, e un canto che quando si distende in lirismo sembra non aver fine.
    Per cui: Tebaldi più Callas? Possibile che abbia avuto attenzione di studio su entrambe. E un terzo aspetto resta la scuola russa, presentissima ancora oggi nel suo canto. Ma Anna Netrebko non si esaurisce in tali definizioni: è una personalità vocale e scenica assolutamente originale. Un dato mi pare certo: “così”, cioé di questo valore, non ne nascono spesso. Parlare di Callas o Tebaldi, sicuramente non è fuori luogo, in rapporto alla statura artistica di Anna Netrebko: viaggiamo a quelle altezze…

    marco vizzardelli

    • masvono dicembre 24, 2015 a 11:32 am #

      Riportate sulla Terra Vizzardelli. Sta vagando nello spazio ed ha perso le coordinate. Help him! 🙂
      Buon Natale

      -MV

    • alberto dicembre 24, 2015 a 11:47 am #

      Marco,ti ringrazio per la risposta assolutamente esaustiva e condivisibile.
      A volte, “vagare nello spazio “,aiuta a riconciliarci con le miserie terrene così come la garbata ironia che spesso pervade i nostri commenti.
      Ancora AUGURI !!!!!,

  36. lavocedelloggione dicembre 24, 2015 a 8:50 PM #

    Vagare nello spazio? Star Wars? Ai miei nipotini è piaciuto da matti, perchè nessuno ne fa un’opera contemporanea? Buon Natale a tutti! Attilia

    • masvono dicembre 24, 2015 a 9:35 PM #

      È già in sè un’opera Attilia con quella colonna sonora. Ma Vizzardelli mi pare più Hal9000 …:))
      Ciaooo

      -MV

  37. marco vizzardelli dicembre 26, 2015 a 8:19 am #

    Vono vive notoriamente in suo empireo popolato di larve di vecchi direttori russi tremolanti che dirigono l’Italiana di Mendelssohn cinquanta volte l’anno e Vono va ad ascoltarla cinquanta volte, o direttori che non dirigono mai immersi nei loro tic nervosi ma che Vono ritiene sommi, o pianisti benzinai completamente sciroccati, che solo Vono conosce. .. Uno strano personaggio, Vono. Ih ih ih

    Buon Natale e Buon Anno

    marco vizzardelli

    • masvono dicembre 26, 2015 a 12:03 PM #

      Ecco, una bella Giovanna d’Arco di Will ti ci vorrebbe così smetteresti di vagare nello spazio sulla slitta di Babbo Natale 🙂

      -MV

  38. alberto dicembre 26, 2015 a 11:46 PM #

    Vono se vuoi riportare Vizzardelli sulla terra perchè non lo contesti nel merito,anche perché mi sembra di ricordare che avevi condiviso in toto il suo giudizio sull’opera in generale……o forse ti riferivi alle sue considerazioni sulla Netrebko?

    • masvono dicembre 27, 2015 a 1:38 am #

      Le sue considerazioni sulla Netrebko nel post della recensione sono corrette. Quelle del post seguente provengono dalla Nube di Oort o dal pianeta Tatooine. Fai tu. 🙂
      Ciao

      -MV

  39. alberto dicembre 27, 2015 a 10:02 PM #

    O.K.vedo che in materia spaziale sei molto ferrato…..io però mi aspettavo di leggere tue specifiche confutazioni alle considerazioni “siderali” di Vizzardelli altrimenti ,davvero, rischiamo di rimanere sulla nebulosa Kronberger 61.
    Buona notte

    • masvono dicembre 27, 2015 a 11:24 PM #

      Alberto, non è che voglio sottrarmi. Come ho detto condivido tutto della recensione di Vizzardelli. Avrei scritto le stesse cose magari con altri termini. Viceversa l’accostamento di Netrebko con Callas e Tebaldi mi sembra un po’ fantascientifico per due ragioni: la prima è che non ho la benché minima idea di come suonasse dal vivo la voce di Callas e Tebaldi, la seconda è che i loro registri erano comunque molto differenti da Netrebko. Callas addirittura in repertorio aveva Kundry, era un drammatico notevolmente agile (e l’agilità non è certo il forte di Netrebko), la Tebaldi aveva in repertorio tutto il Verismo e Puccini da lirico spinto. Netrebko nasce come Susanna. Un lirico-leggero che ha acquistato più corpo in questi ultimissimi anni.
      Poi, con tutto il rispetto per Netrebko, non credo sia per il momento nella storia dell’interpretazione e della vocalità come le due “leggende”…Ciao

      -MV

      • alberto dicembre 28, 2015 a 10:33 am #

        Bene!La mia,viste le vostre entusiastiche lodi all’interpretazione della Netrebko voleva essere una provocazione per “stanarvi”……beh,vedo che anche per voi siamo ancora molto lontani da certi livelli che, quasi certamente, non saranno mai raggiunti anche perché per determinati ruoli il “sentire” italico/greco fa la differenza.Con lo studio e l’applicazione sono però convinto che potrebbe in qualche misura trovare una sua dimensione originale che possa richiamare alla memoria accenti dei due “mostri”.
        Grazie ancora e buona giornata,

        Alberto

  40. marco vizzardelli dicembre 29, 2015 a 7:53 PM #

    Sono abituato ad apprezzare il presente “al presente”. E’ più divertente cogliere una grandezza quando si manifesta che rimanere aggrappati a grandezze passate. Così ho conosciuto e riconosciuto per tempo giovanissimi direttori diventati poi grandi direttori. E continuerò a comportarmi così, da ascoltatore: mi gratifica.

    Ciò detto, ragazzi c’è altro di cui parlare!

    Ultime dalla savana:

    Rigoletto alla Scala ha perso il direttore previsto. Mikko Franck non sarà sul podio (era la ragion d’essere di questa ennesima ripresa). Per carità, il sostituto è valido, Nicola Luisotti, ma il motivo di curiosità se n’è bell’e andato. E il conto-assenti cresce, cresce, cresce………….

    Con tipico salto arrovesciato carpiato, il sovrintendente-direttore artistico, agitando l’ormai consueta bacchetta magica “del compenso”, fa riapparire (almeno nel calendario-vendite)…. udite, udite, Georges Pretre, annunciato alla Scala il 22 febbraio con tanto di titolo in francese “hommage a….” . Dovrebbe eseguire in prima persona le ouverture di Egmont e Forza del Destino, più Bolero di Ravel, con i resto del programma affidato (piano e direzione del Terzo di Beethoven e altro brano) a Rudolf Buchbinder.

    Ne vorremmo gioire, per quanto Pretre è nei nostri cuori. Ma… avverrà?
    Si va avanti a colpi di scena….

    marco vizzardelli

  41. marco vizzardelli dicembre 29, 2015 a 11:19 PM #

    Allora: il 2, 4, 6, 9 gennaio Mikko Franck è, al momento, confermatissimo sul podio della Staatsoper di Vienna nella Josephlegende di Strauss. E il 6, 19,21 gennaio, sempre alla Staatsoper, per Salome.
    Ora, è noto che ha un fisico delicato, e possiamo supporre di metterlo in conto: ma, Pereira, dove vive?? Sulla luna???????????
    E’ veramente ora di finirla!!
    Ho acquistato Pretre: provi solo a raccontarci che non viene. Stavolta non passa.

    marco vizzardelli

  42. marco vizzardelli dicembre 29, 2015 a 11:21 PM #

    Allora: il 2, 4, 6, 9 gennaio Mikko Franck è, al momento, confermatissimo sul podio della Staatsoper di Vienna nella Josephlegende di Strauss. E il 16, 19,21 gennaio, sempre alla Staatsoper, per Salome.
    Ora, è noto che ha un fisico delicato, e possiamo supporre di metterlo in conto: ma, Pereira, dove vive?? Sulla luna???????????
    E’ veramente ora di finirla!!
    Ho acquistato Pretre: provi solo a raccontarci che non viene. Stavolta non passa.

    • masvono dicembre 30, 2015 a 12:23 PM #

      Messaggio al venditore di pentole bucate che ha l’ufficio in Via Filodrammatici. Ho comperato i biglietti per il concerto di Pretre. Se non viene o hai tirato l’ennesima sóla sarai il primo sovrintendente cacciato dalla Scala dal pubblico.

      -MV

  43. marco vizzardelli gennaio 3, 2016 a 1:01 am #

    L’ultima replica di Giovanna, a cast maschile immutato, traeva interesse dall’ingresso della nuova protagonista, Erika Grimaldi, al posto di Anna Netrebko sposa in questi giorni. Ora, il carisma ed il magnetismo vocale e scenico di Netrebko sono una rarità e succederle in un ruolo di questo peso è, di per sé, un’impresa. Che la Grimaldi ha compiuto molto, molto bene, dando vita ad un “personaggio” assai differente dalla Giovanna “di Anna”, ma proprio per questo affascinante. La Giovanna di Netrebko è, nella sua “santità-follia”, avvolgente, calda, anche sensuale, come la sua attuale voce e tutta la sua figura, oggi morbidamente”tizianesca”: e ha quel carisma per il quale se è in scena guardi lei. La Giovanna di Grimaldi non lo pareggia ma ha altre doti e caratteristiche, e le mette a frutto: una voce particolare, un po’ aspra, un gran temperamento, una figura fisica tendenzialmente magra e allungata, come il volto stesso. La Grimaldi usa molto bene il corpo, e con voce e figura dà vita ad una Giovanna guerriera e tendenzialmente androgina, il che fa assolutamente parte del personaggio. Le inflessioni “spostano” Giovanna in “zona-Lady Macbeth”, e, da quanto abbiamo ascoltato, lo studio – non ora, ma a suo tempo! – della parte della Lady potrebbe esser futuribile, per questa singolare cantante-interprete. Non ora: ha voce che richiede cura ed attenzione, e lavoro su alcuni acuti che tendono ad “aprirsi” . Ma è giovane e può lavorarci. Va aggiunto che quel timbro un po’ acido, tagliente e tendenzialmente “freddo” si è sposato molto bene alla lettura e ai colori di Chailly e dell’orchestra scaligera. “Chapeau”, ancora una volta in questa Giovanna, al direttore che ha proporzionato (soprattutto nel grande concertato) il suono, senza perder tensione, sulla vocalità della giovane protagonista, sostenendola mirabilmente. Allo stato attuale la Grimaldi è come un bocciuolo che potrà fiorire più o meno bene secondo scelte e studio. Quel ruolo di cui abbiamo detto, la Lady, va inteso come un traguardo per il quale ci sono molte premesse timbriche ed espressive, ma da realizzare verosimilmente… fra anni.
    Timbro e personaggio differenti da quelli di Netrebko hanno ovviamente un po’ mutato gli equilibri di suono e voci con i due protagonisti maschili, i formidabili Meli e Alvarez, altissimi nei rispettivi ruoli. Ma su tutto ha ben vegliato Chailly. Sempre magnifici orchestra e coro e, nel tempo, apprezzabili diversi particolari e geometrie e movimenti di regia. Il tutto a conferma di una riuscitissima opera d’inaugurazione.

    marco vizzardelli

    • alberto gennaio 3, 2016 a 9:51 am #

      Marco,a proposito di interpretazioni,mi ricordo anni fa di avere assistito ad una Traviata con la Fabbricini:grandissimo temperamento con “problemi” vocali……..hai per caso avuto modo di ascoltarla recentemente? Se si a che punto siamo con il canto?
      Buona giornata,

      Alberto

  44. marco vizzardelli gennaio 5, 2016 a 2:03 am #

    Tocchi argomento che mi addolora. Ha 56 anni e un sito nel quale si dice disposta a lezioni di canto. Più che altro, ne avrebbero bisogno certe conclamate, residuali patate sce-
    niche dalla immacolata vocalità tanto care alle lapidi di un certo loggionismo deteriore, anche se oggi, nell’opera, si recita mediamente molto meglio (e anche si canta, tié)
    che all’epoca di certi acclamati quanto obesi elettrodomestici piantati in scena e praticamente inamovibili. Per le quali, Maria Callas passò invano.
    Fabbricini grandissimo temperamento con problemi vocali. Ok, ricordo una sua Lucia susseguente la famosa Traviata in cui, alla Scala, i sepolcri di loggione la buarono.
    O.k. non era immacolata. Echissenefrega. Si alternava con altra, immacolata ma ben più algida interprete e la sua resta, nel mio ricordo, la più impressionante rappresentazione fisica e morale della pazzia cui io abbia assistito. In tempi recenti, solo la Dessay ha fatto altrettanto. Poi l’ho ascoltata in una meravigliosa Voix Humaine sotto la bacchetta di Matteo Beltrami. Poi… quasi nulla, mentre avrebbe avuto tantissimo da dare.
    Mi piacerebbe sapere perché il Maestro Muti, dopo averla lanciata, l’abbia
    piantata in asso. Perché tutti o quasi l abbiano piantata in asso. Fra l’altro è persona simpaticissima, oltreché intelligente.
    Sono dell’idea che il mondo dell’opera si sia privato di una presenza preziosa non continuando a valorizzarla come avrebbe meritato.
    La sua Violetta resta negli annali. Ci provi qualcuna, oggi, a renderla sulla scena in quel modo. Non ne vedo alcuna capace.

    marco vizzardelli

    • alberto gennaio 6, 2016 a 10:16 am #

      Condivido in toto le tue riflessioni sulla Fabbricini e dintorni……mi riferiscono di una eccellente Serena Gamberoni nella parte di Mimì al Carlo Felice:tu che notoriamente sei sempre molto bene informato ne sai
      qualcosa?

      Alberto

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