- dal
del 5 aprile 2013Pierluigi Panza
Scenari Sindacati divisi sullo sciopero. Chailly e Gatti favoriti per la direzione musicale
Bilanci, veti incrociati, nomine Il grande enigma della Scala
Caccia al sovrintendente del dopo Lissner, lunedì il cda
L’ enigma della sfinge veniva posto ai viandanti all’ingresso di Tebe: chi non lo risolveva era divorato dal mostro. Quello della Scala non prevede esiti efferati; ma definire il «sembiante» di chi siederà dopo Stéphane Lissner in via Filodrammatici è arduo. L’antefatto dell’opera che potrebbe andare in scena fino a luglio (termine fissato dal sindaco Pisapia per «decidere» il nuovo sovrintendente) sono le finanze: «4,2 milioni di euro di rosso nel 2012», dicono i sindacati che hanno proclamato sciopero sul Macbeth di domenica 7 aprile, il giorno prima di un importante cda. «Non è così, chiuderemo il bilancio in pareggio se i dipendenti accettano il taglio del 50% del contratto integrativo», dice la direzione del teatro. «Lavoratori uniti nell’agitazione», secondo la Cgil; «divisi» secondo il teatro: «Sono state raccolte 174 firme contro lo sciopero, più altre 34 ieri». La Cisl, che si dissocia, parla di ingerenze del sindacato nelle scelte.Divisioni o meno, il Macbeth non porta buono ed è un bivio. Di Lissner alcuni consiglieri sottolineano «l’internazionalità, lo svecchiamento, i pareggi di bilancio e l’autonomia portati al teatro». Altri criticano l’aver trasformato la Scala in una sorta di sliding-door avviata con la nomina a maestro scaligero del musicista dei tre mondi Barenboim. L’amore, come sa il sovrintendente, viene e va. E il Macbeth dell’anno Verdi & Wagner, attualmente in scena, è davvero una tragedia in cui domina il regolamento di conti. «Nell’ultimo anno ? rivela una fonte interna al teatro ? non se ne è azzeccata una, e la prossima stagione sarà peggio». Lissner avrebbe la responsabilità di essere troppo nelle mani delle agenzie e d’invitare direttori come il russo Gergiev, che si reca alle prove a piacimento.Sono queste le premesse di un drammone intitolabile «I due sovrintendenti» il cui sipario si alzerà lunedì. Il primo atto riguarderà il metodo. Lissner ha un lauto contratto fino al 2015 e per scioglierlo servirebbero molti soldi. La Scala non li ha e non può permettersi di pagare due sovrintendenti. L’affiancamento del nuovo dovrà avvenire a prezzo stracciato con una consulenza o zero. È un «metodo europeo», ma da attuare a discount. Il vicepresidente Bruno Ermolli ha svolto il mandato esplorativo e presenterà una prima short-list di candidati. I nomi sono diversi, perché non è univoco il «sembiante» della sfinge: un manager? Uno che sa di note? Un sovrintendente alla Grassi? I contattati si chiamano tutti fuori, un po’ come si fa per la presidenza della Repubblica: anche qui non ci sono donne (né l’interna Di Freda né la ex di Firenze, Colombo sembrano in corsa) e l’enigmaticità è analoga.I candidati stranieri sono Alexander Pereira e Pierre Audi. Il primo è «intendente» al Festival di Salisburgo; gran navigatore, parla italiano (ha lavorato per Olivetti) e viene a Milano perché ha una giovane moglie brasiliana che studia al Marangoni. Ottimo fundraiser, due anni a gettone non lo spaventerebbero. A Salisburgo il suo futuro è incerto. Claudia Schmied, ministro dell’Istruzione e della cultura dell’Austria, dice: «La decisione (Die Entscheidung) sulla proroga del contratto di Pereira sarà presa a fine 2013 o a metà del 2014». Audi, invece, è il nome che Lissner avrebbe fatto circolare sapendo di stregare il cuoricino del mondo radical-chic e della posateria d’argento per assicurarsi un affiancamento zero-problem. Libanese, figlio di una famiglia di banchieri di Sidone, parla francese, dirige l’Opera di Amsterdam (non il Concertgebouw), ha fondato un teatro sperimentale a Londra e sarebbe il massimo da esibire in salotto.Tra gli italiani c’è Sergio Escobar, da 15 anni direttore del Piccolo Teatro. Lo era stato, prima di arrivare alla Scala, anche Carlo Fontana. Sarebbero quei «trinariciuti» dei sindacati a spingerlo (la Cgil smentisce) al Piermarini! In questo caso, il Piccolo si libererebbe per Andrée Ruth Shammah. Gli altri nomi sono quelli del sovrintendente del Regio di Torino, Walter Vergnano (sponsored by Ministero, ma il Ministero chi è?) e Cristiano Chiarot da Venezia (sostenuto da alcuni consiglieri). Da Venezia potrebbe arrivare, come direttore artistico (sulla necessità di questo ruolo i sindacati non recedono), Fortunato Ortombina, che già fu alla Scala in ruolo quasi analogo. Ma sono nelle condizioni, questi illustri indicati, di svolgere due anni di affiancamento a gratis?Se la matassa diventasse così inestricabile da richiedere un secondo atto, il mondo ambrosiano potrebbe ? reggenze a parte ? sollecitare il presidente di MiTo, Francesco Micheli, ad assumere un ruolo nella vicenda. Prima che sia la direzione del ministero (l’istituzione che mette più soldi) a presentarsi come il fantasma di Banco a Milano. Dopo Parigi, Roma? E il 75% «lumbard»?Una volta acclamato, il sovrintendente dovrà scegliere il direttore musicale. Qui ciascuno suona il proprio spartito. L’orchestra gradirebbe Riccardo Chailly più di altri (domani sarà con la Filarmonica da Fazio); il sindaco, diciamolo noi, non vedrebbe bene la permanenza di Barenboim mentre il milanesissimo Daniele Gatti se la giocherà con La Traviata del 7 dicembre. Di Pappano non c’è certezza. Degli under da copertina (Dudamel, Harding e retoriche connesse, da quella engagé terzomondista a quella pop del Manchester United) non si parla più dopo alcune prove operistiche («Signori, siamo alla Scala!»). L’atto conclusivo è spesso breve e sorprendente. Dal fondo della scena potrebbe anche avanzare una figura della quale non si è parlato. Forse dalla Laguna.
Panza Pierluigi
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(05 aprile 2013) – Corriere della Sera
Apriamo il dibattito sul dopo-Lissner, su chi vorremmo come sovrintendente e direttore artistico. Aggiungo alla lista dei nomi fatti dal giornalista del Corriere – Pierluigi Panza – di cui abbiamo riportato l’articolo, anche quello di Nicolas Joel, citato come possibile successore di Lissner da Salzburger Nachrichten del 25 marzo scorso.
Buon dibattito a tutti Attilia
Il dibattito è inutile. Come pubblico non contiamo nulla e come abbonati ancora meno. Io spero in Pereira/Gatti. Ma la miseria scaligera e milanese riuscirà ad esprimere solo un mediocre Micheli unito ad un mediocrissimo Chailly. Con la benedizione della svogliata e scioperata orchestra e dell’ignoranza del sindaco. Bye.
-MV
Le quattro righe di Vono potrebbero sembrare una boutade. No: sono precise, direi chirurgiche. Trascrivo il concetto centrale a lettere tutte maiuscole: “…LA MISERIA SCALIGERA E MILANESE RIUSCIRA’ AD ESPRIMERE SOLO UN MEDIOCRE MICHELI UNITO AD UN MEDIOCRISSIMO CHAILLY. CON LA BENEDIZIONE DELLA SVOGLIATA E SCIOPERATA ORCHESTRA E DELL’IGNORANZA DEL SINDACO”.
Attenzione: il linguaggio può sembrare violento o paradossale. No: esprime, usando termini forti (come nel temperamento di Vono), una serie di “possibili” verità. Che forse – è il timore – potrebbero diventare verità di fatto se – come prefigura oggi La Repubblica – il futuro del Teatro alla Scala sarà messo nelle mani di questo duo.
Però, se preferite, proviamo a levare qualche tono paradossale dallo scritto e a tradurlo in qualche considerazione.
Riccardo Chailly: “mediocrissimo” è il termine paradossale. No, se si passa da Amsterdam e da Lipsia, nella vita non si è tali. O meglio (e qui sta un punto), nella vita non si E’ STATI TALI. I “fatti ” recenti di Chailly alla Scala sono stati: un Trittico parecchio al di sotto del riconosciuto e autentico standard di pucciniano d’elezione che ha connotato la carriera di Riccardo Chailly; una Aida interpretativamente e musicalmente INERTE. Concerti musicalmente INERTI pur se tecnicamente decorosi. Chailly vende molti dischi, da solo o in compagnia di Bollani, e questo può essere interessante per l’orchestra. Ma questo non elimina l’impressione d’una certa “routine” di lusso legata alle recenti apparizioni in loco del maestro milanese. Inoltre: l’orchestra della Scala non gode di una sfolgorante salute “qualitativa”: “svogliata e scioperata” sono, anche qui, termini forti, ma, se vogliamo svilupparli in un’argomentazione, ci chiederemo: non sarà Riccardo Chailly la sottintesa occasione d’oro di perseverare in alcuni costumi (i concerti affrontati un po’ “alla carlona”, la non estensione del repertorio, il non troppo studio, la non-soluzione di pecche di qualche reparto)? Siamo sicuri – parlo alla dirigenza attuale e futuribile nel suo complesso – che il Riccardo Chailly attuale sia il direttore in grado di far fronte, superandoli, ai “vezzi” dell’orchestra? E, se non vogliamo metterla così: è, oggi, l’uomo in grado di entusiasmarla, di portarla a superarsi? Oppure, Riccardo Chailly è, oggi – e credo che il termine sintetizzi bene – un USATO SICURO cui appendersi?
Daniele Gatti: lo scorso anno, chi qui scrive promosse una petizione nel nome di Daniele Gatti. Che è – se di arte,d’interpretazione, di esiti (da Wagner a Verdi a Berg a Puccini, e sottolineo tutti e quattro questi autori!) – la massima espressione di direzione d’orchestra italiana emrsa fra coloro che sono nati dopo Claudio Abbado e Riccardo Muti. Artisticamente, il repertorio e l’eccellenza di esiti conseguiti ne fanno “il” candidato più naturale. Uomo di tratto estremamente signorile nel rapporto personale, certo non è un temperamento “mediatico”, preferisce parlare in musica, pur milanesissimo è estraneo a tipiche “consorterie” di una certa milanesità, è esigente dalle orchestre (ma le fa suonare alla grande!), detesta la routine e ama l’”avventura” e la creatività in musica. Ce n’è abbastanza – lo riconosco – per augurarsi, stimandolo e volendogli “artisticamente” bene di tenersi ben lontano da una Scala che voglia pigramente star seduta sugli “amici degli amici”, sulla locale massoneria di stampa e non, sull’usato sicuro. Gatti è un cinquantenne, ha direttop Boheme a Salisburgo e Parsifal a Bayreuth e al Metropolitan, i Wiener Philarmoniker gli hanno “commissionato” la Nona di Mahler dell’Anniversario e l’integrale sinfonica di Brahms. Allora: mentre da ascoltatore a appassionato amerei alla follia averlo qui, a Milano e alla Scala, da persona amica che lo stima mi viene da dirgli: a) che non ha bisogno della Scala, semmai il contrario. b) chi glielo fa fare di immischiarsi in un ambientino fortemente condizionato da consorterie e politichetta? Forse, c’è di meglio, nella vita per un artista della sua “impostazione”. Daniele Gatti è, come direttore come interprete come musicista come uomo, l’esatto contrario dell’USATO SICURO: l’attuale Milano ne è degna? L’ambiente ruotante attorno e dentro la Scala ne è degno? Saprebbe – nel caso – sostenerlo senza “fargli la forca” aoppena dopo averlo eventualmente scelto? Non so: son già qui a chiedermi, come tanti che lo apprezzano, chi glielo faccia fare di proporre, qui, nel Regno dell’Usato Sicuro, una Traviata ad alto grado di creatività.
Ci sarebbero altre soluzioni (resto per ora alla direzione musicale, che reputo fondamemntale). Claudio Abbado e Riccardo Muti “entrarono” alla Scala giovani e freschi, fra i trenta e i quaranta anni. Sarebbe scandaloso che – con un adeguato sostegno di sovrintendenza e direzione artistica – un direttore (magari ancora italiano, se su un Harding si fanno le puzze sotto il naso) fra i trenta e i quarant’anni “lanciasse” se stesso e la Scala nel futuro? Non sarebbe un bel segnale dato anche al Paese, di cui la Scala è un simbolo riconosciuto? Ci sono diversi “giovani” che stanno affermandosi, nei nostri teatri e all’estero. A Bologna (e in un pare formidabile Rigoletto al Metropolitan) ce n’è uno, che la Scala ha già fugacemente apprezzato in un Barbiere di Siviglia d’emergenza. In giro per l’Europa (un recente Macbeth a Lubecca) ce n’è un altro. Alla Scala ne ascolteremo un terzo nel Ballo in Maschera. Un quarto sta lavorando molto bene all’orchestra Verdi (e magari potrebbe, questo sì: affiancare gradatamente un esperto Chailly). Ma, per fare un nome già fin d’ora: Michele Mariotti sarebbe un cattivo segnale dato al Paese e al mondo? O magari, invece, un bellissimo segnale di apertura e fiducia nel futuro?
Veniamo alla sovrintendenza.
Francesco Micheli: di quali meriti si è fin qui ricoperto, per accedere alla carica di Sovrintendente di un teatro che ha un ruolo ed un’immagine? Mi.To non mi sembra una ragion sufficiente. Le recenti, violente e strumentali dichiarazioni contro Lissner erano prive del riconoscimento per la parte di merito che a Lissner va attribuita: aver levato di dosso dalla Scala un’ immagine di narcisismo provinciale (propria dell’era precedente) ricollocandola in Europa e nel Mondo. Dopodichè: siamo tutti d’accordo che la Scala debba tornare ad essere un punto di riferimento per il repertorio italiano. Ma la sortita di Micheli, così come è stata espressa, prefigura forse una Scala di nuovo ripiegata su se stessa in un retorico e generico e provinciale concetto di italianità? Non è eventualità augurabile. Proprio no. Manteniamo, invece, il meglio di ciò che Lissner ha fatto (un teatro “europeo” e confrontato con il mondo), correggendone le manchevolezze quanto al – preziosissimo e simbolico, certo – repertorio nazionale.
In mezzo alla ridda dei nomi spesi in questi giorni (Pereira eventualmente vicino a Gatti, Micheli eventualmente prossimo a Chailly, Escobar, Audi….) vorrei citare le ultime righe dell’articoletto apparso oggi su La Repubblica a firma di Natalia Aspesi: “come sarebbe entusiasmante se (com’è successo per la nomina dei Presidenti di Camera e Senato, dice la Aspesi, e forse è vero: ma io lo metto fra parentesi, non mi interessano Bersani, né Berlusconi, né Grillo né i partiti, mi interessa il concetto, e mi interessa il bene della Scala e della musica) qualcuno fosse capace di mandare all’aria l’incertezza della scelta proponendo un nome nuovo, sorprendente, fuori dagli schemi, di una grande personalità in grado di rappresentare la cultura al massimo livello: in Italia ce ne saranno a dir poco centinaia, perché non cercarlo?”
Non ho affrontato un punto, tutt’altro che trascurabile. A seconda del sovrintendente che si sceglie, si decide o meno la necessità ulteriore di un direttore artistico (da una parte opzione molto cara, mi risulta, ad alcuni nell’orchestra, dall’altra separazione di cariche “vecchiotta”, molto in uso in Italia ma tendenzialmente abbandonata all’estero, dove, forse, sono un po’ più “avanti”). In ogni caso, questo dipende dalla scelta e dalla figura e dal tipo di cultura e preparazione del nuovo sovrintendente, e da quella – importantissima – del direttore musicale.
marco vizzardelli
Bravissimo esegeta. Non avrei potuto interpretarmi meglio. In definitiva, comunque, non esiste una sola personalità italiana che sia in grado di riportare La Scala nel ruolo che le fu proprio fino all’era Abbado e, per certi versi, all’era Muti. Ovvero l’ESPORTATRICE di talenti, non l’IMPORTATRICE DELLO STAR SYSTEM. Ciao
-MV
Nell’Italia devastata dalla crisi economica, oltre che morale, politica e persino organizzativa (al livello di vita quotidiana, cioè dove non funziona nulla) pare che il mondo della lirica si ostini, insieme a quello politico da cui dipende quasi interamente, a non voler né sentire né vedere.
Parlo di tutti, naturalmente, dirigenza, musicisti e lavoratori oltre che pubblico.
Ancora una volta lo spettacolo del simbolico e la personalizzazione di ogni questione ha la meglio sull’analisi e l’intelligenza creativa che dovrebbero essere, tanto più in ambito teatrale e musicale, i criteri primari sui quali procedere a un radicale ripensamento di tutta la questione.
La quasi totalità delle Fondazioni Liriche versa in uno stato di gravissima crisi, commissariamenti e contratti di solidarietà, quando non licenziamenti, sono all’ordine del giorno.
Eppure si continua a discutere come se nulla fosse di Verdi e Wagner, di sovrintendenti e direttori musicali, in un contesto di ridondanza fonica e scenografica che continua imperterrito a rappresentare ormai solo sé stesso e senza neppure riscontrare, come mostra la lettura di molti commenti qui dentro, l’approvazione del pubblico più preparato.
Io sarei, fra i nomi letti nell’articolo postato qui, per Vergnano che almeno ha dimostrato di saper condurre per anni un grande teatro, anche se non di respiro internazionale, facendo scelte oculate, sapendo risparmiare quando serve, valorizzando risorse interne, esportando all’estero le produzioni e soprattutto mantenendo buone relazioni sindacali e raggiungendo sempre, a quanto mi risulta, il pareggio di bilancio, mettendo in atto anche interessanti strategie di apertura del teatro alla città, coinvolgimento dei privati e estensione a repertori e linguaggi contemporanei e anche vicini al jazz e alla popular music.
Sarebbe anche un’occasione per il nostro Sindaco, certamente piuttosto ignorantello in fatto di musica (credo che oltre ai cantautori, vivi e morti, non vada) di risolvere la faccenda del Lirico, rendendolo un secondo palcoscenico scaligero, accessibile finalmente a un pubblico più numeroso oltre che ad altri linguaggi e a titoli operistici nuovi o poco frequentati. Un’operazione che certo non sarebbe possibile a sovrintendenti stranieri abituati a ben altri finanziamenti e a un ben altro livello qualitativo, non solo musicale ma anche a livello dirigenziale, cosa che qui notoriamente non avviene (sotto a Lissner c’è praticamente il nulla e questa mi pare una causa non secondaria della sua evidente disaffezione oltre che dell’accentramento intorno alla sua figura di tutta la polemica).
Quanto al direttore musicale se proprio dev’essere italiano e giovane (tenendo per buono il modello Abbado-Muti) io caldeggerei Stefano Montanari, un musicista travolgente e sorattutto non asfitticamente compresso nell’orizzonte della ridondanza, vocale e orchestrale, di stampo romantico.
E certamente anche una mente aperta e creativa che potrebbe realizzare l’unica operazione possibile, pena la morte per consunzione, per salvare i teatri lirici italiani: svecchiarne pubblico e repertorio, costruendo nuove pratiche esecutive e organizzative, favorendo l’avvento di una nuova generazione di operatori culturali oltre che di tutte le altre figure creative presenti all’interno e all’esterno dei teatri.
Quando tutte queste cose sono presenti, anche in istituzioni piccole e apparentemente senza grande rilevanza internazionale, si assiste a programmazioni ben più interessanti di quella scaligera e sopratutto non più riservate a un pubblico culturalmente minoritario e che invece continua a godere, almeno in Italia, della quota maggioritaria del sempre più scarso finanziamento pubblico.
Concordo comunque con chi dice che a nessuno andrebbe augurato di finire in un nido di vipere come la Scala e dunque auguro ai due nominati di starsene alla larga e alla Scala, così com’è, di chiudere al più presto i battenti.
Quanto ai lavoratori, che scioperano per l’applicazione di un contratto integrativo senza l’applicazione del quale il teatro potrebbe almeno raggiungere il pareggio di bilancio, vorrei rammentargli che, al pari di molti altri, essi godono di qualcosa che ormai la maggioranza degli occupati in Italia non sa neppure cos’è e che quelli che sanno cos’è in gran parte l’hanno persa, se ancora non hanno perso il lavoro.
Un po’ di umiltà non guasterebbe e che anche loro aprano gli occhi, magari.
Intanto per la gioia di tutti, una performance dello Zio Bacca!
indimenticabile!
la mossa del sindaco Pisapia nella scelta del successore di Lissner entro la fine di luglio
Sorpresa alla Scala: bando pubblico (dal Corriere online)
per trovare il nuovo sovrintendente
Un «avviso» aperto ai candidati. Ma il cda non sarà vincolato
la mossa del sindaco Pisapia nella scelta del successore di Lissner entro la fine di luglio
Sorpresa alla Scala: bando pubblico
per trovare il nuovo sovrintendente
Un «avviso» aperto ai candidati. Ma il cda non sarà vincolato
MILANO – «Manifestazione d’interesse». Come a dire: A.A.A. Sovrintendente del Teatro alla Scala cercasi. Il bando, come direbbe Don Giovanni, «è aperto a tutti quanti. Viva la libertà». Non sono noti (per ora) i requisiti richiesti. Le caratteristiche verranno meglio specificate più avanti. Intanto preparare il curriculum. Dopo l’estate l’interessato dovrà affiancare il sovrintendente uscente Stéphane Lissner e subentrargli, formalmente, nel 2015. Stipendio? Non noto, di certo molto inferiore a quello che l’attuale sovrintendente e direttore artistico percepisce.
Mossa a sorpresa, dunque, del sindaco di Milano e presidente della Fondazione Teatro alla Scala, Giuliano Pisapia, nel consiglio di amministrazione di ieri. Altro che carnet di nomi tra i quali scegliere, giri e rigiri di telefonate o manovre dietro le quinte – che poi sono le più amate dal mondo del teatro! -. Il sindaco ha invitato il cda ad avviare un «percorso» (termine spesso elusivo) per la scelta del futuro sovrintendente che parta non tanto dalla ricerca dell’uomo giusto all’interno di una possibile «short-list» bensì dalla presentazione avanzata dagli stessi interessati. E questo «percorso» dovrebbe prevedere, come primo atto, un «avviso pubblico per manifestazione d’interesse» (come si fa nell’Europa trasparente) per un ruolo di sovrintendente. Chi vorrà potrà candidarsi. La proposta intende essere una soluzione per rendere più trasparente le modalità di scelta. O, almeno, per avviare un metodo che in Italia potrà diventare forse rigoroso con il tempo.
Un momento del ‘Macbeth’ alla Scala
Per definire il perimetro della «manifestazione d’interesse» che predisporrà la Fondazione Scala si dovrà attenderne il varo. Tuttavia, questo avviso pubblico non sarà vincolante. Il che significa che il cda (come prevede la legge) potrà scegliere, nella sua autonomia, anche al di fuori delle candidature ricevute. Se le risposte saranno poche, ciò potrà certamente accadere senza troppo stupore. Se le risposte, invece, dovessero risultare numerose e, magari, di qualificata levatura internazionale sarebbe più difficile giustificare alla pubblica opinione che nessuno di coloro che hanno dimostrato interesse possiede i requisiti per sedere sullo scranno del Piermarini.
Il «percorso» al quale ha accennato il consigliere di amministrazione Fiorenzo Tagliabue, ieri al termine della riunione, dovrebbe essere all’incirca questo. Un «percorso» sostenuto dal sindaco che infatti, nel pomeriggio, ha dichiarato: «È stato un cda molto positivo, che ha visto l’approvazione all’unanimità della stagione artistica 2013-2014 che sarà presentata a maggio. Quanto alla scelta del prossimo sovrintendente, che non era nell’ordine del giorno, è stata avviata una discussione informale che non è entrata nel merito dei singoli nomi, ma che è servita a definire un percorso condiviso con l’obiettivo di individuare la figura del sovrintendente anche prima della fine di luglio, come inizialmente prospettato». In una nota ufficiale, il consiglio ha inoltre sottolineato che «il progetto artistico della stagione 2013-2014 è stato approvato con voto unanime e che le proposte gestionali del sovrintendente Lissner tengono conto della particolare situazione economica e perseguono il raggiungimento di significativi risparmi». È stato inoltre presentato uno studio dell’Università Bocconi, in cui la Scala emerge come moltiplicatore di valori economici a Milano e in Lombardia: «Per ogni euro investito per la Scala si producono 2,7 euro di indotto sul territorio».
La scelta di introdurre la manifestazione d’interesse – pur se non vincolante – è nuova e spiazzante e potrebbe dar vita anche a interpretazioni e retroscena su chi favorisce e chi blocca. Un discrimine importante sarà capire se verrà mantenuta la segretezza, o meno, sulle candidature ricevute.
Ovviamente alcuni attuali sovrintendenti – italiani e stranieri – potrebbero essere in difficoltà davanti ai loro azionisti nel manifestare questo interesse, se pubblico. E come loro, anche altre figure di prestigio. Certo, la manifestazione d’interesse può apparire un limite: qualsiasi top manager preferirebbe evitare di sottoporsi a valutazioni comparative. Questo potrebbe condizionare verso una scelta al ribasso e, forse, anche verso un’alternativa al di fuori della rosa di candidati. Bisogna tuttavia considerare che, da parte del presidente della Scala (rappresentante dell’istituzione pubblica) è consono attendersi che chi aspira a dirigere il maggior teatro del mondo lo manifesti esplicitamente.
Pierluigi Panza
I commenti si sono mischiati e non hanno rispettato l’ordine cronologico, non so cosa sia successo, vedrò di riuscire a rimettere ordine! Data la novità del “bando pubblico” invito zio Bacca a presentare il suo curriculum, includendo – perché no – anche il video su youtube inserito da Elena! Baci baci Attilia
Ringrazio Attilia per la sua considerazione che potrei anch’io concorrere alla Sovrintendenza della Scala. Sicuramente la lettura portiana, che Elena ha postato, la lascerei volentieri io come testamento ai consiglieri della Fondazione Scala, Pisapia escluso, s’intende, anche se si scrive che l’idea del bando sia stata sua.
Non presenterò il mio curriculum per molti motivi, primo perché non mi prenderebbero di sicuro, secondo perché – come diceva Paolo Grassi – ci vuole un “uomo di palcoscenico”, cioè una persona con grande esperienza di gestione teatrale (cosa che io non sono) a reggere un baraccone come la Scala, terzo perché considero la decisione di fare un bando la dimostrazione lampante dell’incompetenza del Consiglio di Amministrazione della Scala.
In esso si entra solo se si hanno pacchi di milioni di euro da sborsare, i “crediti culturali” e musicali non contano una mazza. A me risulta che nei paesi dove il finanziamento privato delle attività musicali è defiscalizzato, il premio per chi contribuisce è il “ritorno d’immagine” presso un’opinione pubblica un po’ più attenta della nostra al finanziamento delle attività culturali. Vorrei vedere se, a Lucerna, Nestlé, Crédit Suisse o Novartis si permettessero di andare a rompere i marroni in Consiglio di Amministrazione a Michael Haefliger e a Claudio Abbado solo perché sono i “main sponsor” del Festival.
Da noi invece in cambio di soldi neanche propri nella maggior parte dei casi, ma degli Enti che si presiedono o si dirigono, si pretendono (e si ottengono) POLTRONE, tanto per cambiare.
Ora, un consesso che dovrebbe scegliere il massimo dirigente gestionale del Teatro, il quale a sua volta dovrebbe indicare i suoi maggiori collaboratori artistici e musicali, non sa che pesci pigliare e si affida alle autocandidature.
Ma chi pretendete che partecipi a un bando del genere? Un Pereira o un Carsen, con il rischio di vedersi preferire un cacciatore di poltrone come Micheli o la sua amica di MiTo Francesca Colombo, recentemente defenestrata dal Maggio Musicale Fiorentino? Ma vi rendete conto che un MELI potrebbe avere la faccia di bronzo di presentarsi, con un curriculum di sfaceli finanziari, che farebbe quasi invidia a Calisto Tanzi?
Ci sono due versi nel libretto del Macbeth, che rappresentano bene l’Italia e la Scala, che oggi ne è una immagine paradigmatica: uno è “Patria oppressa”, l’altro lo lascio dire a voi, perché non voglio, scrivendolo, conseguenze penali.
Non sono d’accordo sul fatto che ci voglia come sovrintendente una persona con grande competenza di gestione dei Teatri. Ci vuole un manager che non abbia mai gestito un teatro e un bravo direttore artistico.
Quasi quasi mi candido.
In pratica fanno come faccio io quando mi serve del personale: un annuncio su Secondamano, o Portaportese, o CercoeTrovo e via.
Ussignurssignurssignur!!
-MV
Facciamoli impazzire: candidiamoci tutti.
BRAVA, stavo per scrivere la stessa cosa, candidiamoci tutti oppure dichiariamo di essere in grado di mettere insieme tutte le competenze necessarie a costo zero facendo una cooperativa di cervelli pensanti e di cuori palpitanti per il nostro caro vecchio teatro che chissà a chi andrà in mano! Meglio noi del pubblico a questo punto (tipo operai che rilevano l’azienda)! Attilia
No, beh. Noi paghiamo per andarci, gli operai non pagano per lavorarci.
-MV
Questa proposta del consiglio di amministrazione della Scala mi sembra comica. Hanno perso la testa. E poi non ne posso più di sentir nominare la trasparenza. Quando si tratta di questioni di potere (e la nomina di un sovrintendente o di un direttore musicale di una istituzione così importante è una questione di potere) la trasparenza è impossibile; non c’è mai stata, in nessun tempo e in nessun luogo. E allora la smettano di romperci le scatole. Facciano i loro percorsi; il pubblico giudicherà. Giudizio che è poi sempre il solito. Un iniziale entusiasmo, il raffreddamento dopo qualche tempo, il non poterne più dopo un altro po’ di tempo. Una noia infinita e amen.
Marco Ninci
Infatti…non so voi come fate…Il pensiero di avere Metha da trent’anni mi fa venire la gastrite….
Cioa
-MV
Dimenticavo. C’è un ulteriore step, come dicono oggi le persone colte. Le persone che erano diventate insopportabili dopo un altro pochino di tempo vengono puntualmente rimpiante.
Marco Ninci
Le persone che erano diventate insopportabili dopo un altro pochino di tempo vengono puntualmente rimpiante.
…salvo i dittatori! Attilia
Proprio no, cara Attilia. Non fosse altro che per il numero sempre crescente in Russia di persone che rimpiangono l’Unione Sovietica. Sai, quando uno negli ospedali le garze uno è costretto a portarsele da casa, la libertà perde molte delle sue attrattive. E non solo in Russia. Hai mai sentito parlare della “Ostalgie” che contagia sempre più persone nella ex DDR? Rimpiangono Honecker e Ulbricht. Ma è ovvio. Il libero mercato, quando è accompagnato dalle riforme di Schroeder, non è molto piacevole. Come non lo è la disoccupazione. Da lontano, forse; da vicino, un po’ meno. Ma questo lo sanno tutti. Per quanto riguarda la questione della Scala, basta leggere il commentino dello stimatissimo Vono. Parla di limiti, è vero; ma il rimpianto c’è eccome. Come è naturale che sia. Nulla di nuovo sotto il sole. L’uomo è fatto così. Ha un’opinione per ogni giorno della settimana; queste opinioni non solo sono diverse; spesso, spessissimo sono contrarie l’una all’altra. D’altra parte in qualche modo la giornata bisogna pure impiegarla. Con tutte le pressioni che riceviamo da ogni parte, chi li trova il modo e il tempo di esercitare un po’ di coerenza? E, soprattutto, di ricordarsi di quello che si è detto, dato che la memoria è travolta dall’ansia per il nuovo?
Marco Ninci
La mia opinione è coerente Marco, non è che abbia cambiato idea. E’ come quando da un Ristorante dove mangi male entri in uno dove mangi peggio. Giungi a pensare che quello precedente..alla fine non era così..”male”.
Purtroppo la scelta Lissner/Barenboim è stata, tutto sommato, facendo le somme del dare/avere PEGGIORE dell’autarchia mutiana.
Motivi? Facili.
– L’orchestra suona PEGGIO (non POCO peggio, MOLTO peggio), il che è ovvio. Muti la faceva lavorare, Barenboim no. Muti era qui sempre, Barenboim no.
– Il progetto artistico NON C’E’. E qui già sento la voce di Vizzardelli che mi urla nelle orecchie “Bella roba, che SCHIFO! Con Muti c’era?”. E la mia risposta è: quello di Muti non mi interessava. Gluck non mi piace, non mi interessa, Spontini non mi piace e non mi interessa, la scuola napoletana non mi interessa nè mi piace. Non amavo il Verdi di Muti (ma trovo quello di Barenboim infinitamente peggiore) e nemmeno tanti altri autori diretti da lui. Ma il progetto c’era. La riscoperta di quel repertorio è un progetto. Che progetto ha Barenboim? La Tetralogia e basta? (se ci sarà).
– La Scala non crea, a livello artistico, nulla. Importa e basta. Non che con Muti si creasse chissà che. Con Abbado si è creato molto di più, e con De Sabata più ancora e indietro nel tempo, probabilmente Toscanini ha elevato il teatro scaligero a punto di riferimento mondiale. Ma ora siamo a zero. Lissner contatta gli agenti e le star del Marinsky, del Met, di Berlino, di Londra arrivano (quando lo fanno e non danno forfait poche ore prima). Mi rifiuto di pensare che in Italia non ci siano cantanti in grado di essere coltivati e lanciati nel mondo col marchio Scala. Ora il marchio Scala è il Tinello del Palazzo della Unter den Linden. Inaccettabile.
– I sostenitori di Lissner hanno un asso nella manica: con Lissner sono arrivati finalmente i direttori che il cattivo Muti teneva lontani, prendendosi tutto lui. Ora, è vero che Muti era troppo presente (ma il lato positivo di questo era che l’orchestra era in condizioni migliori) e che ora ascoltiamo Harding, Dudamel, Salonen, Gatti, Chailly ecc. Ma, insomma, non è che Dudamel abbia elargito prove operistiche di chissà quale livello, Harding lo ascoltiamo con piacere, per carità, ma anche con Muti ascoltavamo Sinopoli e Gavazzeni, Gergiev e Pretre (la Turandot!) Salonen è venuto UNA volta, poi ha dato un forfait ed è annunciato l’anno prossimo. Insomma, Lissner ha fatto tanti annunci, ma altrettanti sono stati poi smentiti dalla quantità di forfait dell’ultim’ora.
Ecco spiegato i motivi della mia opinione consolidata che non è relativa alla natura umana. Io vado a teatro per ascoltare e vedere. Se sento baccano e stecche in maniera continuativa e ricordo che ne sentivo MENO negli anni precedenti traggo le mie conclusioni.
A presto!
-MV
Caro Max, fra poco non avremo più nessuno. Chiuderemo e basta. E forse è meglio così.
Ciao
Marco Ninci
Sì, penso che sia meglio chiudere. Detesto che una baracca sia tenuta in vita se non funziona. Chiudere e rifondare. Tutti a casa, nuovi concorsi e dopo due anni si riapre.
Ciao
-MV
Ma davvero, Max, non ti piacciono Gluck e Spontini? A me, insieme con Cherubini, sembrano compositori grandissimi, immensi. Che peccato…
Marco Ninci